La guerra in Ucraina e l’Occidente liberale

Dopo un mese di guerra in Ucraina mi pare chiaro che all’interno della sinistra europea si sono formati due schieramenti ben individuabili e difficilmente riconciliabili fra loro. Certamente vi sono fra i due poli estremi posizioni intermedie e sfumate, ma nella sostanza la contrapposizione resta. In breve di che si tratta: da un lato vi è chi sostiene che l’Occidente sta difendendo, prendendo parte nel conflitto in corso, i valori della democrazia e della libertà mentre sul fronte opposto vi sono le dittature oscurantiste, dall’altra vi sono coloro che sostengono che l’Occidente non è il vero portatore dei valori di libertà che professa, e che la guerra, semmai, tende a restringere gli spazi di libertà anche all’interno delle nostre democrazie già in crisi da tempo. Il sottoscritto ritiene che le cose importanti da dire in merito alle varie posizioni siano queste, che rapidamente vado ad esporre. Non ricordo più su quale libro di storia io abbia letto un racconto esemplare vergato da uno scrittore del tardo medioevo, posto a inizio del capitolo del volume che illustrava la fase delle guerre fra i principati italiani, combattute in prevalenza da soldati di ventura; la breve novella raccontava dell’incontro su un sentiero boschivo tra un frate e un masnadiero a cavallo, il frate benedisse il soldato augurandogli la pace e questo piccato rispose con vari improperi; stupitosi di ciò il fraticello chiese all’armato il motivo di tale ostilità, e il milite per tutta risposta proferì questo motto lapidario, ‘ Come tu campi di pace io campo di guerra’. Possiamo così rileggere il significato di questo antico aneddoto; in questo tempo così incerto non vi è nulla di più sicuro del fatto che le forze progressiste e della sinistra del movimento operaio sono forti nella pace e da essa traggono alimento e la propria ragione di esistenza, oltre che un metodo; viceversa le forze nazionaliste, oscurantiste e fasciste campano di guerra e alimentano il clima di conflitto con la propaganda e lo sforzo bellico attivo. Mi pare chiaro che schierarsi per la pace e attivarsi perché si scongiuri una terza guerra mondiale e si costruisca una politica di coesistenza internazionale, deve caratterizzare tutto il campo progressista, dai marxisti e comunisti, fino ai liberal socialisti e ai liberali di sinistra. La posizione da interventismo democratico alla americana presa dal PD di Letta porta l’acqua al mulino delle forze reazionarie e limita le risorse della propria fazione, non è necessario un fine tattico o uno statista per comprenderlo.

Dunque serve una politica di pace. Quale? Per individuarla non si può partire dall’interesse limitato, pur immediato e legittimo del popolo ucraino, ma dobbiamo allargare l’orizzonte e prendere sotto analisi gli interessi dell’intera umanità, e senza questa doverosa ricognizione non si possono riconoscere e difendere gli interessi del popolo ucraino ne di altri. Ovvero non si può commettere l’errore di cercare di infilare una scatola grande, ( l’universale), dentro ad una piccola, ( il particolare). A mio avviso, l’interesse dell’oggi generale dell’umanità è evitare un conflitto mondiale,  che sarebbe giustificato da non solidissime motivazioni ideali e che avrebbe esito incerto e immensamente distruttivo per ogni parte in conflitto, distruttivo per l’umanità. Per evitare questo disastroso conflitto è necessario ricostruire un vero ordine mondiale, che non sia basato su sfere di influenza, sulla legge del più forte, sul predominio unipolare di alcuno, e , se ci pensiamo bene, usciti dalla guerra fredda, mancando di responsabilità gli USA, non hanno ricomposto un qualche sistema mondiale con un briciolo di regole sancite da un diritto internazionale, ma hanno imposto il loro ruolo di unico di gendarme mondiale annullando ogni ruolo che le Nazioni Unite potessero esercitare. Il risultato è il caos mondiale e la legge del più forte esercitata da tutti. E’ chiaro che su questo piano inclinato la guerra generale di tutti contro tutti è la logica conseguenza di determinate premesse. Eppure una politica di equilibrio e di legalità era stata implementata in parte in Europa con l’accordo USA – Russia proprio sullo status dell’Ucraina nel 94’, dunque una altra politica, contrapposta al semplice avanzare della Nato ad Est era possibile! Ma come sappiamo, si è percorsa altra strada e adesso siamo qua con una guerra che rischia ad ogni momento di diventare da regionale a globale.

Infine, stiamo combattendo per i valori liberali e democratici? Prima di tutto va chiarito per quale forma di democrazia combattiamo, ed è fuori di dubbio, se si leggono i commentatori che hanno parlato di difesa dei valori Occidentali, che questa democrazia nostra ha come pilastri, su cui essa poggia, l’affermazione del libero mercato, la centralità dell’individuo e della sua attività privata, la libertà di espressione. Restano fuori dai valori democratici la giustizia sociale, la difesa del lavoro e la centralità del conflitto capitale – lavoro. In sostanza la democrazia sopra descritta non può che ritornare al riferimento degli statuti del liberalismo dello 800’ e rinuncia alle novità avanzate dentro il nuovo costituzionalismo che si afferma pienamente solo dopo il 45’. Se dobbiamo combattere una nuova guerra generale, perché di questo si tratta, contro nemici che vengono descritti come totalitari, sprezzanti dei valori della libertà dell’individuo, favorevoli alla commistione fra potere politico e potere religioso, allora potevamo e dovevamo scegliere un terreno di lotta più avanzato e non una deludente e poco convincente riproposizione dei vecchi valori delle carte costituzionali liberali. Senza aggiungere la considerazione, dimenticata dai più in questi giorni, che il nemico della democrazia, il pensiero totalitario e autoritario, pare già ben penetrato nelle nostre mura. Diversamente, come valutare i fatti che accadono in Polonia, in Ungheria, in Turchia, la degenerazione confessionale della politica di Israele, il crescente bonapartismo che ha infettato le pratiche democratiche di ogni paese della Europa occidentale, e infine, la crisi della democrazia Americana che dopo Trump è sotto gli occhi di tutti. Dunque per che cosa combattiamo, o chiediamo ad altri di combattere per noi?

Se questa domanda ha un senso, viene naturale chiedersi non cosa vuole Putin, su questo ogni opinionista ci relaziona ogni giorno in TV, ma cosa vogliamo fare noi dell’Occidente. Ovvero vogliamo un mondo dominato dallo stile di vita americano, dai suoi valori, e dunque, dal suo potere generale e militare sul mondo, oppure ricerchiamo un equilibrio generale in cui si affermi un diritto internazionale che non corrisponda solo al prevalere del più forte. Se scegliamo la prima opzione, allora ne deriva che non accettiamo nessuna coabitazione fra il nostro mondo e quello che è esterno a noi, ovvero con il mondo russo e quello cinese, e ci prepariamo ad un inevitabile conflitto generale. Se scegliamo la seconda strada, significa che possiamo e dobbiamo fermare le aggressioni alle nazioni più fragili, ma che questo compito non può essere assolto solo dal riarmo degli eserciti, ma sarà possibile assolverlo solo se l’Occidente accetterà una visione plurale, molti dicono multipolare, per la gestione dell’ordine internazionale al fine di far sentire in termini generali la responsabilità della difesa della pace nel mondo. Ecco il bivio politico, morale se mi è consentito, di fronte al quale siamo posti, lo si voglia o no; e questo è un dilemma che non può essere sciolto consegnandosi a facili retoriche ideologiche e propagandistiche. Avremo la lucidità morale necessaria in sintonia con la gravità dei problemi? Per quel che compete singolarmente ad ognuno, solo nostra sarà la responsabilità e il dovere di una risposta.

Alessandria 05-05-22                                              Filippo Orlando

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