Grandi opere inutili. A chi interessa estremizzare?

​Oggi ricorre il 16/o anniversario degli scontri a Venaus nel cantiere del primo progetto della Torino-Lione, poi modificato, e in valle di Susa è da tempo in programma una marcia, da Borgone di Susa a San Didero, alla quale hanno partecipato bene in vista  anche amministratori pubblici. Una massa di popolo non indifferente (anche date le pessime condizioni atmosferiche) è arrivata in treno o in auto, senza nessun problema o blocco, alla stazione di Borgone e poi alla locale scuola, dove si è ascoltato un primo importante contributo. Si è trattato di una laureanda alla facoltà di Architettura di Torino che ha elencato, per l’ennesima volta i ritardi e le debolezze del progetto. Dalla definizione di una linea con troppe strettoie e in vicinanza stretta di centri abitati, alle difficoltà di carattere logistico, fino ai problemi riguardanti lo smarino e gli interventi in galleria. Così come un secondo momento , finale, ha riguardato i cinque anni oltre le previsioni di chiusura dell’opera di cui non si prevede l’ultimazione almeno nei prossimi quindici. Le recenti questioni riguardanti irregolarità nelle partecipazioni ai bandi di gara o, semplicemente, l’assenza di concorrenti alle stesse, stanno procrastinando – inoltre –  i  tempi e le modalità di attuazione. A questo aggiungiamo i ritardi nel tratto francese ed i problemi legati alla parte in pianura appena prima di Torino, con allacciamenti e intersezioni tutte da inventare. Basterebbe questo per capire che i tempi sono maturi per una revisione radicale dell’intervento, motivata – oggi – anche dal ripristino di più linee veloci da e per la Francia sulla tratta attuale (solo da rimodernare e raddoppiare in qualche tratto) e, soprattutto, dalla mutata situazione del traffico tradizionale pesante su gomma. Stimato dallo stesso ANAI in un 45 per cento in meno rispetto al 2017 (dati 2020) per il semplice motivo che, sia per ragioni economiche che logistiche, i “tir” e i mezzi pesanti in genere utilizzano molto meno le valli torinesi per i trasporti da e per la Francia. Basterebbe questo, appunto…. Invece no…  Fanno comodo le manifestazioni violente, stile anni Novanta con il centro “askatusuna” a far da portabandiera ad un “contrasto” che non ha più ragion d’essere. Essendo ormai chiaro che le stesse carte amministrative, le mancate autorizzazioni, i flop ripetuti di bandi mal formulati e peggio gestiti, avrebbero fatto svanire speculazioni e furbizie da troppo tempo tollerate. E allora reinventiamoci il muro contro muro, quello che fa dire all’esponente della Lega Riccardo Molinari “A seguito degli scontri in Val Susa necessita una maggiore presenza delle forze dell’ordine”. Il tutto in poche ore, come se tutto fosse preordinato. Fatti, articoli pungenti e di parte, ripresi e ben interpretati per fini diversi da politici di pocchi scrupoli.
Bene hanno fatto Sindaci, amministratori, responsabili di associazioni, semplici cittadini , ad andare per la loro strada e a condurre a termine senza il minimo problema una marcia di circa cinquemila partecipanti fra Borgone e San Didero. Con due riflessioni pacate ad inizio e a fine manifestazione che hanno stigmatizzato ciò che tutti sanno, non solo nelle sedi ambientaliste ma anche negli organi di governo più avveduti e nella Confindustria stessa.
Per cui fa sorridere che oltranzisti “notav” siano andati ancora all’attacco del cantiere sopra San Didero, dopo le pietre e le bombe carta lanciate nella stessa mattinata dell’8 dicembre. Una incomprensibile e assolutamente non prevista fiammata di chi vuol fare un favore a faccendieri e politici male informati, rischiando di rovinare una marcia assolutamente pacifica, ben organizzata e ben condotta.  Infatti, mentre gran parte dei manifestati partiti da Borgone stava tornando a casa, sono scoppiati disordini a San Didero, vicino al cantiere del nuovo autoporto.
Giusto a titolo informativo: un gruppo di oltranzisti (e politicamente ambigui) pseudo “notav” muniti di protezioni di plexiglass e corde hanno tentato di tirare giù le concertine delle recinzioni del cantiere. Le forze dell’ordine per allontanare i più facinorosi hanno usato gli idranti e al lancio di pietre da parte di un gruppo di incappucciati ha risposto con i lacrimogeni.
In sostanza si è trattato della riproposizione delle tensioni di ieri notte sempre a San Didero, dove un gruppo di “notav” appartenenti all’ala più oltranzista (e politicamente ambigua) del movimento ha lanciato pietre, bombe carta e razzi contro le forze dell’ordine presenti nel cantiere per il nuovo autoporto di Susa. Anche in quel caso i manifestanti (totalmente avulsi dall’organizzazione della manifestazione ufficiale di oggi),  sono stati respinti a più riprese con idranti e lacrimogeni. Un carabiniere è rimasto ferito a un fianco da una pietra con una prognosi  di una settimana. Secondo gli investigatori provenienti anche da altre città e coordinati da Askatasuna, centro sociale torinese.
“Askatasuna” per la cronaca riporta al periodo più buio della lotta dell’ETA (Euzkadi Ta Askatasuna, appunto) contro il regime di Francisco Franco in Spagna e per il separatismo / indipendentismo, poi, delle province basche del nord della penisola iberica. In sostanza il termine “askatasuna” è traducibile con “popolo basco” contraddicendone l’accortezza e la filosofia politica, sostanzialmente pacifista, assolutamente non nichilista e fascistoide. Un servizio a chi da sempre ha il potere negli appalti, nelle colate di cemento, nelle falsificazioni di progetti e gare che non può che rallegrarsi della semplificazione degli attori in campo: da una parte i buoni che, falsamente ispirandosi a Robin Hood o a Emiliano Zapata, pensano di risolvere i problemi con gli attacchi ai cantieri e alla polizia, dall’altra tutti gli altri, cattivi, conniventi, faccendieri, semplici persone che cercano di capire cosa sta succedendo, amministratori, lavoratori, sindacalisti, giornalisti…. tutti accomunati da una sotterranea volontà di arrivare a portare a termine la TAV (Treno ad Alta Velocità) tra Francia e Italia (nel quadro del corridio LIsbona-Kiev), la “summa” di tutti i mali. Anzi l’unico vero male, per molti di questi facinorosi ambigui, che non riescono a contestualizzare il particolare progetto nell’insieme della politica trasportistica nazionale e, più generale, facendone un “unicum” che va poi a oscurare tutte le altre questioni delicate a carattere economico, sanitario, istituzionale e lavorativo. Insomma, un clamoroso servizio a chi stava leccandosi le ferite in un angolo ed ora può tornare a ringhiare.

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