Giorgio Agamben e il gran rifiuto di Benedetto XVI – Il mistero del male.

Ho trovato, fortunosamente nelle librerie alessandrine poche settimane fa, un libricino dimenticato ma prezioso, pubblicato nel 2013 dai tipi della Laterza, autore il filosofo politico Giorgio Agamben, dal titolo significativo, ‘Il mistero del male’ ‘Benedetto XVI e la fine dei tempi’.

Il volumetto è tutto teso a svelare il reale retroterra teologico, e aggiungo io politico, del gesto di Benedetto XVI il quale si è dimesso dal vicariato di Cristo prima della sua naturale scadenza di incarico che tradizionalmente coincideva con il decesso del pontefice stesso. Agamben ci conduce per mano dentro alla visione escatologica della Chiesa, che è il dato che restituisce il senso più autentico entro il quale situare le dimissioni di Ratzinger. La storia, e la idea che di essa ha l’ uomo cristiano, è fondamentale non solo per il mondo secolarizzato di oggi ma per la religione nel passato e nel presente. Intendo dire che la religione cristiana è fondata su un atto storico, o che si pretende tale, e su una visione del procedere del tempo, su una sua evoluzione sospesa fra la prima venuta del messia, che annuncia il nuovo tempo al mondo, e il giungere della fine dei tempi, con l’ approssimarsi dello scontro tra male e bene e il definitivo giudizio divino. Nel tempo di mezzo, fra la prima e la seconda venuta del messia, vi è il tempo in cui il Kathekon trattiene con il suo potere, ritarda con l’ instaurarsi del suo ordine, la fine dei tempi. Il potere che si incarica di ‘trattenere’ il tempo è sia inteso come l’ Impero, ai tempi di San Paolo l’ impero romano, oppure la Chiesa, intesa come struttura che inevitabilmente agendo nel mondo terreno, non può che essere dominata da una natura bina, sia attraversata dal bene come dal male oscuro.

Il pensiero teologico e politico della Chiesa cristiana cattolica è tutto attraversato da dualismi fondamentali; legittimità – legalità, potestas – auctoritas, bene e male, stato – società civile, diritto naturale – diritto positivo, cielo e terra. Accanto a tutti questi dualismi vi è il conflitto interno alla Chiesa stessa, quello fra la Chiesa giusta e che persegue il bene, e la Chiesa ‘fusca’ come la definisce Ticonio, teologo del IV secolo definito generalmente eretico donatista, ovvero quella dominata dalla corruzione, dall’abuso, dal male in sostanza. Ticonio è, infatti, un teologo importante nella formazione culturale del futuro Papa Benedetto, molte delle ragioni della denuncia della ‘impudicizia dentro la Chiesa’ nascono dalle riflessioni dell’eretico del quarto secolo. Agamben giunge infine, a sostenere una ipotesi sulla reale motivazioni delle dimissioni del pontefice; egli segnala con la sua rinuncia, la necessità di dare battaglia al male dentro la Chiesa in modo che esso non sia mai prevalente rispetto al bene, pena l’ aprirsi di una frattura pericolosa fra istituzione ecclesiale e popolo dei fedeli, pena l’ estendersi di una crisi di legittimità che rende meno forte la Chiesa e la avvicina al decadimento.

Non si può attendere e rinviare lo scontro tra male e bene dentro l’istituzione religiosa, non si può, secondo una interpretazione corrente dei testi di San Paolo, aspettare crogiolandosi la fine dei tempi per risolvere con giustizia il conflitto tra la luce dello spirito e la gestione miserrima del potere. La lotta fra gestione ordinaria del potere e la più ispirata missione spirituale è sempre in atto, se non si vuole rischiare , al contrario, di perdere la funzione per cui la Chiesa stessa è nata.

Vuoto di legittimità, dunque, secondo Agamben; il quale non si limita a porre sotto analisi la crisi della istituzione ecclesiastica, ma estende il suo ragionare anche ai moderni stati, alle democrazie liberali come oggi le chiamiamo. Agamben, infatti, nota come i nostri stati sono ammorbati da un potere forte nelle sue pretese e autorio vieppiù, ma privo di legittimità e di autorità, e che man mano che perde legittimità si fa via via più violento e si difende rendendo più parossistico il discorso sulla legalità. Ma non sarà il formalismo della legge o l’azione salvifica dei giudici a restituire forza al potere dello stato se la causa della crisi è altrove. In questa annotazione, acuta quanto sintetica, il sottoscritto i ha intravisto un chiaro riferimento alla stagione di Tangentopoli, o alla politica dell’onestà dei Cinque Stelle, e, infine, al formalismo legalitario della proposta liberale e borghese.

Non sarà, dunque, ne un populismo giudiziario a curare i nostri mali, ne il formalismo normativo liberale alla Kelsen o derivato da Bobbio.

Il vuoto di legittimità, di senso, di morale della politica chi favorisce, chi riempie il vuoto? E’ il nazionalismo politico delle destre estreme, è il loro nichilismo distruttivo che sempre oscilla fra un ritorno all’ordine della tradizione primigenia, oppure anela  allo sfondamento dell’ordine esistente dato da una forza che fonda il suo potere sulla ‘eccezione’ nella legge dello stato. Il saggio di Agamben l’ho letto mentre ero in viaggio verso i campi di sterminio in Polonia di Auschwtiz e di Birkenau. Ho trovato subito una attinenza fra ciò che leggevo e ciò che avevo visto nella visita ai campi; quella montagna di scarpe che ad Auschwitz vediamo, dietro le teche, non può che far domandare se quello non sia il punto nefasto di approdo di tutta la filosofia negativa occidentale da Nietzscke in avanti. Il delirio di ‘potenza’ include, inevitabilmente, il ridurre l’uomo, l’uomo comune, a strumento di poche èlite che possiedono tutti gli strumenti della tecnica moderna. Quando l’etica coincide col nulla, quando regna solo la potenza e la forza di un popolo eletto, è inevitabile che l’umanità diventi vittima di una gigantesca macchina, animata dalla impersonale tecnica, e essa si riduca ad essere polvere e strumento per ogni disegno criminale. Il ‘Superuomo’ è, infine, il carnefice insensibile malato e delirante di Birkenau, che riduce l’umanità macilenta nell’ubermenschen tanto teorizzato dal nazismo.

Cosa resta, dopo il sogno nicciano di fare a meno della morale, di non porre limiti all’agire umano, del suo distruggere ogni umanesimo? ‘Una immensa raccolta di merci’, per dirla con l’incipit del Capitale di Marx. L’ ammasso dei vestiti, delle spazzole, delle scarpe, delle valigie, dei capelli, dei colori da scarpe, del vasellame, ci dice che degli scomparsi dei campi di sterminio non resta che la strumentalità del consumo della merce e degli oggetti in sostituzione della sostanza umana. Dalla desolante prospettiva di Auschwtiz non si può che dedurre che della filosofia dialettica, che fondava tutto sulla ragione, non resta che le ceneri dei gasificati, essendo il fatto che il soggetto che doveva conquistare l’oggetto, è in realtà sopraffatto dall’oggetto che inghiotte l’umanità intera riducendola a mera nuvola di polvere.

Questa mostruosa deformazione della società e della civiltà occidentale può essere denunciata solo come il nostro passato? Oppure tutto ciò è in realtà il nostro presente, il nostro novecento che pensavamo ormai alle spalle e, invece, con nostro colpevole stupore, ci compare di nuovo di fronte lasciandoci sgomenti e disarmati. Il fantasma del nichilismo europeo è qui fra noi, radicato e forte, come la cronaca ci indica, e a nulla servono facili esorcismi, pudiche condanne morali.

Le rivolte anti – rom dei quartieri degradati di Roma, con quel gesto vergognoso ma carico di odio di calpestare il pane per impedire che il cibo giunga ad altri, testimonia come dalla guerra fra poveri attecchisca di nuovo le ragioni della cultura strumentale della discriminazione etnica, e sociale, che consente alle destre di separare la società in comunità immaginarie e di teorizzare la disumanità disprezzabile di alcune categorie di persone.

Come combattere tutto ciò, come contrastare il ritorno al nichilismo, al nazionalismo, al sacro in politica, allo stato etnico-religioso? Il pensiero delle destre avanza dentro il vuoto di legittimità dello stato liberale, e questa avanzata è resa agevole dai meccanismi che alimentano quel pensiero stesso. Se lo stato liberale non sa redistribuire il reddito e i frutti della società capitalistica, la destra reazionaria ha facile gioco a conquistare nuovi consensi con la semplice predicazione di uno stato nuovo fondato sulla compattezza della comunità, una comunità fondata sulla sicurezza e sulla certezza della tradizione, tradizione capace di dare ‘protezione’ dentro al mondo globale sempre più poco dominabile nelle sue dinamiche principali e nei suoi effetti sociali espressi.

E’ inutile contrapporre a questo fenomeno sopra descritto la semplice riproposizione dell’ordine liberale, visto che il razionalismo formalistico del diritto liberale, da Kelsen in avanti, dovrebbe ben sapere che può essere sgominato e sconvolto se si afferma una diversa concezione dello stato, fondato esso sulle forze della tradizione, della volontà di potenza  e della compattezza etnica della ‘comunità immaginaria’.

Resta, dunque, solo il pensiero ‘storico’, ovvero il pensiero dialettico, quello posto da parte dopo le disavventure del socialismo reale, per provare a porre argine alla avanzata politica del sacro e dell’irrazionalismo europeo. Come può farlo? Proverò a dare una risposta che è certamente ardita. Ritengo sia possibile ridare legittimità allo stato se esso si democratizza sempre più e se esso è ispirato e ‘tenuto insieme’ da una cultura diffusa fra tutti i cittadini, da una ‘religione civile’, come quella richiamata dalla tradizione resistenziale, che spinge l’ intero corpo sociale a dare consenso allo stato democratico. Come giustamente aveva già compreso Kant, e dopo di lui teorizzato Hegel, lo stato non può reggersi sulla strategia dello ‘svuotamento’ di hobbesiana memoria, dove i cittadini non si occupano mai della vita statale e oltremodo non fuoriescono dalle loro esigenze degli affari privati, ma che l’ essere umano tende comunque, anche in un mondo secolarizzato, all’assoluto.

L’ esigenza di assoluto, appunto, deve essere posta dal pensiero razionale al centro della propria riflessione sullo stato e per ricostruire lo stato delegittimato oggi, pena lasciare questa importante istanza umana alla mercé di chi vuole distruggere la democrazia per sostituirla con lo strumento che ha generato i fantasmi del passato. Questo il nostro dovere, questo il nostro impegno.

Alessandria 14-04-2019

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