Il capitalismo promosso da Reagan e Thatcher, sostanzialmente, ha fallito

Riprendendo un testo di Joseph Stiglitz pubblicato su “Huffington post” in occasione della presentazione di un suo libro a Bruxelles (marzo 2019) (*) il civis Pier Luigi Cavalchini ce ne propone la lettura per “riprendere il confronto” su quale tipo di Europa ci aspettiamo (e ci possiamo, effettivamente, aspettare). Il tono è critico, ma non distruttivo, fa appello alla ragione di europei e non europei, segnala – soprattutto- la necessità di rivedere trattati importanti come quello di Maastricht …in vista di una Europa migliore, non di un ritorno alla ristrettezza delle politiche solo nazionali. 

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E’ l’Europa che sta costringendo l’Italia ad accettare il denaro cinese. Ma, d’altra parte, l’Italia deve stare con gli occhi aperti…“. Shock. Qui non è Luigi Di Maio che parla o Matteo Salvini o qualche sovranista arrabbiato con l’Unione Europea. Questo è il ragionamento che fa il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz. Lo incontriamo di primo mattino a Bruxelles, prima della presentazione del suo libro ‘Rewriting the rules of the European Economy’, scritto con la collaborazione di altri economisti e soprattutto con la Feps, la Fondazione per gli studi europei vicina ai socialisti. Come sempre, Stiglitz esce dal selciato praticato dai politici, benché stavolta ci sia proprio vicino: in mattinata presenta il libro con il Commissario europeo per gli Affari Economici Pierre Moscovici. Ma il premio Nobel, che l’anno scorso consigliò all’Italia addirittura di uscire dalla zona euro, continua a sorprendere. “Se l’Italia esce causa una tragedia in Europa, se rimane la causa in Italia…“, dice Stiglitz, libero com’è dalle appartenenze. Ossigeno.

E allora, gli parliamo del memorandum che il governo Conte sta per firmare con Pechino tra le polemiche partite da Washington e rimbalzate nelle Cancellerie europee. Stiglitz parte dalle prime ricette di austerity applicate alla Grecia nel 2010: “Alla Grecia furono promessi fondi e crescita. Non sono arrivati né gli uni, né gli altri. Quindi, siccome l’Europa non mette in campo fondi per crescere, un paese che è in stagnazione, recessione, depressione che deve fare? E’ l’Europa che sta costringendo l’Italia ad accettare il denaro cinese. Ma, d’altra parte, l’Italia deve stare con gli occhi aperti, individuare i rischi di una trattativa coi cinesi. Alle spalle abbiamo già degli esempi drammatici: lo Sri Lanka e la Malaysia, dove l’aiuto cinese diede luogo a fenomeni di profonda corruzione. Ecco, speriamo che l’Italia abbia imparato da queste lezioni e concordi per bene con Pechino i termini di tutto l’accordo. Roma deve trattare con attenzione”.

A pochi mesi dalle europee, Stiglitz sforna questo testo che chiede all’Europa di darsi una mossa, di riformare l’eurozona, di farlo “interpretando i trattati, capisco che è complicato cambiarli – dice – ma si possono interpretare diversamente, è possibile”. Anche perché l’Ue è fuori tempo massimo. Si prenda il caso dell’Italexit. Sì, perché Stiglitz non lo considera escluso: per lui è ancora un caso, seppure ipotetico. L’anno scorso aveva suggerito all’Italia di lasciare l’eurozona, oggi resta della stessa idea se le cose non dovessero cambiare nell’Unione.

Anche qui, il Nobel parte dal caso greco. “L’Europa – dice – non vive una condizione molto differente dal 2015, quando si parlava di Grexit. Ma la Grecia è un piccolo paese, se avesse lasciato l’Europa ci sarebbe stato dello scontento, ma l’Ue avrebbe potuto gestire l’addio di Atene. Non è successo. Ma il punto è che questo problema è stato sottovalutato. E se sottovaluti i problemi, si ripresentano come un cancro. E’ ciò che stiamo vedendo in Italia oggi. Un’Italexit scuoterebbe l’Ue alle fondamenta. Per questo, ora la domanda è: quando l’Europa e in modo particolare la Germania si sveglieranno e si renderanno conto che hanno davanti una questione esistenziale per l’Eurozona e per l’Ue?”.

Quando? “Molto dipende dagli eventi economici e dall’emergere di determinati politici”, da Donald Trump al governo populista in Italia. L’americano Stiglitz torna indietro al 2012 quando scrisse il libro ‘Il prezzo della disuguaglianza’. “Allora scrissi che se l’America non fa niente per risolvere le disuguaglianze, spunteranno dei demagoghi e ne approfitteranno. Certo, non ho anticipato l’avvento di un politico così negativo come Trump – ride – ma che sarebbero arrivati dei demagoghi era prevedibile”. L’Europa è in tempo per salvarsi? “Se l’Italia lasciasse l’Ue, provocherebbe una tragedia. Ma se l’Italia resta nell’Ue con le attuali regole allora la tragedia avviene in casa: in Italia, recessione. Quindi, la mia speranza è che il resto d’Europa e in particolare la Germania si sveglino e dicano: ‘Lo vediamo dove va questo treno e vogliamo fermarlo‘”.

E’ urgente, perché il treno corre a velocità folle verso il precipizio. “L’euro – continua Stiglitz – è nato come un’ideologia fondata su una dimensione puramente economica, sui tassi di interesse. Ma fare in modo che ci sia anche della solidarietà dentro, significa assicurarsi che l’euro funzioni. Ed è questa la mia critica: è necessario andare oltre l’auspicio che l’euro funzioni, devi creare le istituzioni per fare in modo che funzioni. C’è stata troppa fiducia nel fatto che la semplice esistenza di una moneta unica avrebbe funzionato. Ecco non ha funzionato. E questo ha portato la gente ad allontanarsi invece che convergere”.

Si veda la Brexit, argomento del consiglio europeo che inizia oggi a Bruxelles, tema ancora intrappolato in nodi che nessun sembra saper sciogliere. “La Brexit è lo specchio dei fallimenti dell’Europa e dell’Eurozona – dice Stiglitz – Se ci fosse stata prosperità nell’Eurozona, l’entusiasmo di essere parte di questo club sarebbe stato maggiore“. Ma ora che si fa? “La cosa che mi colpisce di più – risponde il Nobel – è che all’epoca del referendum la questione irlandese era assente dal dibattito pubblico. Basti questo per rendere obbligatoria la via di un nuovo referendum. Non c’è niente di male. Nel frattempo la gente ha imparato a conoscere la complessità del problema. E’ come quando fai ricerca: parti dal problema A, poi ti accorgi che invece il problema è B e devi riconsiderare tutto. Ora penso che i britannici si siano resi conto che con la Brexit non gli arrivano i soldi che erano stati promessi: la propaganda dei Brexiteers prometteva denaro che sarebbe tornato al welfare britannico, il che è una bugia e si è capito. Quando ci rendiamo conto che le decisioni prese non stanno più in piedi, vale la pena riordinare le idee. Ecco perchè andrebbe indetto un nuovo referedum sulla Brexit”.

Parola di Stiglitz, sempre più convinto delle storture di questa globalizzazione, modello cui si è arrivati da “Reagan in poi” a partire dagli Usa, modello che, “dopo 40 anni si può dire: è fallito“, dice il premio Nobel, carico di consigli per un’Europa più sociale a due mesi dalle europee. “L’euro funziona solo se i paesi che lo usano sono simili. Ma in Europa non è così, ci sono regimi fiscali che si fanno la concorrenza all’interno della stessa Ue, i paesi si sono allontanati invece che avvicinarsi ed è successo proprio per colpa delle regole dell’euro. Vanno cambiate“.

(*) – FEPS and Nobel Laureate Joseph Stiglitz agreed to work on the European twin publication to Professor Stiglitz’s bestseller “Rewriting the Rules of the American Economy”. In partnership with the Renner Institute and Policy Network, FEPS launched a reflection process with a group of high-level scholars and politicians from all over Europe with the aim of developing proposals for new rules after 10 years of economic, social and political crisis. The ideas expressed during this process served as the basis for the final report that will be presented on March 21st. This report, authored by Joseph Stiglitz, will be published and disseminated as a book by W.W. Norton & Company, Independent Publishers, in the second half of 2019.

 

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