Curiosità dal mondo della cartamoneta

La circolazione cartacea appartiene al nostro quotidiano anche se la moneta elettronica è destinata ormai a prevalere almeno nei paesi del mondo in cui ci sono  condizioni di stabilità politica e sociale oltre che economica.

Però per la comune banconota non è stato sempre così, il suo uso si è affermato con una certa decisione solo nella seconda metà del XIX secolo e fino alla fine della Prima guerra mondiale spesso è stato un corso parallelo a quello della circolazione metallica, costituita da multipli in argento ed oro, oltre che da sottomultipli di rame.

Nonostante si parli di emissioni cartacee già al tempo dei cinesi(vedi “Il Milione”), le banconote fanno la loro apparizione in Europa nel XVIII secolo, in seguito al progetto dello scozzese Law e alla Rivoluzione francese(gli assegnati); sono puri titoli di credito, che fruttano interesse,  trasformati però in vero e proprio denaro che, in seguito alla sfiducia del pubblico e alle falsificazioni, genererà una circolazione incontrollabile e il conseguente aumento dei prezzi. Perciò per una buona parte del XIX secolo la cartamoneta sarà vista con sospetto dai cittadini nonostante  un maggior controllo delle autorità e una diversa situazione economica.

I sospetti però non erano del tutto infondati perché non tutti gli stati europei si erano dotati di un istituto di controllo e di emissione(vedi la Banca di Inghilterra) e non potendo, o non volendo, assumersi gli oneri delle emissioni si affidavano a banche private, che per la stampa dei biglietti si rivolgevano a ditte specializzate soprattutto britanniche. Questo poteva generare situazioni opache, è il caso della Banca Romana, uno dei sei istituti di emissione presenti nel nostro paese fino  al 1893, ridotti a tre(Banca d’Italia, Banco di Napoli e Banco di Sicilia) dopo  l’omonimo scandalo e poi ad uno solo( Banca d’Italia) nel 1926.

Lo scandalo è noto a molti ed è così riassumibile: un’ indagine del 1889, voluta ufficialmente,per  verificare le anomalie di gestione di alcuni degli istituti di emissione ma in realtà con altri scopi(colpire il Banco di Napoli), dopo un tentativo governativo di insabbiamento, porta alla luce nel 1892 la grave situazione finanziaria della Banca Romana, guidata da Bernardo Tanlongo. Gli ispettori scoprono che la circolazione cartacea della banca, invece di essere, in base alla legge, del valore di 75 milioni di lire, ascende a 135 e degli eccedenti 60 milioni stampati senza licenza, 40 riportano numeri di matricola di banconote già circolanti nel paese,in più c’è un vuoto di cassa di 20 milioni.

Giolitti, per la prima volta capo del governo, temendo che la situazione possa innescare una grave crisi finanziaria ed economica, considerato che nel nostro paese in quel momento  vige la circolazione forzosa, si muove almeno inizialmente con prudenza. Tanlongo,prevedendo il pericolo, era riuscito ad ottenere poco prima il titolo di senatore del regno,con la conseguente immunità, a dimostrazione delle complicità e degli appoggi di cui godeva addirittura ad altissimo livello, grazie al ruolo di bancomat da lui assunto: il governatore  aveva omaggiato giornalisti e deputati governativi con consistenti erogazioni in denaro, aveva chiuso un occhio di fronte alle cambiali in sofferenza di parecchi notabili del regno, era intervenuto finanziariamente per sostenere la Rendita Italiana e  per salvare dal fallimento la Banca Tiberina, dove erano depositati i risparmi dell’amante di re Umberto I e a quest’ultimo aveva fatto da intermediario per il trasferimento di grosse somme di denaro su un suo conto presso la Banca d’Inghilterra.

Come si può comprendere erano coinvolti in tanti fra deputati, ministri, capi di governo( Depretis, Crispi, Giolitti) e la corte(il ministro della real casa Rattazzi e il re stesso) Tutte queste operazioni però costavano milioni di lire dell’epoca e Tanlongo, che più del finanziere aveva l’atteggiamento del commerciante paterno(non aveva una grande cultura e si esprimeva in romanesco) aveva pensato di risolvere il problema della disponibilità di denaro come un comune uomo della strada,stampandolo all’occorrenza:le banconote, prodotte a Londra, giungevano negli uffici della Banca Romana, dove il governatore e alcuni dirigenti si preoccupavano di apporre numeri di codice di banconote già circolanti, di notte, in segreto, come veri e propri falsari. L’inchiesta andò avanti, Tanlongo, il figlio e alcuni dirigenti della Banca Romana furono arrestati, ma al processo furono tutti assolti, mentre a livello politico, le dimissioni di Giolitti(date per dimostrare la sua buona fede) aprirono la strada del governo al più coinvolto dei ministri, Crispi, che, per far dimenticare le proprie responsabilità, avviò una politica repressiva in campo sociale e aggressiva in quello coloniale(sconfitta di Adua).

Ancor oggi quello della Banca Romana appare come uno fra i tanti scandali italiani, che vedono coinvolti  finanza, uomini politici, istituzioni e stampa, però ha un che di paesano: viene da sorridere nel pensare ad un governatore di istituto di emissione che parla romanesco(alla Aldo Fabrizi) e stampa illegalmente denaro per risolvere i problemi di liquidità,ma il sorriso scompare se si pensa alle connivenze delle istituzioni e a come questo episodio sia simile ad altri gravi degli ultimi decenni che hanno visto coinvolti le istituzioni politiche e rami dello stato italiano  (piazza Fontana,  la strage di Bologna, il fallimento della Banca Privata di Sindona, Ustica, ad esempio ). Se la truffa di Tanlongo fu più “rustica”, quella di Artur Alves Reis, uomo d’affari portoghese, fu sicuramente più raffinata. Arrestato con l’accusa di essersi impossessato di denaro dell’azienda per la quale lavorava,conobbe, nei mesi trascorsi in carcere, un falsario e dalle loro conversazioni capì che anche la banconota falsa meglio realizzata sarebbe stata prima o poi individuata, la cosa migliore era produrre denaro autentico esibendo documenti falsi. Quindi, una volta uscito di prigione(1925) si mosse per realizzare il suo piano :il Portogallo non disponeva di un istituto di emissione e per i propri bisogni di cartamoneta  si rivolgeva ad una ditta inglese molto nota  nel campo, la Waterlow and Sons Ltd di Londra, e quindi sarebbe stato sufficiente produrre falsi documenti di stato da esibire alla ditta per attuare la truffa.

Alves Reis, millantando la complicità del governatore della Banca del Portogallo, Camacho Rodriguez, e  del suo collaboratore Mota Gomes, riuscì a coinvolgere parecchie persone con disponibilità finanziarie e fra queste Josè Bandera , fratello dell’ambasciatore portoghese nei Paesi Bassi. Approfittando del canale diplomatico, il finanziere fece validare dai consolati francese, britannico e tedesco un documento, con le firme false di Camacho Rodriguez e Gomes, che lo autorizzava a far stampare banconote per un piano straordinario, quanto segreto, di sviluppo dell’Angola. La falsa autorizzazione fu presentata ai responsabili della Waterlow, le cui perplessità furono fugate  adducendo motivi di riservatezza e assicurando che le banconote avrebbero riportato la dicitura “Angola”, circolando quindi solo nella colonia: i biglietti non potevano riportare una numerazione progressiva, cosa che avrebbe insospettito Lisbona, dovevano presentare quella di banconote già circolanti nella madrepatria, dualismo che si risolveva con la stampigliatura “Angola” e quindi con il divieto di circolazione sul territorio nazionale.

A questo punto il gioco era fatto: le banconote, tutte da 500 escudos e in numero di 200.000, furono  inviate, tramite il canale diplomatico, in Portogallo, qui alcune furono sovrastampate con la dicitura Angola e spedite a Londra a conferma di ciò che si era detto,completando l’inganno, le altre rimasero a Lisbona e furono spartite fra i complici. Alves Reis ebbe la fetta più consistente, con la scusa che una grossa parte sarebbe servita  a tacitare gli ignari Camacho Rodriguez e Gomez, e con quel denaro fondò una banca, iniziando  la conquista della Banca del Portogallo:arrivò a comprare  25.000 azioni su 45.000 necessarie per il controllo . L’attività di questo uomo d’affari non passò inosservata: la Banca del Portogallo cominciò a sorvegliarlo sia perché rastrellava le sue azioni, sia perché l’istituto finanziario diretto da lui erogava prestiti a basso interesse senza la presenza nelle proprie casse di depositi o conti correnti privati; contemporaneamente si cominciò a notare un’eccessiva circolazione di pezzi da 500 escudos e si scoprì il primo caso di due banconote portoghesi identiche. A questo punto i controlli divennero più stretti e il giornale “O Seculo” portò avanti un’inchiesta che rivelò che la maggior parte dei pezzi da 500 proveniva dalla banca di Alves Reis; il 6 dicembre 1925 furono arrestati quasi tutti i personaggi implicati nella truffa,ad eccezione di Adolf Hennies, che si rivelò poi una spia tedesca.

Alves Reis fu condannato a venti anni, terminò la pena nel 1945, morendo dieci anni dopo.

Lo scandalo ebbe grosse ripercussioni: Camacho Rodriguez faticò molto prima di riuscire a dimostrare che era estraneo alla vicenda e che le firme erano false, il Banco de Portugal ritirò in fretta tutti i pezzi  da 500 per sostituirli con altri, la Waterlow dovette risarcire il Banco  per il danno subito( 600.000 sterline), aumentò l’inflazione nel paese e si perse credibilità nei confronti delle istituzioni tanto da aggravare quella crisi politica che avrebbe portato alla dittatura di Salazar(iniziata nel 1928 e terminata nel 1974). Oggi, questo tipo di truffa è troppo impegnativo e non paga più di tanto, i pericoli sono altrove, nel mondo della rete, dove circolano bit coin e dati bancari spesso facilmente violati, però ci sono ancora situazioni politiche ed economiche precarie che permettono la circolazione di banconote che non sono false ma neanche autentiche, un esempio per tutti la Somalia. Nel 1991, dopo la caduta di Siad Barre, si è assistito al suicidio dello stato somalo, esiste un governo centrale ma con potere relativo, mentre il paese è diviso in tanti potentati, però quasi tutti continuano ad usare e a stampare illegalmente la vecchia cartamoneta: l’ultimo  governatore della Banca di Somalia  fu nominato nel 1990, ma circolano ancora banconote del defunto stato fatte stampare fino a pochi anni fa dai vari contendenti con la sua firma e la data 1996: sono i cosiddetti ”scellini orfani”.

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