Crisi istituzionale

Non mi sento di iscrivermi tout court al partito dei difensori del Presidente della Repubblica. Non sono un costituzionalista e non sono in grado di sapere se la Costituzione è stata rispettata o meno ma mi preoccupa molto lo scontro in cui si rischia di vedere la maggioranza del Parlamento intenzionata a mettere sotto accusa il Presidente della Repubblica, che nel frattempo lo ha sostanzialmente sciolto. Non ho idee chiare, ma quanto successo mi lascia molto perplesso.

Nelle dichiarazioni ufficiali e nei dibattiti sui mezzi d’informazione le argomentazioni a sostegno delle varie posizioni richiamano più le discussioni teologiche del medioevo volte a minacciare di perdizione eterna i veri/finti eretici che dissentivano dalla Chiesa ufficiale. Ora il progresso della medicina è stato tale che non si può più utilizzare la paura della morte (anzi si comincia a temere di dover sopravvivere anche quando la vita non ha più significato). Ci resta però la paura di perdere ciò che ci dà sicurezza, il reddito, i risparmi e non si può dire che questa paura sia poco sfruttata.

Ma forse c’è un problema, la globalizzazione sembra produrre una società dei “due terzi” ribaltata, in cui forse solo un terzo riesce a mantenere un reddito dignitoso (oltre la minoranza di super ricchi) mentre il resto si immiserisce. Noi che siamo cresciuti prima del boom economico sappiamo che l’impoverimento genera più rabbia e frustrazione delle ristrettezze in cui si viveva nell’immediato dopoguerra. E i due terzi di esclusi se vengono convinti ad andare a votare chi votano? Vogliamo limitare il diritto di voto? Comprimere la Democrazia?

Certo la decisione del Presidente della Repubblica potrà essere facilmente sfruttata da Lega e M5 stelle ed è prevedibile che aumentino considerevolmente i loro voti. Nessuno dei politici ed opinionisti antipopulisti che sui grandi giornali e dagli schermi della TV ci spiegavano le sacrosante prerogative del Capo dello Stato ha pensato alle conseguenze? Forse concepiscono la nuova politica come uno scontro in cui, per usare un linguaggio da caserma, occorre dimostrare chi lo ha “più lungo”?

Il PD che se ritiene la situazione che si è creata pericolosa per la democrazia, e si spera in grado di fare qualche previsione in campo politico, perchè non ha cercato di attrarre il M5 stelle dalla parte del CNL anziché spingerlo fra le braccia dei “repubblichini”, subendo invece il ricatto di un ex leader rancoroso fonte inesauribile di guai elettorali? O Anche per il PD si possono usare le parole del On Martina “state giocando sulla pelle del Paese per i vostri miseri interessi. Invece governare è prendersi cura dell’Italia”.

LeU  aveva da prima delle elezioni aperto alla possibile collaborazione con il M5 stelle ma è  ininfluente e, perdipiù, la sinistra non sembra avere una rotta.

Ma tornando ai problemi dell’economia, euro si o euro no? E il debito pubblico? Come la gran parte degli italiani io non ho competenze in scienze economiche. Ci sono economisti che sostengono che è meglio uscire dall’euro altri che sostengono che saremmo ridotti in miseria e visto le varietà dei pronostici qualcuno azzeccherà le previsioni. Pur trovando spiritosa la battuta sulla “scienza economica genere letterario” letta non ricordo dove, ritengo che lo studio delle scienze economiche richieda tempo impegno e sacrifici, e che come per ogni scienza, non solo gli inesperti ma anche i dilettanti non devono pontificare e quando, con il voto, sono chiamati a scegliere devono cercare di informarsi al meglio purtroppo senza l’aiuto dei vecchi partiti che avevano al loro interno le competenze necessarie e la fiducia degli elettori.

Ad esempio quando un normale cittadino ascolta in TV ospiti “sentenziare” che abbiamo un debito pubblico enorme perchè abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi notizie fornite ovviamente, visto il media, senza alcuna documentazione e poi da qualche altra parte legge un articolo corredato di grafici e tabelle in cui si sostiene: “E questo ha rilevanti implicazioni sui meccanismi di genesi del debito, non essendo stata tanto la spesa pubblica (pensioni, sanità, etc.) o la scarsità di risorse fiscali a gonfiare il debito, bensì gli interessi pagati su quel debito stesso. Questa prova dovrebbe mettere una pietra tombale sul cicaleccio di quanti si ostinano a sostenere che “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità”, che “ah, le pensioni di anzianità”, che “non ci possiamo permettere la sanità pubblica” e altre corbellerie di tal fatta. In tutto il periodo esaminato, lo Stato italiano si è dissanguato non tanto per garantire ai propri cittadini migliori e più numerosi servizi ma piuttosto, perversamente, per corrispondere una generosa remunerazione ai propri finanziatori (sia nazionali che esteri)[1]” o che le banche (private) hanno ricevuto centinaia o forse migliaia di miliardi di euro a tassi più bassi di quelli pagati dallo stato italiano per finanziarsi, non può che concludere che qualcosa non quadra. Ma in Tv si fa spettacolo e non un’informazione fatta da persone competenti che siano in grado di spiegare le proprie tesi in modo semplice e comprensibile. Non esiste più un partito “”di fiducia” in cui credere e si rischia di scegliere “ragionando di pancia”. Forse oltre a discutere della nomina dei ministri il Presidente della Repubblica potrebbe invitare il Governo ad intervenire sulla TV pubblica, per migliorare l’informazione fatta da specialisti delle varie discipline invece che da giornalisti bravi ma non degli esperti, e senza la preoccupazione degli ascolti. Chissà che non migliori il livello culturale, anche di poco, che è pur sempre meglio di niente.

Per marcare ancora di più la loro opposizione M5 stelle e centrodestra potrebbero non partecipare al voto sulla fiducia al nuovo Governo “neutrale” esasperando ancora di più la contrapposizione.

Comunque vada un pessimo risultato per le forze politiche di centro e di sinistra che rischiano di essere travolte alle prossime elezioni, ma sopratutto per il paese che vedrebbe erodersi sempre più il proprio “capitale sociale”.

[1] http://www.economiaepolitica.it/politiche-economiche/debito-pubblico-una-questione-di-interessi/

 

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