Anziani, come cancellare il mondo e poi pretendere che vivano felici

Ringraziamo Renza Manzone per l’opera preziosa che sta facendo… E’ un po’ come se Guido fosse ancora con noi…

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In questi ultimi tempi siamo stati invitati a firmare petizioni per la salvaguardia dei delfini, delle balene e delle foche, senza dimenticare il panda e l’orso marsicano. Ci siamo pure opposti alla distruzione della foresta tropicale e perfino di sconosciute città africane poste su desuete piste cammella bili, ma garantite di assoluto interesse artistico per l’umanità.

Tutti presi da questa generosa gara che, stranamente, pare rendere attuali ed importanti solo problemi a noi lontani alcune migliaia di chilometri, ci siamo dimenticati degli anziani, dei pensionati alessandrini e delle loro inascoltate necessità. Eppure a loro dobbiamo molto. Sono i pensionati di oggi che, con il lavoro di una vita, hanno ricostruito la nostra città dalle rovine materiali e morali della guerra, hanno contribuito allo sviluppo degli anni 60, dando il nostro piccolo apporto locale allo scatto economico che ha trasformato l’Italia da paese agricolo di secondaria importanza in una delle potenze industriali del mondo.

Molti di loro hanno combattuto nella Resistenza partecipando alla creazione del primo Stato democratico nella storia del nostro Paese. Come tutta ricompensa la società d’oggi tende ad emarginarli riducendone gli spazi di vita all’interno delle città. Il fenomeno diviene più evidente e si aggrava in modo inversamente proporzionale al reddito. In una società basata sui consumi, portata a monetizzare ogni cosa e a far pagare anche attività un tempo libere e gratuite per tutti, chi non può spendere “non conta”, come “non esiste”chi, per motivi d’età, è ormai fuori dai processi produttivi. Anche se nessuno ne parla questo fenomeno, peraltro generalizzato in tutto il Paese, è particolarmente evidente in Alessandria, città a basso reddito con netta prevalenza di lavoratori dipendenti con pensioni limitate. Ad accentuarlo è pure una natalità tra le più basse d’Italia, nonché l’emigrazione dei giovani verso altre zone a più alta possibilità di lavoro.

Ciò, più che altrove, provoca il progressivo disgregarsi delle famiglie ed il conseguente abbandono degli anziani al proprio destino, in una solitudine crescente che ammanta di angoscia gli ultimi anni di vita. Il fenomeno è destinato ad accrescersi nel tempo. Se continuerà l’attuale saldo demografico Alessandria, nel volgere dei prossimi decenni, sarà una città con netta prevalenza di vecchi. E’ chiaro che la nostra città con le sue sole forze non poteva certo invertire una tendenza nazionale, ma qualche piccolo correttivo per rendere più accettabile la vita a chi non è più giovane lo si sarebbe potuto apportare.

Invece è avvenuto il contrario. Lo sviluppo urbano ha eroso di anno in anno i luoghi e le aree di tradizionale incontro e socializzazione degli anziani meno abbienti. Ad esempio non sono più che un ricordo le antiche osterie a basso prezzo con campo da bocce e pergolato sotto cui si giocava a carte o si scambiavano due chiacchiere, che un tempo costellavano in modo uniforme ed equilibrato l’intero tessuto cittadino.

Poiché nessuno le ha salvaguardate, queste aree sono state trasformate in condomini, che certamente permettono una più alta remunerazione del capitale, ma ne sottraggono l’uso agli anziani. Nel contempo, la progressiva distruzione dei boschi fluviali ha reso sempre più difficoltoso l’antico rapporto, proprio della cultura padana, tra l’anziano, il fiume, la pesca e la caccia. E volendo si potrebbero fare altri esempi. Si è così giunti ad un altro paradosso. Benchè il reddito generale si sia notevolmente accresciuto rispetto al passato e gli anziani godano oggi di un’assistenza sanitaria e sociale un tempo nemmeno pensabile, e tutto questo è innegabile, si è abbassata per molti la qualità della vita.

Avendo distrutto le strutture di incontro che li rendevano possibili, sono venuti meno quei rapporti di solidarietà, amicizia e comunicazione che contribuiscono a rendere piacevole e serena l’esistenza. A loro sostituzione all’anziano non abbiamo dato che la televisione. Ossia il veder vivere gli altri attraverso la mediazione dell’immagine, nel chiuso di alloggi sempre più solitari. E’ questa la conseguenza di ampie dimenticanze nella stesura di piani regolatori volti alla costruzione di città a misura di nulla.

Ma ci voleva proprio molto per prevedere in ogni quartiere spazi autogestiti con campi da bocce, pergolati, tavolini per gli scacchi e servizi igienici? In tutta l’Europa sono state predisposte strutture di questo tipo, ovviamente legate alle abitudini e agli usi locali. Perché non li possiamo fare anche ad Alessandria? Oltretutto costerebbero assai poco.

Guido Manzone (*Aydin)

LA STAMPA 8/10/1989

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