Alla “Gambarina” Lettura Scenica di qualità su Alexander Langer

 

Lo scorso 4 dicembre 2021 presso la Sala principale del Museo Etnografico “C’Era Una Volta” si è tenuta la Lettura Scenica avente per “protagonista” il politico, filosofo, proffetore Alexander Langer. Una bella occasione di discussione e di approfondimento di temi importanti quali la pace, la tolleranza l’inclusione e il significato stesso della Politica, quella con la “P” maiuscola. Qui di seguito il testo completo della pièce con l’indicazione di protagonisti, interpreti, operatori di scena, registi eccetera.  Veramente una bella e partecipata occasione di etica culturale e di superamento di steccati di ogni tipo.   Grazie a DSF docentisenzafrontiere e a tutte le associazioni che hanno supportato l’iniziativa. (plcavalchini)

 

 

Alcune brevi parole di prefazione che ci fanno entrare direttamente in argomento. Grazie a tutte tutti gli interlocutori che ce le hanno inviate.

Edi Rabini (già segretario di Alexander Langer nei suoi molti impegni istituzionali; riportiamo il testo di una sua  graditissima lettera giunta, per l’occasione, agli autori di quest’opera)

Care, cari, …in occasione di questa rievocazione, originale e per nulla formale, segnalo che, alcuni giorni dopo aver salutato a Firenze, Bolzano, Vipiteno e Strasburgo Alexander Langer, con Valeria sua moglie e i fratelli Martin e Peter , abbiamo resa pubblica il 20 luglio 1995 una breve nota:
“Ringraziamo di cuore tutti coloro che in forma privata o pubblica o in altri modi, lo ricordano. Ci ha fatto bene vederlo circondato da così tanti amici, considerazione e stima. La vita e la personalità di Alex sono state ricche e complesse: lo conosciamo, e forse possiamo conoscerlo ancora meglio, anche attraverso i ricordi e le testimonianze di chi ha condiviso con lui emozioni, lotte, speranze e delusioni. In tanti ci rendiamo conto di quanto limitata fosse la conoscenza di una persona che sentivamo così vicina”.
A questo mi sono personalmente sempre attenuto, beneficiando dei pensieri e ricordi che da lui e con lui sono continuati a germogliare.
Alex da allora vive di suo una nuova vita con la quale ognuno può liberamente interagire. Non esiste insomma una specie narrazione autentica e tanto meno autorizzata della sua vita che continua a dare buoni frutti”  (ottobre 2021).
Il vostro racconto è tra questi, così intenso e partecipato. Mi ha commosso. Ve ne sono proprio grato. Mi auguro che possa arrivare a molte persone, come merita. Un caro saluto Edi.

 

Danila Buffoni                                                                                                                             Alexander Langer, uomo di frontiera senza frontiere

“Sul mio ponte si transita in entrambe le direzioni, e sono contento di poter contribuire a far circolare idee e persone” 

 

La figura di Alexander Langer è indubbiamente una figura complessa e difficile da leggere e interpretare.

È stato un giornalista, un’attivista per la pace, un insegnante, un politico e uno studioso.

Sappiamo come ha preso congedo dalla vita: come tutti i profeti ha sentito il peso dell’annuncio e la fatica del fare ancora nonostante tutto. Perché allora proporre il percorso in un contesto scenico a dei giovani studenti? Perché come educatori ci preme illuminare la sua vita di uomo “senza frontiere”, puntare i riflettori non tanto sulla sua partenza dalla vita ma e soprattutto su quanto ha significato la sua vita per chi lo ha conosciuto e per tutti coloro che ancora oggi lo vogliono studiare.

In lui confluivano radici italiane, tedesche ed ebraiche. Diceva “E’ sempre complicato spiegare da dove vengo”

La sua è stata una vita impegnata, ricca di tanto: militanza per la pace, per la difesa dell’ambiente, è stato laico ma anche religioso.

Alex Langer  possedeva anche un’idea di scuola: rifiutava l’idea di un sapere trasmissivo, immaginava una scuola in grado di sostenere il valore delle differenze e della pluralità, credendo al dialogo, alla riflessione critica, al sapere interdisciplinare e complesso.  Concepiva una scuola aperta in senso politico, come servizio pubblico e luogo di incontro di tutti, come spazio di partecipazione attiva, come motore d cambiamento. Sottolineava il possesso della parola che “rende eguali”, intesa come padronanza di più codici linguistici per gettare ponti di convivenza interetnica e interculturale.

Abitare la frontiera, il confine non è un’azione facile.  Concepiamo il confine come una linea che tiene distinti e separati territori, lingue, culture, identità. Ma è proprio lì, sul confine che Langer ci ha fatto intravedere che lingue culture e identità si incontrano e si incrociano. Si può decidere di abitare solo dalla parte del “noi” oppure di vivere con gli “altri”, non accanto ma insieme, stare su una delle due sponde oppure costruire ponti, come Langer ha insegnato. Per questo vorremmo che la lettura scenica fosse un’opportunità, rivelasse il suo potere interlocutorio per aiutare i giovani ad interrogarsi sulla loro vita, sul loro presente e sul loro futuro, su quale società vogliono costruire per i loro figli.

 

La presidente di Docenti Senza Frontiere

Danila Buffoni

 

Nicoletta Vogogna

“L’Associazione per la pace è nata alla fine degli anni Ottanta ed è iscritta all’Albo del Volontariato dal 1994. Successivamente si è costituita come Associazione per la pace e la nonviolenza per meglio specificare la vicinanza ad una cultura che rifiuta la violenza.

Sono passati trent’anni dallo scoppio della guerra nei Balcani e Alex Langer si spese molto dal ’91 al ’95, anno della sua morte, per trovare una risoluzione del conflitto attraverso il negoziato, coinvolgendo l’Europa, la società civile europea, garantendo i diritti umani a tutti e la piena tutela di tutte le minoranze. Aveva partecipato alla “Carovana europea di pace” nel ’91, con l’idea di un’Europa costruttrice di pace, che accoglie i Paesi dell’ex Jugoslavia e organizza i corpi civili di pace per favorire il dialogo.

Non vide il genocidio di Srebrenica dell’11 luglio ’95, per mano di Mladic in cui furono brutalmente eliminati 8372 bosniaci, Alex aveva deciso di andarsene il 3 luglio.

Eppure ancora oggi sentiamo quanto siano attuali le sue proposte e  le sue azioni, sempre coerente con un progetto di società solidale, sobria, nonviolenta, pagando a caro prezzo il suo gravoso impegno. Quindi, molte grazie per la vostra proposta”                                                             N. Vogogna, coportavoce Associazione per la Pace e le Nonviolenza

 

Mara Scagni                                                                                                                                  Grazie. Come associazione Ulivo e il libro che si occupa di dialogo ed aiuto culturale e materiale alla massacrata terra palestinese vogliamo ringraziarvi per questa bella iniziativa.

Conoscevamo ALEX come ambientalista e cittadino del mondo intero ma l approfondimento che abbiamo fatto per accompagnarlo in modo piu’ consapevole, oggi ci ha regalato un ritratto unico ed impareggiabile di un alfiere della Pace.

‘’La pace non e’ un bicchiere di olio di ricino da bere, o fa parte di te o difficilmente la costruisci’’

Alex,costruttore di ponti o saltatore di muri. ‘’sul mio ponte si transita in entrambe le direzioni’’,paladino della convivenza,sostenitore della pace non solo tra gli uomini ma con la natura,’’lentamente, profondamente, dolcemente’’. E da cittadino-statista che guardava il mondo intero diceva:’’ come pretendere dai palestinesi, dai kurdi,dagli abitanti del kashmir,dai ciprioti,dagli armeni,dai tibetani,dai popoli baltici e da tanti altri di respingere la tentazione della violenza come mezzo per affermare i loro diritti violati?’’.

E ancora:’’ il pacifismo gridato esprime la rabbia e la frustrazione di chi sente questa impotenza, ma non sfugge al rischio di usare pesi e misure diverse in risposta. La guerra e’ e resta una sconfitta dell’umanita’’

Alex, uomo di frontiera senza frontiere.

 

Vogliamo citarlo cosi’. E dire a lui ancora una volta GRAZIE.                           (Mara Scagni, presidente assoc. Ulivo e il Libro, già Sindaco della Città di Alessandria)

 

 

Corsari di Morbello                                                                                                                  “I Corsari di Morbello è un’associazione culturale non a scopo di lucro nata  nel 2018 per volontà di un volenteroso e gioioso gruppo di donne e uomini. Di recente  l’Associazione ha modificato il proprio statuto per aderire al Registro unico nazionale del terzo settore diventando un’APS Associazione di Promozione Sociale.

L’Associazione opera con il Patrocinio del Comune di Morbello e della Provincia di Alessandria nei settori della cultura, dello studio e della valorizzazione dei beni culturali ed ambientali di Morbello, del suo territorio, cura la promozione turistica,  offre il proprio supporto per attività sportiva proprie e di altre associazioni e infine si adopera nel campo dell’aggregazione sociale e culturale organizzando eventi che spaziano dal teatro alla musica, dallo sport alla cultura locale e appuntamenti enogastronomici tra associati dedicati alla cucina tipica locale. E’ massima la nostra attenzione a tutte le iniziative che “aprano la mente” e, come affermava Alexandere Langer “costruiscono ponti e non muri”. Per questo partecipiamo con piacere all’iniziativa che vedrà la sua prima uscita il giorno 4 dicembre 2021 ad Alessandria                                                                         (la direzione dell’associazione “I Corsari di Morbello”).

 

 

Paola Massucco                                                                              Alexander Langer. Molti lo ricordano come politico, altri come giornalista, alcuni come fine pensatore o pacifista, o semplicemente come uomo attento alle sorti del pianeta. Lo scopo della collaborazione del nostro Liceo è quello di svelare un altro volto di questa figura poliedrica, che aveva come i giovani di oggi un forte bisogno di pace e convivenza: il volto di un vero pedagogo.

Attraverso questo testo, i ragazzi possono riflettere, imparare e farsi portavoce di quanto appreso. Ma non solo. Alexander Langer ammonisce loro e noi a vivere lentius, profundius e suavius, per il bene nostro prima ancora che delle future generazioni. Quindi partecipiamo con onore a questo progetto, davvero solidale, come ginestre  nel deserto del mondo.

(Paola Massucco. Docente di Lettere Classiche  <Latino e Greco> presso il Liceo Classico “Saluzzo-Plana” di Alessandria).

 

………

 

Breve introduzione                                                                                                                           (a cura di Edi Rabini)

Nato a Sterzing/Vipiteno nel Alto Adige-Südtirol il 22.2.1946. Il padre Artur (1900-1974), medico, nato e cresciuto a Vienna prima di trasferirsi a Bolzano nel 1914. La madre, Elisabeth Kofler (1909-1983), tirolese di Sterzing, farmacista. Due fratelli minori: Martin e Peter. Frequenta scuole elementari in lingua tedesca a Vipiteno e, dal 1956/57, alla media e al ginnasio privato dei padri Francescani di Bolzano.

Dopo la maturità, nel 1963/64, studia a Firenze dove frequenta i nascenti movimenti del dissenso cattolico. Lí incontra Valeria Malcontenti che sposa nel 1985. Tiene stretti contatti con la realtà sudtirolese, in un periodo di complicazione terroristica del conflitto etnico. Si laurea con Paolo Barile il 18.7.68, 110 L/110, in Giurisprudenza all’Università di Firenze, con una tesi sull’”Autonomia provinciale di Bolzano nel quadro dell’autonomia regionale del Trentino Alto Adige e sue prospettive di riforma”. E il 5.7.72, 110/110, in Sociologia a Trento con una tesi scritta assieme a Bruno Lovera “Analisi delle classi e delle contraddizioni sociali nel Sudtirolo”.

Fonda nel 1967, con altri giovani intellettuali sudtirolesi il mensile “Die Brucke”, che verrà pubblicato fino alla primavera del 1969. Insegna a Bolzano e Merano dal febbraio 68 al giugno 1972.

Dal giugno ‘72 al settembre ‘73 fa il servizio militare come artigliere di montagna. Quindi borsista in Germania federale dove lavora tra gli immigrati e studia i nascenti movimenti di pace e di solidarietà internazionale. Collabora al quotidiano Lotta Continua e ne diventa per un breve periodo direttore responsabile. Dal 1975/76 al 77/78 insegna storia e filosofia al XXIII Liceo scientifico di Roma.

Ritorna in Sudtirolo e viene eletto, il 18 novembre 1978, consigliere regionale della Neue Linke/Nuova Sinistra, in una lista appoggiata dal Partito Radicale. Rifiuta la schedatura etnica nominativa al censimento 1981 assieme a migliaia di obiettori . Perde con questo il posto d’insegnante che gli viene restituito anni dopo da una sentenza della Corte di Cassazione. Si dimette per rotazione il 17.12.1981, riprende l’attività di traduttore, viene comandato all’Università di Trento, con collaborazioni anche ad Urbino e Klagenfurt. Nel novembre del 1983 viene rieletto consigliere regionale nella Lista alternativa per l’altro Sudtirolo/Das andere Südtirol, sostenuta dallo scalatore Reinhold Messner, e poi, nell’1988, nella Grüne alternative Liste/Lista Verde Alternativa.

Negli anni ’80 è tra i promotori del movimento politico dei Verdi in Italia e in Europa, come forza innovativa e trasversale. Partecipa ad un intenso dialogo di ricerca con la cultura della sinistra, dell’area radicale, dell’impegno cristiano e religioso, delle nuove spiritualità, di aree non conformiste ed originali che emergono anche tra conservatori e a destra, o da movimenti non compresi nell’arco canonico della politica.
Nel dicembre 1984 viene incaricato di tenere la relazione introduttiva alla prima assemblea nazionale delle liste verdi a Firenze. Assolve al ruolo di garante per le elezioni del 1987 dove i Verdi ottengono un discreto successo ed entrano per la prima volta in Parlamento. Risulta però minoritaria la sua proposta di “sciogliere le liste verdi” dopo il voto, per evitare che un  promettente movimento trasversale si trasformasse rapidamente in un piccolo partito autoreferenziale.

Riprende allora a tessere nuovi fili di rapporto con l’arcipelago delle iniziative civiche e associazioni: nei movimenti transfrontalieri come “SOS-Transit”, “Pro vita alpina”, “Arge-Alp”, “Alpe Adria”; con associazioni e movimenti per la conversione ecologica della società e dell’economia come la “Fiera delle utopie concrete di Città di Castello”, il “GAB – Gruppo di attenzione alle biotecnologie”, i “Colloqui di Dobbiaco” e l'”Eco-istituto del Sudtirolo”,, la rete “Alleanza per il clima”, “S.O.S Dolomites”, “Greenpeace”, “WWF”, “Legambiente”, “Italia Nostra”, il “Comitato promotore di un Tribunale internazionale per l’ambiente”, la nuova rete internazionale di “sindacalisti ecosensibili”.

Eletto deputato al Parlamento europeo nel 1989, nella circoscrizione Nord-Est, diventa primo co-presidente del neo-costituito Gruppo Verde europeo. Cerca di far fruttare creativamente i forti privilegi economici legati al mandato e, nel pieno di “tangentopoli”, decide di rendere periodicamente pubblici i rendiconti delle sue entrate e uscite.

Scrive su numerosi quotidiani e riviste sempre su questioni specifiche o di attualità. Tiene ininterrottamente per undici anni, dal 1984 al 1995, un osservatorio mensile,  “Brief aus Italien – Lettera dall’Italia” per la rivista di Francoforte “Kommune”. Interviene a numerosi incontri e dibattiti, privilegiando i piccoli gruppi di ricerca con forte impegno etico.

Langer crede poco nell’ecologia dei filtri e dei valori-limite (senza trascurare, tuttavia, la battaglia per gli uni e per gli altri) e si considera impegnato in favore di una conversione ecologica della società, con preferenza per l’auto-limitazione cosciente, la valorizzazione della dimensione locale e comunitaria, la convivialità.

Promuove con altri la campagna internazionale “Nord-Sud: biosfera sopravvivenza dei popoli, debito” che avrà un importante ruolo al vertice della terra di Rio 1992. Si impegna e sostiene movimenti ed iniziative di solidarietà tra cui numerose ONG, come il CRIC, Terra Nuova, Crocevia, la “Campagna per la restituzione delle terre agli indios Xavantes”, “Kairos Europa”, “Quart Monde”, “Terre des hommes”, la rete nascente delle banche etiche, consumo critico, Botteghe del Mondo. Il Parlamento Europeo approva una sua relazione e risoluzione sul commercio equo e solidale.

Nel 1992 rifiuta un seggio “sicuro” a Firenze per il cartello progressista, ma si candida al senato, in un collegio di Bolzano. Non viene eletto e, dopo molti dubbi, accetta di concorrere nuovamente alle europee del giugno 1994.

Viene eletto con 42000 preferenze nella circoscrizione Nord-Est, di cui 18.800 nel solo Sudtirolo, con una percentuale vicina al 9%.

Dal gennaio 1991 è presidente della delegazione del Parlamento europeo per i rapporti con l’Albania, la Bulgaria e la Romania. Autore di diversi rapporti e risoluzioni approvate dal Parlamento: apertura all’Albania, riconversione civile della base missilistica di Comiso, accordo di transito con l’Austria e di cooperazione con la Slovenia, relazioni tra Unione europea e l’Albania. Promuove il “Comitato di solidarietà con l’Albania” nel periodo di più grave crisi del paese.  Compie diverse missioni ufficiali per il P.E., p.es. a Sarajevo, Conferenza Helsinki II, Conferenza per la stabilità in Europa, poi in Israele, Georgia, Egitto, Russia, Brasile, Argentina, Libano, Cipro, Malta.

Dopo la caduta del muro di Berlino aumenta via via il suo impegno per la convivenza, sostenendo attivamente le forze di conciliazione interetnica nei territori dell’ex-Jugoslavia. Il Parlamento Europeo approva una sua relazione e proposta per l’ istituzione di un “Tribunale internazionale per i crimini contro l’umanità” ed una sulle “relazioni Est-Ovest e politica di sicurezza”. E’ membro dell'”European Action Council for Peace in the Balkans” e co-fondatore, con la parlamentare austriaca Marijana Grandits, del “Verona Forum,per la pace e la riconciliazione nell’ex-Jugoslavia” che offrirà un tavolo di dialogo a centinaia di militanti della convivenza che avranno modo di incontrarsi a Verona, Vienna, Parigi, Tuzla, Budapest. Collabora con questa priorità a gruppi impegnati per la pace, i diritti umani e le etnie minoritarie, come la “CONFEMILI”, la “Gesellschaft für Bedrohte Volker – Associazione popoli minacciati”, la “Helsinki Citizens’ Assembly”, “Amnesty international”, i “Beati costruttori di pace”, il movimento delle “Donne in nero”, l’ “Associazione per la pace”, il “Movimento nonviolento”, “Pax Christi”, la “F.E.R.L – federazione europea delle radio libere”.

Il 26 giugno 1995 si reca a Cannes con altri parlamentari per portare ai capi di stato e di governo un drammatico appello: “L’Europa muore o rinasce a Sarajevo”.
Al censimento del 1981 e 1991 Alexander Langer, che si era sempre dichiarato di madre lingua tedesca, rifiuta di aderire alla schedatura nominativa che rafforza la politica di divisione etnica. Con questo pretesto nel maggio ’95 viene escluso, senza troppo scandalo, dalla candidatura a Sindaco di Bolzano, la sua città.

Sono anni di continui viaggi nei Balcani durante il conflitto e tentativi falliti diretti alla costruzione delle condizioni di ripristino della pace. In questo quadro convulso nel ’94 ad Assisi espose lo slogan, in contrapposizione al motto olimpico Citius, altius, fortius ( Più veloce, più alto, più forte ), Lentius, profundius, suavius  (Più lento, più profondo, più dolce). Un messaggio alternativo e in aperta polemica rispetto alle logiche ultra-competitive e frenetiche del capitalismo post-moderno.

Decide di interrompere la vita il 3 luglio 1995, all’età di 49 anni. Riposa nel piccolo cimitero di Telves/Telfes, nei pressi di Vipiteno, accanto ai suoi genitori.

Dal 1999 a Bolzano la Fondazione Alexander Langer presieduta da Edi Rabini cura e promuove l’eredità politica lasciataci dall’intellettuale ambientalista, cattolico e costruttore di ponti di pace.

 

Il testo.

(COMMENTO MUSICALE iniziale)

(Ambientazione….consigli utili nel caso voleste riproporre la nostra proposta….:sono sufficienti poche cose per una ambientazione adeguata:  una serie di leggii, ben distanziati e bene in vista, una illuminazione dall’alto con dominante bianca, possibilmente con “spot” puntati sui lettori o gli interpreti. Sullo sfondo, se possibile una piccola scala integrata al muro (anche disegnato su un fondale bianco). Importante una “porta” sul fondo in cima alle scale (possibilmente) . Servirà per l’idea di “passaggio” dallo stato di vita a quello di “oltre-vita”.

.Apertura sipario. Tutto completamente buio (5 secondi) . Improvvisa accensione di tutte le luci con la scena (palcoscenico se di buone dimensioni) senza persone, solo oggettistica (5 secondi). Di nuovo buio totale per 5 secondi e, infine, riaccensione di tutte le luci con tutti i lettori / le lettrici in scena. Lettori vestiti di bianco o di nero. Immobili. Ancora un ultimo spegnimento generale con simultanea comparsa di due punti luce originati da due torce. Partono dalla grande porta e si muovono lentamente verso destra (la “porta” si trova verso la sinistra del palco…Col buio e le due tracce illuminate si comincia…lentamente).

………

Ombra (d’ora in avanti OMBR): “Alessandro vieni…Vieni, per favore…”

ALEX (Alexander Langer): “…Che c’è ancora…? (con voce seccata)

OMBR : “Vedi…ancora dopo 30 anni si ricordano di te.  Sei vi…”(viene interrotta da ALEX)

ALEX: “Non pronunciare quella parola. Sono qui e basta…E poi….Sono Alexander…Alex, se proprio vuoi.   (il dialogo si svolge sempre al buio, sempre con i soli due punti luce in movimento lento).

OMBR: “Va bene, va bene, Alex…Ma almeno ascolta…”

(Si illumina la scena e, insieme ai lettori, ben riconoscibili ma praticamente invisibili agli altri, ci sono OMBRA e ALEX)

LETTORE/LETTRICE  1 (d’ora in avanti LETT):

(inizio video silenzioso 1)

A 27 anni dalla sua morte volontaria (3 luglio 1995), la figura di Alexander Langer è più attuale che mai. Per certi aspetti, la sua figura è più conosciuta e “riconosciuta” oggi che non quando era in vita, una vita durante la quale ha dovuto subire anche molte amarezze e misconoscimenti. Per questo parlo di lui come “testimone” (oltre che “protagonista”), in un certo senso anche come “profeta” del nostro tempo. Un “profeta” a volte contestato e disconosciuto o ignorato, finché è stato in vita, ma un “profeta” che su molte questioni ha visto più lontano dei suoi contemporanei, ha anticipato – da autentico precursore – i tempi in modo lungimirante, pur non potendo vedere in vita la “terra promessa”.” (2)

ALEX (visibile al pubblico ma non ai “lettori”; si aggira tra i leggii….) “Già sentito un sacco di volte…”

OMBR “Calma…”

LETT 2 – “Langer è stato un protagonista fin da giovane, dapprima nel suo Sudtirolo e poi nella Firenze vivacissima degli anni ’60, fino a quel ’68 che lo ha visto laurearsi per la prima volta (in giurisprudenza), far parte della contestazione studentesca e poi anche della “contestazione ecclesiale” (in particolare all’Isolotto, ma anche in rapporto con don Lorenzo Milani nel 1967), per poi rientrare nella sua Bolzano, dove nel novembre ‘68 ha subito la sua prima denuncia per un volantino antimilitarista di dissenso sulle celebrazioni del cinquantenario della prima guerra mondiale. E nel luglio 1972 si è anche laureato nella ormai famosa facoltà di Sociologia di Trento, dove poi ha pure insegnato nella prima metà degli anni ’80.” (2)

ALEX: “….Interessante (con un sogghigno furbetto)….Occhio, “ombre”,  ora  esce anche il Papa…” (si gira sempre con il suo ghigno disilluso…)

LETT 3 : “Sabato 13 giugno 2015, parlando a migliaia di scout, papa Francesco ha ammonito: “Abbiate capacità di dialogo con la società, mi raccomando: capacità di dialogo! Fare ponti, fare ponti in questa società, dove c’è l’abitudine di fare muri: voi fate ponti per favore”. È esattamente quello che Langer ha fatto per tutta la vita e nel 1986, inviando a “Belfagor” una sua breve autobiografia (“Minima personalia”), ha scritto: “Sul mio ponte si transita in entrambe le direzioni, e sono contento di poter contribuire a far circolare idee e persone”. (2)

OMBR  – “….E ascolta, ascolta un pochino…caro Alex…; non si ferma a quello…”

LETT 4 : “Ancora verso la fine della sua giovane vita, nel 1994, Langer ha così intitolato un capitolo del suo “Tentativo di decalogo per la convivenza inter-etnica”, forse il suo saggio più bello tra i moltissimi che ha scritto: “Dell’importanza di mediatori, costruttori di ponti, saltatori di muri, esploratori di frontiera”.” (2)

ALEX: “Tutto qui…?”

OMBR: “ E ddai…. Ora viene il meglio… Ascolta e ricordati che più passa il tempo, più la macchia d’olio si allarga…

LETT 5 : “Negli anni ’80 cominciano inoltre le riflessioni e proposte di Langer sulla “conversione ecologica”, anche con un rapporto di dialogo con Rudolf Bahro, un marxista “eretico” uscito dalla DDR ed entrato in relazione con i “Grünen” della Germania federale, e con le teorizzazioni sulla “società conviviale” del suo amico Ivan Illich.”

ALEX: “….Bahro…Bel  tipo…Come viene descritto ….?…. “Un  marxista “eretico” uscito dalla DDR ed entrato in relazione con i “Grünen” della Germania federale”.  Già …una che la sapeva lunga…Ma – a quei tempi – eravamo tutti bravi a parole…”

OMBR: (zittisce Alex con un cenno gentile della mano)

LETT 1: “Ecco come presenta sinteticamente i suoi valori e obiettivi: “Langer crede poco nell’ecologia dei filtri e dei valori-limite (senza trascurare, tuttavia, la battaglia per gli uni e per gli altri) e si considera impegnato in favore di una conversione ecologica della società: preferire l’auto-limitazione cosciente, la valorizzazione della dimensione locale e comunitaria, la convivialità; non inquinare e realizzare condizioni di giustizia, di pace, di integrità della biosfera, piuttosto che inseguire rimedi, aggiustamenti e disinquinamenti sempre più sofisticati ed artificiali per tentare di correggere condizioni di vita sempre più ingiuste, degradate, violente e povere di senso; l’ecologia ha bisogno non solo di provvedimenti e riforme, ma anche di una dimensione spirituale e di valori profondi”.

OMBR:  “Quasi trent’anni e sono ancora lì a discutere, partendo da quello che hai pensato e scritto…”  (Alex, però, fa finta di non ascoltare, preso dai suoi pensieri; è girato verso il muro)

LETT 2: “…preferire l’auto-limitazione cosciente, la valorizzazione della dimensione locale e comunitaria, la convivialità; non inquinare e realizzare condizioni di giustizia, di pace… come quando Alexander Langer parlava di riconciliazione fra persone di tre gruppi linguistici diversi. Proprio il giornale “Alto Adige” (….e qui si interrompe per l’imperioso scatto d’ira di Alex che provoca un movimento d’aria improvviso con il conseguente volo di fazzoletti colorati; questi ultimi sono piazzati in diversi punti della scena)

ALEX: (con un cenno della mano cerca di fermare una delle lettrici…)
LETT 2: (ma lei continua…raccoglie i fazzoletti, li rimette sul filo – tirato per l’occasione su un lato della scena -… e va avanti). “Dicevamo…. per l’Alto Adige Il dibattito sulla c.d. “legge Ferrari” – ossia l’estensione dell’obbligo del patentino – rischia di produrre un’altra volta effetti contrari a quelli che si potrebbero in buona fede auspicare e che forse lo stesso proponente e coloro che avevano co-firmato e/o votato il suo emendamento avevano in mente. (3)

C’è un primo e nobile argomento a favore: in una società plurilingue è essenziale che tutti i servizi a disposizione del pubblico funzionino senza discriminazione linguistica. Ognuno deve potersi rivolgere con fiducia allo sportello, all’addetto, al centralinista, alla direzione, al bigliettaio, al poliziotto… sapendo che sarà capito nella propria lingua ed avrà risposta adeguata. Ciò dovrebbe essere – a mio avviso – un obiettivo forte, da condividere largamente, che potrà richiedere qualche sforzo ad ognuno, ma che va difeso fermamente. L’alternativa sarebbe una sorta di esclusione linguistica, dovuta a servizi monolingui: una società (e l’abbiamo avuta a lungo!) dove una parte dei cittadini si trova fortemente svantaggiata perchè non riesce a farsi capire o ad essere servita in modo comprensibile, e finirebbe per “sentirsi all’estero”, invece che a casa propria. Servizi pubblici monolingui (italiani o tedeschi che siano), darebbero esattamente questa sensazione, agli uni o agli altri, e non è neanche piacevole dovere ad ogni sportello e in ogni ufficio affrontare o una guerra psicologica (per farsi capire e rispondere nella propria lingua), o l’umiliazione di non capire bene o di non esprimersi bene. Soprattutto le persone meno colte, più anziane, socialmente meno difese ne pagherebbero il prezzo più alto. L’altra versione della stessa esclusione linguistica, anch’essa indesiderabile, sarebbe una società a “doppi sportelli”: servizi divisi per italiani e tedeschi, dove in nome della semplificazione linguistica (evitare la complicazione del bilinguismo) alla fine ognuno si ritroverebbe nel proprio ghetto etnico, magari rassicurante a prima vista, ma pernicioso nel lungo periodo, perchè indebolirebbe enormemente la lealtà verso una casa comune, senza distinzione di lingua (senza parlare degli ingenti costi aggiuntivi). (3)

Assai meno nobile il secondo argomento, che finisce per essere sostenuto con particolare fervore (vedi la presa di posizione del senatore Ferrari sull’Alto Adige di pochi giorni fa), tanto da cancellare quasi il primo: se costruiamo intorno a noi una barriera di obblighi e divieti, ci metteremo insieme al riparo da concorrenze indesiderate: tedeschi ed italiani insieme… contro “i marocchini”, “i terroni”, “gli europei” e quant’altri volessero un giorno concorrere da noi ad un posto di lavoro. Tutti uniti in nome dell’egoismo, che da etnico potrebbe diventare territoriale. I sentimenti di esclusione che in tal caso si sollecitano, non riguardano l’altro gruppo linguistico locale, ma il resto del mondo. (3)

(cambio video silenzioso 1 – schermo vuoto)

ALEX: “Me la ricordo quella storia…Si è rivelata un’arma a doppio taglio. Prima i tirolesi di lingua tedesca contro tutti, poi tirolesi, ladini e italiani contro tutti…Bel passo in avanti”

OMBR : “Ma dove sei ? (Alex si è rannicchiato nel frattempo in un angolo….). Non serve a niente ripensare a quei tempi con quell’atteggiamento. Hai fatto fare passi avanti comunque… E lo sai… Ora, attento,  c’è il pezzo che conosci meglio…la polpa…la Yugoslavia…”

ALEX: (turandosi le orecchie)”… Lascia stare…abbi pietà…”
OMBR: (si avvicina al lettore n 3, lo abbraccia e lo invita a leggere con un cenno della mano…)(inizio video silenzioso 2)

LETT 3: “In questa guerra che, secondo me, è lontana dall’essere conclusa e che sta coinvolgendo i nostri dirimpettai dall’altra parte del mare Adriatico, credo che si sia visto – è un po’ un paradosso – la più grande operazione di solidarietà e al tempo stesso la più grande dimostrazione d’impotenza. La più grande mobilitazione solidaristica in quanto mi sembra che, in tempi recenti, non ci sia mai stata in Europa una situazione di guerra in cui cosí tante persone, stimabili forse in più di centomila, sono state coinvolte, non da soldati ma come civili, recandosi direttamente sul posto (e non solo offrendo denaro o ospitando profughi) per fornire qualche tipo di aiuto, sempre in qualche modo pensato come aiuto contro la guerra: nella cura dei feriti, nel portare aiuti umanitari di ogni genere, nel partecipare ad incontri che servissero a far incontrare e riconciliare etnie e popoli diventati tra loro estranei o addirittura nemici feroci.

Questi interventi sono costati talvolta anche la vita e vi hanno partecipato in tanti da tutt’Europa, in tante forme di volontariato civile. Tanto più deve stupire che di fronte a tutta questa realtà, a livello degli stati non si trovi o non si voglia trovare una possibilità di intervento per cercare soluzioni, o almeno per evitare che il conflitto si estenda. Non certo per impadronirsi della situazione, togliendola di mano alla gente, che è una cosa di per sé mai giusta.

L’Europa politica e diplomatica in tutta questa vicenda ha dimostrato di avere un potere molto limitato, poiché in essa c’erano e ci sono punti di vista e interessi molto contrastanti. La domanda che ci possiamo fare e nella quale ci sentiamo più coinvolti è che cosa possa tenere insieme l’Europa e che cosa rischi di spaccarla. Guardando l’atteggiamento politico e diplomatico e, in piccola parte anche militare, dell’Europa nel recente passato vediamo che il sistema politico che aveva sotto il proprio controllo quasi metà del nostro continente, cioè il sistema degli stati comunisti e socialisti che faceva capo all’URSS (con alcune varianti, come quella della Federazione Jugoslava) era comunque un sistema di alleanze politiche, militari e di controllo economico, cioè un sistema che teneva insieme i diversi stati e le diverse etnie ad un costo relativamente alto, ossia la mancanza di libertà, di democrazia, di pluralismo politico, attraverso forti organismi di controllo e mezzi di disciplina politica ed economica. I compenso, in casi di conflitti, questi venivano regolati d’autorità, in alcuni casi con l’intervento militare (pensiamo all’Ungheria nel ‘56 o alla Cecoslovacchia o alla Polonia). I conflitti insomma avevano un loro modo di essere regolati e questo modo funzionava da una parte e dall’altra della cortina di ferro: all’URSS veniva riconosciuto una specie di diritto a sistemare all’Est le questioni e di “bacchettare” in tutti i modi possibili chi non ci stava; dall’altra parte lo stesso diritto veniva riconosciuto agli Stati Uniti.

Con gli eventi dell’ ‘89 e del ‘90, questo sistema è crollato e tutta l’Europa si è trovata di fronte ad una nuova situazione, come in un dopoguerra, con la differenza che non c’era stata una guerra combattuta, non c’erano stati milioni di morti, né città bombardate, ma come dopo una guerra ci si sarebbe dovuti chiedere che tipo di ricostruzione si volesse.

La gente dell’Est europeo si aspettava di essere rapidamente accolta in una famiglia comune, ma anche tra loro c’erano aspettative diverse: chi era contrario al vecchio regime, chi lo rimpiangeva per la casa e il lavoro garantiti, chi aveva vissuto abbastanza bene, chi male. Mancavano obiettivi comuni o partiti politici e correnti di pensiero nuovi. Restavano alcune strutture ereditate dalla precedente situazione, i vecchi partiti comunisti, i sindacati, le chiese; si conservavano reminiscenze di precedenti culture nazionali. L’unica idea certa è che tutti pensavano di essere europei e di far parte di un’ Europa comune.”

OMBR e ALEX  (si spostano in continuazione, alzano fazzoletti, accarezzano leggii, lettori e lettrici, a volte sorridono, a volte si fanno seri. Si muovono lentamente ma con determinazione.)

LETT 4; “L’Europa occidentale aveva dimostrato dopo la II guerra mondiale, pur compiendo molti errori, che è possibile avanzare su una strada di integrazione, di avvicinamento e di istituzioni comuni, senza annullare la dignità di nessuno (basti pensare alla pari dignità di stati come il Lussemburgo o la piccola Irlanda); inoltre erano stati eliminati i conflitti tra le nazioni storicamente nemiche e, per favorire il processo di integrazione, si erano unite le economie e molte istituzioni, allontanando sempre di più il pericolo di una guerra interna.

Tutto ciò rappresentava una grande speranza per la maggior parte delle popolazioni dell’Est. Dopo la grande retorica della caduta del muro, a queste aspettative l’Europa ha risposto in modo un po’ duro, facendo prevalere valutazioni sulla loro economia agricola, il livello di progresso industriale, lo stato delle istituzioni delle nazioni: tutto vecchio, tutto da riformare, niente in grado di entrare nel mercato europeo. Di fatto l’apertura dell’Europa nei confronti di queste nazioni è stata molto lenta attraverso un sistema che potremmo chiamare di sale d’attesa, finché nel giro di due o tre anni praticamente in quasi tutti i paesi post-comunisti si sono verificati fenomeni di forte riflusso. Infatti la disciplina sul lavoro è diminuita, molte fabbriche hanno chiuso e il passaggio al sistema economico occidentale nell’immediato ha significato un peggioramento delle condizioni di vita, una minore sicurezza sociale, una perdita di potere di acquisto delle monete locali. Solo pochi paesi erano abbastanza pronti per lanciarsi sul mercato a livelli competitivi e nella maggior parte dei casi l’economia generale ha risentito di un grave peggioramento.” (4) (cambio video silenzioso 4)

ALEX: (si è alzato…. mostra sempre più interesse, anche se il viso è triste, pensieroso, assorto;….si è avvicina ai lettori, ma distante da OMBR…)

OMBR: “Pensavo di vederti più partecipe….Invece sei perplesso, disilluso. Ti sei rassegnato ai conflitti? Allarghi le braccia anche tu? E allora chi ha scritto: …

LETT 5 :  Oggi siamo ad un punto in cui intervenire è più difficile; chi ha già conquistato non cede territori e dove la convivenza è stata distrutta difficilmente si ricostruirà.

Questo ci riporta all’interrogativo precedentemente esposto: ha senso fare un’unione europea o si rischia di trovarci fra dieci anni a parlare di ex Europa? Per rispondere a questa domanda bisogna in particolare chiedersi cosa tenga insieme la gente e cosa la separi e se noi cercassimo di dare una risposta vedremmo che ogni fattore che la tiene unita la può anche dividere e viceversa. Ad esempio un fattore che potrebbe unire l’Europa sarebbe l’economia, il mercato comune; d’altra parte il mercato potrebbe diventare anche causa di guerra per accaparrarsi risorse, ecc. Può essere elemento di coesione un comune ideale; ma quando questo si rivelasse un insuccesso o andasse in crisi si tramuterebbe velocemente nel suo contrario. Tengono insieme le comunicazioni, i frequenti scambi; ma possono essere anche motivo di lite su chi deve controllare le comunicazioni (pensiamo al canale di Suez, allo stretto di Gibilterra…): ogni punto nodale è sempre stato oggetto di contesa. Altri elementi di unione possono essere la lingua, la cultura, perché danno un senso di identificazione, di familiarità, ma anch’ esse possono tradursi in motivi di conflitto. Non esiste di per sé una ricetta per convivere insieme; oggi, se vogliamo andare avanti verso una costruzione dell’Europa che non ci porti tra dieci anni alla situazione attuale della ex Jugoslavia, é essenziale che in tutti gli ordinamenti si prevedano gli elementi e le istituzioni favorevoli alla convivenza, che si costruiscano cioè dei vincoli che in qualche modo limitino l’egoismo, l’espansione, l’autoaffermazione di qualcuno contro tutti gli altri, senza eliminare le diversità, ma favorendola e integrandola nello stesso tempo.”  (4)

(continua video silenzioso 2)

ALEX: “Ehi, ehi, …ripeti un po’ l’ultimo passaggio…  “vincoli che in qualche modo limitino l’egoismo eccetera, eccetera, eccetera – (accompagnando le ultime pariole con un cenno della mano)- …Belle parole…chi le ha scritte??

OMBR : “…Vedo che non ti basta ancora…caro Alex…; forse…forse questo ti dà la scossa giusta…”

LETT 6 “ Dopo la manifestazione in piazza, ci riceve Jacques Chirac in persona, una dozzina di noi vengono ammessi a riunirsi con lui e con il ministro degli esteri Hervé de la Charette, mezz’ora prima dell’inizio del vertice: al nostro appello risponde che sì, liberare Sarajevo dall’assedio è una priorità, ma che non esistono buoni e cattivi, e che non bisogna fare la guerra. Ci guardiamo, la deputata verde belga Magda Aelvoet e io, entrambi pacifisti di vecchia data: che strano sentirsi praticamente tacciare di essere guerrafondai dal presidente neo-gollista che pochi giorni prima aveva annunciato la ripresa degli esperimenti nucleari francesi nel Pacifico!

Ed ecco quanto avevamo elaborato e firmato in tanti:

Dopo tre anni tutti noi, umili o potenti, assistiamo al quotidiano ormai banalizzato di una guerra i cui bersagli sono donne, bambini, vecchi, deliberatamente presi di mira da cecchini irraggiungibili o colpiti da obici mortali che sparano dal nulla. Ci volevano dunque tre anni e, soprattutto, una presa di ostaggi dei caschi blu, fatto senza precedenti nella storia della comunità internazionale, perché leadership politiche e media europei riconoscano che in questa guerra ci sono aggressori ed aggrediti, criminali e vittime. Tre anni di una politica inutile di “neutralità” che ci ha privato di ogni credibilità presso i bosniaci e di ogni rispetto da parte degli aggressori.

Ormai siamo arrivati a un punto di non-ritorno.

O tiriamo le conseguenze che si impongono e rafforziamo la nostra presenza – mandato dei caschi blu, presa di posizione netta di fronte agli aggressori – e, in fin dei conti, rifiutiamo di essere complici della strategia di epurazione e di omogeneizzazione della popolazione della Bosnia, oppure cediamo al ricatto intollerabile delle forze serbo-bosniache, ritirandoci dalla Bosnia ed infliggendo così alle Nazioni Unite la loro più grande umiliazione proprio mentre si celebra il cinquantenario della fondazione dell’ONU.

Oggi più che mai in passato dobbiamo armarci di dignità e di valori. E soprattutto ripetere quel “mai più” che risuona in tutta Europa dalla fine della seconda guerra mondiale. Oggi più che mai in passato dobbiamo difenderci, in Bosnia, contro coloro che spingono all’epurazione etnica e religiosa come ideale politico e lo impongono perpetrando crimini contro l’umanità.

Se la situazione attuale è il risultato delle politiche disordinate, rinunciatarie e contraddittorie dei nostri governi, l’Unione europea in quanto tale è rimasta muta, impotente, assente” (5)

(fine video silenzioso 2) .  

(A questo punto restano tutti fermi immobili per qualche secondo; poi lentamente diminuisce l’intensità della luce fino ad azzerarsi). (Pochi secondi dopo ricompaiono i soli ALEX e OMBRA vicino ad un tavolino con due sedie. Restano i leggii ma non c’è più nessun altro).

 

(COMMENTO MUSICALE intermedio)

 

 

OMBRA: “Ancora un momento…un pizzico di attenzione ancora e poi farai le tue considerazioni……Questo articolo te lo ricordi ? (gli indica un foglio di giornale…):  “Oggetto di negoziato internazionale sono, normalmente, argomenti come confini, armamenti, zone di pesca, quote lattiere, contingenti militari e cosi via. Nel “vertice della terra” che le Nazioni Unite hanno convocato a Rio de Janeiro, poche settimane addietro, un altro tipo di negoziato internazionale e stato sperimentato per la prima volta: sul tavolo una sorta di trattato di pace tra gli uomini e con la natura, ed anche se poi quel trattato (che avrebbe potuto degnamente chiudere il periodo della guerra fredda) in realtà non ha preso corpo, è già assai importante che si sia indicata una nuova direzione. Se si guarda alla Conferenza delle Nazioni Unite al di la dei singoli temi di discussione e trattativa (il clima, la biodiversità, le foreste, i consumi energetici, la questione demografica…), salta agli occhi un aspetto centrale, che il capo della delegazione statunitense William Reilly (capo dell’agenzia Usa per l’ambiente e non supinamente sdraiato sulla linea intransigente de presidente Bush), ha efficacemente sintetizzato, dicendo: “American life-style is not up for negotiations” lo stile di vita americano non e oggetto di negoziato. Perché, in effetti, parlare di inquinamento e di giustizia energetica, di povertà e di salvaguardia della molteplicità delle specie non ha a che vedere solo con l’Economia e la Politica, con le maiuscole, ma c’entra moltissimo con la nostra vita di tutti i giorni. Finché un americano medio “pesa” sulla biosfera quanto circa ottanta abitanti medi dell’India, non ci sarà accordo internazionale che potrà coniugare “ambiente e sviluppo”, come in modo ambizioso la “cupula de la Tierra” si era proposta. Se India, Cina e Brasile raggiungessero un livello di motorizzazione ed industrializzazione pari all’Italia o alla Francia, il nostro pianeta sarebbe al collasso: l’inquinamento si raddoppierebbe. “Guardando le nostre società ci rendiamo conto che molto resta da fare. Coloro che beneficiano della crescita economica sono riluttanti ad abbandonare i comportamenti consumistici; quelli che aspirano a raggiungere un giorno questi comportamenti, sostengono l’idea dello sviluppo ad ogni costo; tutto questo, mentre molte persone non possono soddisfare i propri desideri perché al di sotto delle condizioni minime di vita. Abbiamo capito che la “società sostenibile” si costruisce a partire dall’iniziativa e dalla partecipazione dei gruppi, delle comunità locali e dei popoli. Valorizzare le piccole esperienze e soluzioni, promuoverle su scala regionale, nazionale e mondiale fa parte integrante del nostro lavoro. Ai propositi di integrazione tout-court del Sud del mondo nel mercato internazionale, noi proponiamo come alternativa l’integrazione dei popoli nella lotta per un futuro giusto e democratico”: cosi si legge nella “Dichiarazione di Rio” degli organismi non governativi, che e stata elaborata dal Forum delle Ong brasiliane con l’appoggio del Third World Network, dell’Alliance of Northern Peoples on Environment and Development e sostanzialmente tutti gli organismi di solidarietà e cooperazione presenti a Rio. Il messaggio e molto semplice e chiaro: se volessimo generalizzare il nostro stile di vita del nord industrializzato del mondo a tutto il pianeta, o questo pianeta scoppierebbe, o ci sarebbe bisogno di qualche colonia spaziale per trarne energia e materie prime e collocarvi i rifiuti. Ecco perché la questione degli stili di vita delle persone e della comunità tocca direttamente gli argomenti del negoziato di Rio e provoca delle conseguenze di fondo sul futuro di tutti. Senza la scoperta (o riscoperta) del gusto e della capacità di vivere senza un’infinita di protesi tecnologiche, senza il nostro attuale superamento energetico ed alimentare e senza un’alienazione da trasporto senza pari sarà inevitabile che nella scelta sempre più netta tra sviluppo blindato dei ricchi e condivisione planetaria (con la necessaria contrazione nei paesi più “sviluppati”) la gente appoggerà massicciamente la prima opzione, ritenendosi mutilata da ogni autolimitazione e punita da ogni comportamento meno rapace ed aggressivo. La semplicità di vita e il vero obiettivo proclamato dal “vertice della Terra”: cosi rivoluzionario da non poter essere iscritto in un trattato.”

 

ALEX : “Stop…stop, stop. Fermati. Ma che vuoi da me? Vuoi farmi i complimenti? Oh…quanto sei bravo…Hai capito prima degli altri…Hai previsto tutto… Hai visto il futuro… ; per favore…Sai benissimo che lo schermo che mi sono costruito (e che mi hanno costruito) ad un certo punto si è rotto. E’ venuta fuori la verità. Ti ricordi che già ad una mia ex alunna di liceo scrissi. «La mia vita si è fatta molto difficile negli ultimi mesi, sono – o mi
sento – impegnato da tante parti e ciò ha portato con sè crisi eangosce…  Queste e altre circostanze interne ed esterne mi spingono in questo momento a stringere i denti e per quanto possibile a portare a compimento quanto ho già iniziato senza caricarmi di nuovi pesi». La montagna da scalare era sempre più grande, ingombrante, talmente alta da dare l’idea di innalzarsi il doppio dei metri che facevo. La “montagna” è grande e complicata…non è un sentiero facile. Ci vuole studio, applicazione. Ci vogliono reti positive. Ci vogliono amicizie vere. Mai soli…Mai uno contro tutti.

OMBR: (Non parla…guarda ammirata e sorride…poi prova a dire qualcosa…): “Vero. La montagna è grande, immensa…a volte partorisce un topolino piccolo piccolo ma, caro Alex, a volte può essere spianata dalle idee. E, lo sai, tu l’hai spianata…Ma non te ne sei accorto” .

 

(COMMENTO MUSICALE FINALE)

 

 

 

UNA MONTAGNA TROPPO GRANDE…              Testi tratti da

 

.1. LatinaTu.   “Il portatore di speranza. Alexander Langer”.    Iniziativa pubblica   .  16  settembre  2020  (a cura di Emanuele Coletti)

.2. 4.7.2018, Mediterraneo Dossier, Fondazione Girolomoni

ALEXANDER LANGER TESTIMONE E PROFETA DEL NOSTRO TEMPO E PROTAGONISTA DELLA ‘GENERAZIONE DEL ’68’.
Marco Boato

 

.3.  21.1.1995, da l’Alto Adige. BILINGUISMO: PERCHÉ NON PENSARE ALLA PROMOZIONE INVECE CHE ALLE SANZIONI?

 

.4. 5.2.1995, Il viaggiatore leggero. L’EUROPA E IL CONFLITTO NELL’EX-JUGOSLAVIA

 

.5.  25.6.1995, La terra vista dalla luna. L’EUROPA MUORE O RINASCE A SARAJEVO

 

.6. 1.7.1992, Dalla rubrica Stile di vita nel mensile “Senza Confine”.

LA SEMPLICITÀ SOSTENIBILE

 

.7. Questo breve messaggio risale, dunque, a solo un mese circa dopo la
preparazione della “lettera di congedo” (ottobre 1993), mai inviata. In un testo personale e destinato a restare comunque riservato, Alex qui parla di “crisi e angosce”, della necessità di “stringere i denti” per andare
avanti, ma senza “caricarsi di nuovi pesi”.  MARCO BOATO: “ALEXANDER LANGER DIECI ANNI DOPO” . 31.7.2005, Introduzione al libro “Le parole del commiato” ed. Verdi del Trentino

 

Postfazioni

(con interventi di Edi Rabini e Marco Boato)

 

La “Lettera di commiato”

Edi Rabini ha reso nota una bozza di lettera-commiato (scritta in italiano nel settembre 1993), che poi Alex decise di non diffondere:

“Per ragioni personali ed interiori che non intendo rendere pubbliche, decido di prendere congedo – non so ancora se a tempo o per sempre – dall’attività politica che svolgevo, in varie forme, ma sempre con forte convinzione ed impegno, ininterrottamente da decenni, e per tredici anni anche nelle istituzioni rappresentative. Di conseguenza mi dimetto dalle funzioni politiche che mi sono state affidate, in particolare dal mandato al Parlamento europeo, dove mi subentrerà Grazia Francescato, attuale presidente del WWF-Italia, che spero avrà l’opportunità di proseguire tale mandato anche nella prossima legislatura.

Ringrazio di cuore tutti coloro della cui fiducia, cooperazione e sostegno ho potuto godere, e ricordo con piacere i molti insieme ai quali ho seminato e, qualche volta, anche raccolto dei frutti”… Soltanto una bozza. E le decisioni elencate non hanno poi avuto attuazione. Ma poi il “congedo” è avvenuto. Tragicamente. Né solo dalla politica.

Solo dopo la sua morte è stato reso noto un messaggio inviato il 21 ottobre 1993 per fax, scritto in tedesco, ad una sua ex-allieva del Liceo classico di Bolzano, Eva Pattis: “La mia vita si è fatta molto difficile negli ultimi mesi, sono – o mi sento – impegnato da tante parti e ciò ha portato con sé crisi e angosce… Queste e altre circostanze interne ed esterne mi spingono in questo momento a stringere i denti e per quanto possibile a portare a compimento quanto ho già iniziato senza caricarmi di nuovi pesi”.

. Ecco il testamento di Alex Langer: Die Lasten sind mir zu schwer geworden, ich derpack’s einfach nimmer… “I pesi mi sono divenuti davvero insostenibili, non ce la faccio più. Vi prego di perdonarmi tutti anche per questa mia dipartita. Un grazie a coloro che mi hanno aiutato ad andare avanti. Non rimane da parte mia alcuna amarezza nei confronti di coloro che hanno aggravato i miei problemi”. “Venite a me, voi che siete stanchi e oberati”. “Anche nell’accettare questo invito mi manca la forza. Così me ne vado più disperato che mai. Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto”    (quest’ultima parte ripresa da  Giovanni Bianchi.  “Uomo per gli altri” .  “eremo e metropoli” edizioni).

………

Per Severino SACCARDI – Direttore di “TESTIMONIANZE” – 19.10.2021

UNA EUROPA “GREEN”, UNA SFIDA EPOCALE E LA LEZIONE DI ALEXANDER LANGER  

(Marco Boato ci fa partecipi con questa postfazione di un suo recentissimo approfondimento sulla figura di Alexander Langer e, soprattutto, sulla sua attualità)

Una sfida epocale per le nuove generazioni . Per le nuove generazioni, in Europa e in tutto il pianeta, è in atto davvero una sfida epocale. I nativi americani dicevano che la Terra non è un nostro possesso: “la Terra ci è data in prestito dai nostri figli”. Era questo anche il titolo emblematico di un grande convegno ecologista, che le nascenti liste verdi avevano convocato, insieme ad Alexander Langer e a molti altri, nel settembre 1986 a Pescara.

Ma, a distanza di 35 anni da allora, questo monito risuona oggi con una ben più radicale drammaticità. Già allora erano ben conosciuti l’effetto serra, il buco nell’ozono, la deforestazione, la devastazione dell’Amazzonia, l’inquinamento atmosferico, la privatizzazione dell’acqua, il progressivo esaurimento delle energie fossili e la mancanza di forti investimenti sulle energie alternative, la cementificazione crescente dei suoli, la crisi dell’assetto idro-geologico, l’assoluta prevalenza dei trasporti su gomma rispetto a quelli su rotaia, il depotenziamento della sanità pubblica, il divario crescente nel rapporto tra ricchi e poveri, la prevalenza dell’agricoltura industriale e dei pesticidi a scapito dell’agricoltura biologica e biodinamica, lo smaltimento irrazionale dei rifiuti, lo sfruttamento selvaggio degli animali.

Tutti questi problemi erano denunciati purtroppo da ristrette minoranze, regolarmente accusate di “catastrofismo” e spesso pubblicamente dileggiate. Ma era tutto vero, e tutto è drammaticamente sempre più vero, anno dopo anno, decennio dopo decennio.

Alcune conquiste ambientali da allora sono state raggiunte nonostante tutto, anche nella dimensione europea, alcuni obiettivi ecologici sono stati praticati, grazie soprattutto all’impegno crescente di quelle minoranze attive, che in alcuni paesi, specialmente dell’Europa centro-settentrionale, hanno saputo acquisire notevoli consensi in un’opinione pubblica diventata più sensibile ed attenta. Ma oggi queste emergenze si sono manifestate in modo più drammatico, e pochi negazionisti ora osano tacciare di “catastrofismo” gli ecologisti. I tempi si sono fatti più ristretti, soprattutto per la possibilità di far fronte agli impellenti cambiamenti climatici.

Nel frattempo sono entrate in campo nuovi protagonisti sempre più giovani e attivi. Sulle orme della testimonianza, inizialmente solitaria, di Greta Thunberg si è esteso sul piano internazionale il movimento dei Fridays for Future, a cui si è aggiunto anche Extinction Rebellion. E tra i giovani di oggi torna a trovare ascolto la ormai lontana lezione di Alexander Langer. Il suo invito alla “conversione ecologica” ha trovato nel 2015 un’eco straordinaria nell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco.

Coronavirus e questione ecologica. Abbiamo vissuto, pur nel pieno dell’emergenza sanitaria che ha profondamente cambiato la vita di tutti, due ricorrenze particolarmente importanti e significative. Il 22 aprile è stata celebrata a livello mondiale la “Giornata della Terra”, istituita dall’Onu 51 anni fa. Solo in Italia invece il 25 aprile è stato ricordato l’anniversario della Liberazione dal nazi-fascismo, quando 76 anni fa l’insurrezione popolare nelle grandi città del Nord ha posto fine alla carneficina della seconda guerra mondiale e ad una dittatura durata oltre un intero ventennio.

La ricorrenza del 25 aprile quest’anno ha avuto un significato del tutto particolare. Perché in molti, ricordando al canto di “Bella ciao” la Liberazione del 1945 (io allora avevo solo un anno di vita nella mia Venezia), hanno desiderato in cuor loro che anche nel 2021 si possa al più presto realizzare un’altra liberazione, questa volta dalla pandemia del coronavirus, che tanti morti ha provocato e sta ancora provocando. E molti di questi morti sono purtroppo proprio coloro che nelle famiglie, per la loro anziana età, trasmettevano ai figli e ai nipoti ancora i ricordi della seconda guerra mondiale e delle sue catastrofi. In tanti fanno riferimento in questo periodo alla capacità dell’Italia, ma anche dell’Europa, di risorgere allora dalle devastazioni economiche e dalle distruzioni fisiche della guerra, augurandosi che anche questa volta l’Italia e l’Europa sappiano risorgere, con le loro straordinarie risorse umane, dalla terribile crisi attuale, in un impegno collettivo che durerà per anni e anni.

Sul piano internazionale, la “Giornata della Terra” ha dato l’occasione per una profonda riflessione comune sulle sorti del nostro Pianeta, riflessione resa drammaticamente attuale in questi ultimi anni proprio dalla tragedia del coronavirus e della sua diffusione a livello mondiale. Solo sei anni fa, nella primavera 2015, papa Francesco aveva comunicato al mondo (a tutti gli uomini e le donne del mondo, non solo ai credenti) la sua straordinaria enciclica Laudato Si’ sulla cura della casa comune, sull’ecologia integrale. Quell’enciclica profetica è oggi più attuale che mai, perché ha saputo analizzare e denunciare tutti gli aspetti ambientali, economici e sociali della crisi ecologica. Ma soprattutto ha saputo indicare le uniche strade per uscirne, nel rispetto della persona umana, dell’ambiente e della natura.

La crisi provocata dal coronavirus (il virus identificato internazionalmente come Sars-CoV-2, che provoca la malattia definita Covid-19) non è una dannazione accidentale e imprevedibile. In realtà ha una strettissima connessione con la questione ecologica, da molti punti di vista. Non c’è ovviamente qui lo spazio per ricordare quella letteratura scientifica, che già da anni aveva pronosticato questa drammatica possibile evenienza, a causa del “salto di specie” (“spillover” dagli animali agli umani) provocato dalle manomissioni dell’uomo sulla natura a livello planetario. Ed esistono già molti studi che mettono in evidenza la possibile connessione tra la diffusione più rapida della pandemia del coronavirus e le aree a più alto inquinamento atmosferico (basti pensare alla nostra pianura padana, dove il coronavirus si è diffuso più velocemente).

È bello che molti bambini, all’inizio di questa crisi, avessero tappezzato tante case con dei cartelli arcobaleno all’insegna dell’”andrà tutto bene”, in segno di coraggio e di speranza. Ma purtroppo non è stato così, non è andato tutto bene, anche se ho provato una grande simpatia e una grande tenerezza per questi bambini. C’è un’altra parola d’ordine che si è diffusa in questi ultimi due anni: “nulla sarà più come prima”. Questo sarebbe davvero auspicabile, ma perché ciò avvenga sarà necessario un profondo cambiamento di rotta, una radicale inversione di tendenza.

Alexander Langer all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso aveva parlato e scritto molte volte della necessaria “conversione ecologica”. Trent’anni dopo, lo stesso papa Francesco nella Laudato si’ è tornato a proclamare la necessità di una profonda “conversione ecologica”. Nel frattempo, purtroppo, nel 2020 era stata annullata la Conferenza di Glasgow dell’Onu (Cop 26) sui cambiamenti climatici, che era prevista per il novembre 2020, rinviandola alla fine ottobre-inizio novembre di questo 2021.

Nella Unione Europea è stato lanciato, dal Parlamento e dalla Commissione presieduta da Ursula von der Leyen un importante Green Deal, una svolta verde per promuovere quel cambio radicale reso necessario dall’incombere dei cambiamenti climatici. Ma c’è il rischio che anche questo necessario e urgente obiettivo strategico possa essere ridimensionato dal permanere della crisi provocata dal coronavirus. Eppure questa è la strada da seguire assolutamente, se davvero si vuole che “niente sarà più come prima”. Errare humanum est, perseverare diabolicum.

Anche lo stesso PNRR, che pure rappresenta una svolta molto importante in Italia e in Europa, all’insegna del Next Generation EU, ha finora previsioni troppo limitate per quanto riguarda l’obiettivo fondamentale della “transizione ecologica”, non sufficienti per realizzare le ambiziose finalità energetiche stabilite a livello europeo.

La lezione di Alexander Langer per un futuro sostenibile. Alexander Langer è morto per scelta volontaria il 3 luglio 1995. Oltre un quarto di secolo dopo, la sua figura continua a segnare in modo emblematico la storia dell’ecologismo politico italiano ed europeo, ma non solo. Scomparso a 49 anni, molte sue intuizioni sono rimaste di una attualità sorprendente, molte sue iniziative sono ancora oggi vive e vitali, la sua eredità spirituale, culturale e politica è ormai patrimonio comune di intere generazioni, anche di quelle più giovani, che non l’hanno conosciuto di persona, ma ora stanno imparando a scoprirlo attraverso i suoi innumerevoli scritti e le sue testimonianze. Ne ho dato conto nel mio libro Alexander Langer. Costruttore di ponti, La Scuola (ora Morcelliana), Brescia, 2015.

“Ecopax”. Alexander Langer è stato davvero un “costruttore di ponti”: tra etnie e gruppi linguistici, tra identità ideologiche diverse, tra le differenze di genere, tra partiti e società, tra Nord e Sud e tra Est e Ovest del mondo, tra gli umani e la natura, tra la pace e l’ecologia (Ecopax, appunto). In alternativa agli ideologismi astratti si è fatto promotore di “utopie concrete”; rifiutando ogni forma di fondamentalismo si è fatto sostenitore della “conversione ecologica”, ripresa, come già detto, da papa Francesco nell’enciclica Laudato si’; superando i muri delle barriere etniche si è fatto protagonista e artefice della “convivenza”; di fronte alla disperazione e al catastrofismo ha cercato di essere “portatore di speranza” ed anche “costruttore di pace”.

Nel suo Tentativo di decalogo per la convivenza interetnica ha affermato “l’importanza di mediatori, costruttori di ponti, saltatori di muri, esploratori di frontiera”: la sintesi migliore di come Langer concepiva il suo rapporto con i conflitti e con le barriere etniche, politiche e ideologiche. Nel suo testo più sistematico sulla “conversione ecologica”, ha affermato in particolare: “La domanda decisiva è: come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile? Lentius, profundius, suavius, al posto di citius, altius, fortius. La domanda decisiva quindi appare non tanto quella su cosa si deve fare o non fare, ma come suscitare motivazioni ed impulsi che rendano possibile la svolta verso una correzione di rotta”. Una correzione di rotta oggi più attuale e necessaria che mai, di fronte alla sfida dei cambiamenti climatici e della pandemia da Covid-19. 

Le “virtù verdi” . Pochi mesi dopo il primo ingresso dei Verdi nel Parlamento italiano – quando lui era ancora consigliere regionale/provinciale nel suo Trentino-Alto Adige/Südtirol, mentre poi nel 1989 sarebbe stato eletto per la prima volta nel Parlamento europeo, diventando subito dopo co-presidente del Gruppo Verde europeo -, nell’agosto 1987 Langer tenne una conferenza in Trentino per il gruppo de “La Rosa Bianca” (in ricordo dei giovani anti-nazisti cattolici di Monaco di Baviera), che volle intitolare Un catalogo di virtù verdi. Un “catalogo” che è ancora di straordinaria attualità anche per una Europa “green”.

“La prima di queste virtù che voglio richiamare è la consapevolezza del limite. Sicuramente da questo punto di vista la presa di coscienza verde tende anche ad invertire un paradigma culturale egemone almeno negli ultimi due-tre secoli, nel corso dei quali si è affermata per ragioni economiche, ma anche per ragioni culturali, la linea del «tutto quello che si può fare, si fa»”. Così Langer inizia la sua lezione, e prosegue: “Da questo punto di vista, la logica del continuo accrescimento, questa logica a spirale espansionistica («produrre di più, consumare di più, dominare di più, controllare di più, regolamentare di più») è una logica che oggi è sicuramente in crisi e non solo perché le risorse ad un certo momento si mostrano finite e quindi limitate”.

Questa sua riflessione risale a oltre 34 anni fa, ma è ancora oggi – anzi, oggi ancor più di allora – di straordinaria attualità, tanto più nella fase storica in cui la questione dei cambiamenti climatici si interseca con la drammatica crisi pandemica. E continua: “Credo però che una virtù «verde», da questo punto di vista, è quella della auto-limitazione e in particolare della rinuncia a tutto ciò che in qualche modo provoca conseguenze irreversibili generali”.

Conversione ecologica. Dopo la “consapevolezza del limite” e quindi l’”auto-limitazione”, Langer aggiunge un’altra riflessione: “Credo che una delle virtù «verdi» praticabili possa essere quella del pentimento, dove per pentimento intendo l’atteggiamento di chi ha sperimentato l’eccesso, la trasgressione, la violazione e se ne rende conto”. Langer non ha in proposito un approccio fondamentalista, ed è consapevole della complessità di questo monito: “Da questo punto di vista, la nostra civiltà (in particolare l’Europa, l’America, il Giappone, l’industrialismo trionfante e imperante oggi) non può far finta semplicemente di tornare alla natura e sicuramente non può neanche arrestare di colpo la logica di sviluppo e di crescita”. Tuttavia aggiunge: “Ma è possibile forse un atterraggio morbido, rispetto al quale c’è molto da lavorare”.

A questo punto Langer introduce il tema della “conversione ecologica”, che poi ritornerà in molti altri suoi scritti e documenti degli anni successivi, e che, quasi trent’anni dopo, troveremo ripreso esplicitamente nella più volte citata Laudato si’ di papa Francesco del 2015: “Questo atteggiamento che chiamavo di pentimento, o forse di tendenziale conversione ecologica, è sicuramente una virtù «verde» importante. La conversione non è solo un termine spirituale (lo è sicuramente in modo molto forte), ma è anche un termine produttivo, un termine economico”.

Langer a questo proposito mette in connessione l’aspetto culturale, etico ed anche spirituale, con la dimensione economica e sociale: “Riconvertire o convertire la nostra economia, la nostra organizzazione sociale verso rapporti di maggiore compatibilità ecologica e di maggiore compatibilità sociale, di minore ingiustizia, di minore divaricazione sociale, di minore distanza tra privilegi da una parte e privazioni dall’altra, è certamente una virtù «verde»”. Tutti obiettivi che si ripropongono oggi pienamente anche nella prospettiva di una Europa “green”. 

Obiezione di coscienza  . Anche ispirandosi alla lezione drammatica del gruppo giovanile della “Rosa Bianca” nella lotta nonviolenta contro il nazismo (che costò la vita ad alcuni di loro), a quelle già richiamate Langer aggiunge una ulteriore proposta: “Un’altra virtù «verde» che vorrei richiamare è l’obiezione di coscienza. Lo faccio con particolare convinzione ed emozione in un ambiente che si richiama alla «Rosa Bianca». È la capacità di dire no al potere […], ma anche la capacità di obiezione anti-consumistica, di obiezione al conformismo televisivo, di obiezione da parte di operai o tecnici alla produzione di armi”.

Nella riflessione di Langer è sempre presente il richiamo non solo alla responsabilità collettiva, delle forze politiche e dei movimenti, ma anche a quella personale, di ciascun individuo chiamato in causa direttamente: “Sempre più oggi ci troviamo di fronte, per esperienza quotidiana di tanti, a dei meccanismi talmente perfezionati, talmente onnicomprensivi e totalitari, che effettivamente non basta […] lottare perché cambi il sistema (cosa di cui non disconosceremo l’importanza fondamentale), ma occorre anche rifiutare di apportare il proprio contributo anche coattivo, anche estorto con la legge e a volte anche con la violenza un po’ oltre la legge, che ci farebbe essere dei pezzetti di un ingranaggio”. In queste sue parole si ascolta l’eco lontana della lezione di Gandhi ed anche, in Italia, di Aldo Capitini e del movimento nonviolento, a cui Langer si è sempre più ispirato a partire dai primi anni ’80 del secolo scorso.

Le ragioni della democrazia .  Proseguendo la sua analisi e proposta sulle “virtù verdi”, Alexander Langer si sofferma inoltre sulla necessità di privilegiare il valore d’uso al valore di scambio, con particolare riferimento al “riciclaggio delle cose già usate”, all’importanza dell’acqua potabile e dell’aria respirabile. Ed aggiunge la scelta di privilegiare la sussistenza rispetto al profitto, al mercato. Analizza inoltre criticamente la scissione tra costi e benefici, “benefici a noi e costi scaricati altrove”, riflettendo sulle conseguenze nefaste di questo squilibrio a livello planetario.

A questo punto Langer affronta il rapporto tra questione ecologica e questione democratica, un tema su cui è poi ritornato molte volte in altri scritti negli anni successivi: “Mi pare che ci sia una grande difficoltà (e questa sì è una domanda politica) per trovare in qualche modo un luogo, una sede dove conciliare le ragioni ecologiche, le ragioni di sopravvivenza ecologica presente e futura anche con le ragioni della democrazia. La democrazia come la conosciamo oggi è la democrazia dei grandi consumatori di energia, è la democrazia di quelli con la pancia piena. Rispetto al resto del mondo è la democrazia di chi amministra la parte relativamente avvantaggiata della società e del pianeta, spesso con criteri di scarsissima responsabilità ecologica verso l’insieme del pianeta e dell’umanità”.

Trent’anni dopo, questi sono i temi che sono riecheggiati – in particolare rispetto ai cambiamenti climatici, ma ora anche nei confronti della pandemia da coronavirus – nella coraggiosa testimonianza della giovanissima Greta Thunberg e del movimento dei Fridays for Future, che a lei si è ispirato, estendendosi in gran parte del mondo.

Verso la parte finale delle sue riflessioni, Langer richiama ancora una volta alla responsabilità personale e collettiva, rigettando qualunque proposta di “dirigismo ecologico”, con queste parole: “Una logica di pura amministrazione burocratica o autoritaria o repressiva delle risorse e del nostro equilibrio ecologico e sociale del pianeta è una logica che difficilmente può convincere e motivare”. Non è un caso che, alcuni anni dopo, nel 1994, Langer intitolerà una sua relazione presentata ai Colloqui di Dobbiaco in questo modo: La conversione ecologica potrà affermarsi solo se apparirà socialmente desiderabile.

 Una forte spinta etica . Ma già nel 1987 Langer anticipava questa sua convinzione in questi termini: “”Da questo punto di vista, credo che occorra una forte spinta etica in positivo, non solo la paura di non farcela a sopravvivere, ed anche una dimensione percepibile, una dimensione visibile, entro la quale l’equilibrio ecologico ha un senso che un po’ tutti possono condividere e verificare”.

In questa prospettiva della responsabilità ecologica e della partecipazione democratica, si collocano le riflessioni conclusive di Langer: “Se non si trova una dimensione in cui la ragione ecologica possa coniugarsi con la democrazia, allora probabilmente le virtù di cui parlavo prima rischiano di essere un nobile e minoritario esercizio di ascesi ecologica, un nobile esercizio di solidarietà, ma un esercizio probabilmente non in grado di invertire la tendenza, o per lo meno di rallentare o arrestare il degrado, cosa che d’altra parte vorremmo tentare di fare”.

È questo un monito verso un futuro sostenibile che vale pienamente ancora oggi, a tanti anni di distanza da quando fu formulato per la prima volta. La lezione di Alexander Langer è ancora pienamente attuale, anche per affrontare la crisi climatica e l’emergenza pandemica, che attraversano la drammatica realtà attuale non solo dell’Europa, ma anche nella dimensione planetaria.

 

Si ringraziano tutte le persone che in spirito di servizio, ricordando l’insegnamento di alto valore etico e morale di Alexander, hanno permesso la realizzazione di questa “Lettura scenica”.  In particolare, oltre alle professoresse già ricordate all’inizio, gli splendidi interpreti:  Riccardo La Grotta (ALEX), Thea Dondero (OMBRA), Umberto Carletto, Giorgia Correnti, Ettore D’Agostini, Angelica Perri, Francesco Quirino, Paola Rossi.   Immagini (ispirate dal testo di Giorgia Gallo e Irene Gatti)

 

 

 

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*