La statua di Montanelli

“Razzista, stupratore”, sono le due parole scritte in nero sul basamento della statua dedicata a Indro Montanelli, stuprata e insanguinata  di vernice rossa dagli stessi che queste azioni condannano.

Parrebbe inutile sottolineare quanto questo gesto – e i molti che stanno violentemente fiorendo – siano nuovamente l’evidenza del nostro irrisolto passato, ma soprattutto della continua carneficina che facciamo della nostra sempre più dimenticata dignità umana.

Mettere fuori il nemico è sempre la cosa più facile, evitando così il testo, il pretesto e il contesto che ogni azione umana porta con sè.

Come scriveva tempo fa Claudio Magris, trascinare il ferito fuori dal campo di battaglia è la sola azione degna che possiamo fare, insieme salvarci guardando indietro, come lo sguardo dell’Angelus Novus di  Klee indica .

Siamo tutti dei poveri diavoli, ognuno porta il peso delle proprie azioni e non sempre sono onorevoli, ma è proprio dalla presa di coscienza del nostro passato che possiamo disegnarlo meglio – e insieme –  il prossimo passo.

Una donna “stuprata e violentata”, dopo molta vita trascorsa da quel passato, non chiamerebbe mai l’ultimo dei suoi figli col nome del suo stupratore, così come invece Destà ( questo è il nome della sposa bambina eritrea di Montanelli ) fece.   Il perdono è così difficile perchè non dimentica, il corpo del nemico pesa addosso, ma non è buttandolo dietro le spalle che ci  libera, è  sopportarne il peso che alleggerisce il nostro passo.

La furia iconoclasta che ha nuovamente colpito – non solo la statua di Montanelli – sono le misere viscere della massa che urlano senza alcun raccordo nè con la testa, nè tanto meno con il cuore.

E’ di misericordia che dobbiamo e possiamo parlare, rinnovando dentro di noi quel sentimento forte e tenero che sa accogliere senza giudicare  ogni errore frutto del “non sapere quello che fai”, e nello stesso tempo riavviando quel sentimento coraggioso che sa denunciare l’imbecillità degli sguardi ciechi che fanno una massa allineata al peggio e non una società che vuole procedere civilmente sapendo che ogni cosa è illuminata se solo lo sarà anche il personale sguardo.

Montanelli non ha mai rinnegato il proprio passato, questa è la forza coraggiosa di chi sa cosa significa trasformarsi, e il coraggio di ogni uomo e donna che si muovono in questo cammino, lo si ritrova nella luce dei loro occhi, nella pietosa delicatezza del loro tocco su ogni altro essere, ben sapendo che a volte anche l’amore richiede spietatezza, ma mai abuso e violenza.

Avere un’idea, coltivare un’ideale significa saper dialogare, non solo dentro le legioni di noi stessi, ma soprattutto con quelle forze intolleranti che s’incarnano quotidianamente per distruggere chi vuole edificare il nuovo.

E’ con le rovine che dobbiamo ricostruire, contenendo senza distruggere quel che oggi vediamo dover essere trasformato.

E’ insita in noi umani la forza distruttrice, dai sigilli dei faraoni alle statue del Buddha, dalle icone bizantine alle croci cristiane, dai falò di libri alla distruzione dell’educazione e della Cultura, un continuo far cenere di noi stessi, dimenticando che vivere significa essere un cammino pacificato, dentro e fuori di noi, imparando a trasformare senza distruggere.

…solo fu arrestata la crescente rovina…un piccolo giardino vi fu aggiunto, che s’è aggruppato e consolidato intorno ai muri amabilmente. La mia più bella  sorpresa fu trovare all’interno – del maniero – una delle stufe paesane in steatite del 1656, soffitti in legno della stessa epoca, e persino tavole, cassepanche e seggiole ben lavorate e bellamente stagionate, le quali anche tutte recano negl’intagli gloriose date del secolo decimosettimo. Questo sarebbe in ogni caso molto per un uomo che sa trapiantare in sè, come a me è riuscito sin dall’infanzia, così intensamente la sopravvivenza e tradizione delle cose..quelle figure su cui da bambini le prime volte si fu presi dalla vastità e apertura e dal gusto del mondo. Quanto bello s’adagerebbe ( penso ora )  quanto tutto giustamente tutto questo nel vostro sguardo ! “

Ecco come il Poeta Rilke ci aiuta a far fiorire il passato, distinguendo certo il buono e il cattivo o meglio sarebbe dire, il compiuto e l’incompiuto ( questo è il significato dell’albero nel Paradiso terrestre ) , perchè è l’incompiuto che ha necessità di noi, quali cooperatori alla creazione dell’avventura a cui la Vita ogni giorno chiama.

di Patrizia Gioia

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*