L’alluvione che verrà (*)

Per ricordare i problemi idraulici di Alessandria, non ancora completamente risolti, ripubblichiamo l’articolo del   professor Soro  già pubblicato sul vecchio sito il 23/04/2017 .

“Il fatto che dagli stessi antecedenti seguano le stesse conseguenze è una dottrina metafisica. Nessuno può negarlo. Ma non è molto utile nel mondo in cui viviamo, ove non si verificano mai gli stessi antecedenti e nulla accade identico a sé stesso due volte.” James Clerk Maxwell, citato in Angelo Vulpiani, “Previsioni dal passato: un vecchio problema da un punto di vista moderno”, Convegno MAXXI, 19 dicembre 2012

Premessa. In “Il miracolo di S. Baudolino”, un pamphlet stampato nel mese di gennaio del 1989 in sole 1600 copie tutte numerate e autenticate dal Sindacato FISAC-CGIL, Umberto Eco sostiene che «La pianura alessandrina non è teatro di tornados tropicali. Semplicemente vi scarnebbia» (corsivo nell’originale) ([1]). Stante la relativa rarità degli eventi alluvionali che hanno colpito la nostra provincia ([2]) , egli non avrebbe certamente mai immaginato di poter essere smentito solo cinque anni dopo dall’alluvione che nel novembre del 1994 ha provocato numerose vittime e ingenti danni su tutto il territorio piemontese e che ha riversato nelle case di ampie zone di Alessandria tre metri di acqua mista a fango. ([3])

Non si è trattato certo di un «tornado tropicale», ma nemmeno di una «semplice scarnebbia», bensì di un ciclone che in soli quattro giorni, dalla notte del 3 a quella del 5 novembre ha scaricato, in particolare sull’intero bacino del Tanaro, quantitativi di pioggia classificati dall’ARPA Piemonte 3 “eccezionali per intensità ed estensione areale delle piogge”. ([4])

Il permanere di fantasiose «bufale», come quella di chi ritiene che la città di Alessandria sarebbe oggi ancor meno sicura di allora dalle esondazioni dei fiumi, e la «leggenda metropolitana» di chi fa risalire la causa di tutto ciò all’apertura di fantomatiche quanto inesistenti dighe, fanno sì che, a ventidue anni da quell’evento, valga forse la pena di avere le idee un po’ più chiare.

Non basandoci tuttavia sui «si dice», sui «mormorii» o, peggio ancora, sull’ascolto di avventate affermazioni di qualche fanatico, quanto piuttosto sulla base della documentazione minuziosamente raccolta in tutti questi anni da due benefiche Associazioni di volontariato: il «Museo del Fiume» (che nel frattempo ha cessato le attività) e «Orti Sicuro», tutt’ora attiva.

Quest’ultima Associazione, tra l’altro, mette gratuitamente a disposizione sul suo sito www.orti-sicuro.blogspot.it utili informazioni atte a farsi un’idea sugli eventuali rischi connessi a qualsiasi perturbazione in arrivo. Ciò non solo ai suoi soci, ma a chiunque disponga di un computer o di un tablet. ([5])

Sarebbe sufficiente, pertanto, fare riferimento ai servizi delle ARPA regionali e alla disponibilità delle informazioni oggi esistenti (quanto assenti all’epoca dell’alluvione del 1994) per smentire quanti sostengono, per ciò che attiene all’aspetto delle previsioni, che la sicurezza di Alessandria dalle esondazioni dei fiumi sia inferiore a quella del novembre ‘94.

Quello che in questo scritto ci preme in ogni caso sottolineare è che, come stanno a dimostrare gli eventi sismici di questi mesi, che hanno distrutto vite umane, interi paesi, chiese, monumenti e opere d’arte nell’Italia Centrale ([6]) , per comprendere il grado di sicurezza raggiunto nel caso di eventi calamitosi, ed in particolare nell’eventualità di una prossima (quanto certa alluvione), occorre saper declinare esattamente tre termini: «previsione», «prevenzione» ed «emergenza».

Previsione. Che l’alluvione del 2-6 novembre 1994 non sia stata prevista è un falso storico: esistono prove documentali inconfutabili che la pericolosità della perturbazione in arrivo era stata correttamente prevista, come si evince dalla lettura del paragrafo 1.6. “Previsione dell’evento e monitoraggio” della citata relazione dell’ARPA su “L’evento alluvionale del 2-6 novembre 1994”. ([7])

Inoltre, a pagina 59 di quella stessa relazione si legge che, in base alle previsioni del Servizio Meteorologico dell’aeronautica, “il Bollettino ordinario emesso dalla Sala Situazioni Rischi Naturali il 3 novembre, prevedeva per tutto il periodo di validità (dal 4 al 6 novembre) precipitazioni generalmente di forte intensità sui settori alpini e segnalava in particolare come «su quelli centro meridionali (le nostre zone) le precipitazioni potranno essere di eccezionale intensità»”.

Tale situazione induceva i responsabili del Settore Prevenzione del Rischio Geologico, Meteorologico e Sismico e della Sala Situazioni Rischi Naturali a diffondere alle strutture esecutive e tecniche dell’Amministrazione regionale un bollettino meteorologico straordinario, nel quale, riprendendo i contenuti previsionali, forniva indicazioni sulla possibilità di «dissesti di carattere idrogeologico sull’Appennino ligure-piemontese, e sul settore alpino dalla Valle Tanaro alle Valli di Lanzo che potranno richiedere uno stato di Cartina topografica delle aree invase dalle acque in occasione dell’alluvione del novembre 1994 (gentilmente messa a disposizione dal dottor Tiziano Rosi del Museo del Fiume e di Orti Sicuro) allertamento degli Enti e delle Amministrazioni preposte a funzioni di protezione civile» (corsivi nell’originale). Dall’immagine del Bollettino Meteorologico Straordinario riprodotta nella succitata relazione emerge come esso sia stato emesso alle ore 16.30 di giovedì 3 novembre 1994.

Già dal 2 novembre, quindi, si sapeva dell’arrivo di una perturbazione di particolare intensità. Ci si chiede per quale ragione, visto che la previsione meteorologica fu sostanzialmente corretta, noi cittadini non fossimo stati avvertiti.

La risposta a questa domanda è contenuta a pagina 60 di quello stesso documento: “Sostanzialmente per la carenza di strumentazioni adeguate e dei conseguenti ruoli operativi”. In altri termini perché, in assenza dell’attuale rete di internet, le informazioni viaggiavano per telefono e via fax, ma soprattutto perché non esisteva ancora né la «cultura delle previsioni meteo» (la scienza delle previsioni atmosferiche su internet stava muovendo allora i primi passi), né tanto meno quella «dell’organizzazione» atta alla sistematica diffusione delle informazioni. Quanto all’attuale capacità previsionale, e quindi alla situazione della nostra sicurezza, sempre a pagina 60 della citata relazione dell’ARPA si legge: “Il bacino del Tanaro è oggi un modello unico ed all’avanguardia, da portare ad esempio sia organizzativo che metodologico. Al suo interno si contano 52 stazioni meteorologiche, di varia configurazione, dalle semplici stazioni termopluviometriche alle stazioni di rilevamento complete, (…) 18 stazioni idrometriche (lungo l’asta principale e sui suoi affluenti più estesi Stura di Demonte, Borbore, Belbo, Bormida o più problematici per situazioni locali, Talloria, Cherasca), afferenti ad 8 centri locali di monitoraggio”. “L’obiettivo – conclude la relazione – è quello di fornire, tramite la conoscenza dei fenomeni e la diffusione della stessa, un contributo decisivo alle azioni di prevenzione dei danni in particolare riferiti alla salvaguardia della vita e delle attività umane”.

Pertanto, chiunque sostenga che la situazione in termini previsionali sia oggi peggiore rispetto a quella del novembre 1994 è avulso dalla realtà in cui vive.

Prevenzione. Nella precisa consapevolezza che la sicurezza assoluta non esiste, e premesso che esisterà sempre qualcuno in grado di sostenere che “si poteva fare di meglio”, vi sono buone ragioni per ritenere anche che un evento simile a quello dell’alluvione del novembre 1994 non potrà più accadere, quanto meno nelle medesime condizioni di allora.

Prendendo a prestito un’espressione in uso alle scienze cosiddette «esatte», se consideriamo le condizioni al contorno, esse non sono in alcun modo più le stesse. Sorvoliamo pure sulla dinamica dei fatti che, a distanza di ventidue anni, si presume essere ormai nota. ([8])

Ad uso degli smemorati gioverà tuttavia riportare la parte più significativa della “Ricostruzione dell’evento alessandrino” fatta dal prof. ing. Paolo Ferraris, della sede di Alessandria del Politecnico di Torino. “Fino a circa le ore 12 di domenica 6 novembre – si legge in quella relazione – il sostanziale sbarramento costituito dal ponte ferroviario a monte della città, occluso da alberi e detriti, ha provocato la formazione di un enorme bacino, delimitato a valle dal ponte stesso e dal rilevato della ferrovia Al-To per circa 8 km. Alle 12 circa di domenica 6 novembre, l’acqua ha cominciato a tracimare dal rilevato della ferrovia; alle ore 12,30 circa ne ha ceduto per erosione un tratto di circa 300 m., provocando una violenta fase di svuotamento del bacino artificiale indicato sulla mappa; ovvero sostanzialmente vi è stato un effetto diga; ora ci si può rendere conto del fatto che la popolazione parlando di «effetto diga» aveva formulato un’ipotesi sostanzialmente corretta, salvo per il fatto che la diga non era una diga montana, ma localizzata a circa 500 metri dal centro di Alessandria. Il cedimento del rilevato ferroviario, sostanzialmente in due zone, ha determinato due violenti fiotti d’acqua verso quote più basse che hanno originato, come evidenzia l’esame delle linee di livello, un vero e proprio fiume parallelo. Questo fiume ha avuto un corso che ha innanzitutto invaso Bivio S. Michele e ha poi proseguito la sua violenta azione attraversando sostanzialmente il Tanaro in modo trasversale; cioè il Tanaro a livello della esondazione della città ha avuto un ruolo marginale”. ( [9] )

Tutto questo è confermato da un attento esame delle linee di livello: se si traccia una qualsiasi linea ortogonale al Tanaro si trova regolarmente sulla sponda sinistra un livello d’acqua più alto che nel fiume e che sulla sponda destra. Vuol dire che il «fiume alternativo» ha attraversato il Tanaro in modo diagonale; questo sia a sinistra che a destra della Cittadella arrivando ad invadere la città con violenza dovuta al fatto che tale fiume (otturato) era originato da un bacino con un livello molto più alto.

Si è verificato un vero e proprio stramazzo d’acqua che ha portato a creare il «fiume parallelo» invadendo, con violenza, le zone cittadine e anche le zone periferiche degli Orti”. Qualche utile riferimento storico-normativo.

Per il tratto a valle di Asti e fino ad Alessandria, il cosiddetto PS-45 ([10]) dell’Autorità di Bacino del Fiume Po (in seguito indicata come AdB-Po) prescriveva “la realizzazione di arginature a difesa degli abitati, il mantenimento della massima capacità di espansione nelle aree golenali e la realizzazione di una cassa di espansione a difesa di Alessandria”. Precisando inoltre che, “nel tratto che attraversa la città (di Alessandria) la sezione d’alveo è molto ristretta per la presenza di ponti con numerose pile in alveo e fabbricati a ridosso delle sponde; (essa) presenta di conseguenza una capacità di portata estremamente contenuta”. Il PS-45 disponeva pertanto che il potenziamento della capacità di deflusso del tratto urbano dovesse avvenire “tramite: i) adeguamento delle luci dei ponti con limitazione delle pile in alveo e massimo ampliamento per il ponte di valle; ii) adeguamento dei muri arginali e spondali del tratto cittadino e massimo arretramento delle sponde”. In ottemperanza a quelle disposizioni normative – che, con la successiva approvazione del PAI con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24 maggio 2001, e con l’avvenuta pubblicazione sul n. 183 della Gazzetta Ufficiale dell’8 agosto, sono diventate a tutti gli effetti legge dello Stato –, la Prefettura di Alessandria, il 7 febbraio 1996, informava l’Amministrazione comunale che il Comitato Istituzionale dell’AdBPo aveva appena “approvato un primo stralcio degli interventi prioritari individuando tra i manufatti inadeguati ed a maggiore criticità sul fiume Tanaro e nell’ambito del territorio del comune di Alessandria i seguenti: i) ponte Alessandria Orti; ponte FF.SS; Ponte ANAS-Cittadella”.

Nella riunione tenutasi presso la Prefettura di Alessandria il 3 settembre 1996 si prendeva atto che, d’intesa tra gli Enti competenti, il rifacimento dei ponti sul Fiume Tanaro avrebbe dovuto riguardare: “il ponte della ferrovia con arcate di 25 metri, il ponte Tiziano con 4 campate di 50 metri, il ponte della Cittadella con 4 campate di 50 metri e il ponte Orti con una campata centrale di 100 metri e due campate laterali di 60 metri” ([11]).

Il 17 aprile dell’anno successivo (1997) il Comitato istituzionale dell’AdB-Po approvava la portata di riferimento di 3.800 m3 /sec valida per la progettazione delle opere per la messa in sicurezza lungo il tratto d’alveo del Tanaro nella città di Alessandria, ([12]) e il 7 agosto di quello stesso anno (1997) il Gruppo di lavoro della Conferenza dei Servizi della Regione Piemonte approvava ed autorizzava gli interventi di demolizione e ricostruzione del ponte della ferrovia in conformità alle prescrizioni normative. ([13])

Tra il 1997 e il 2001 l’Amministrazione comunale di Alessandria, con il contributo finanziario della Regione Piemonte, provvedeva alla costruzione del nuovo ponte Tiziano, fortemente voluto dall’allora Prefetto di Alessandria Vincenzo Gallitto, in quanto “funzionale all’adeguamento del ponte della Cittadella”.

Avendo inoltre preso atto che “i tratti in rilevato della tangenziale hanno le caratteristiche di un argine fluviale”, la Conferenza dei Servizi approvava ed autorizzava, nella seduta del 10 novembre 1997, il progetto del 1° stralcio del III lotto della tangenziale, ossia il tratto che va dal Platano di Napoleone al nuovo ponte Forlanini.

Il 24 luglio del 1998, infine, il Comitato Istituzionale dell’AdB-Po approvava il “Piano Stralcio delle Fasce Fluviali”, provvedimento con il quale sono state individuate le tre fasce previste per il deflusso delle acque del Tanaro, dettando nel contempo le norme e i criteri di urbanizzazione all’interno delle stesse e precisando che le disposizioni contenute in quelle norme rivestivano “carattere immediatamente vincolante per Amministrazioni ed enti pubblici”. ([14])

A questo punto, e una volta definitivamente conclusasi con l’inaugurazione del nuovo ponte Meier la lunga querelle che ha portato alla demolizione del ponte della Cittadella, l’attraversamento del Tanaro in direzione Asti-Casale-Valenza è assicurato da ben quattro ponti (oltre a quello della ferrovia), in luogo dei due che esistevano prima dell’alluvione del novembre 1994.

Se poi si considerano gli interventi realizzati sul bacino del fiume Tanaro dall’Agenzia Interregionale per il fiume Po (AIPo), ([15]) interventi illustrati a Torino in occasione del ventennale anniversario dell’alluvione in Piemonte, ([16]) non può esservi più alcun dubbio, non solo che la prossima alluvione, al pari di quella di fine novembre 2016, non potrà ripetersi nelle medesime condizioni del novembre 1994, ma che la città di Alessandria sia oggi più sicura rispetto ad allora.

Ma quanto è più sicura? Per rispondere a questa domanda vale forse la pena di rifarsi a due documenti dell’AIPo. Nel primo, il comunicato dell’AIPO n. 42 del 2 dicembre 2009 recante il titolo “Risultati delle prove sperimentali a fondo fisso sul modello fisico del Tanaro – Tratto cittadino di Alessandria”, sono riportate alcune «riflessioni generali» suggerite dai “risultati emersi durante la prima serie di prove a fondo fisso” effettuate sulla base del modello fisico del Fiume Tanaro, appositamente fatto realizzare dall’AIPo a Boretto (RE).

Cartina topografica delle fasce fluviali nel nodo idraulico di Alessandria. (Legenda: la linea con il tratteggio minuscolo delimita la fascia A; quella con il tratteggio più marcato delimita la fascia B, protetta dalle arginature; quella con il tratteggio evidenziato delimita la fascia C, di inondazione nel caso di un evento catastrofico) link (**). ([17])

Stando ai risultati di quelle prove, è questa la prima riflessione, la rimozione del ponte della Cittadella avrebbe comportato il “miglioramento delle condizioni di deflusso nel tratto a monte (…) stimato nell’ordine di 465 m3 /s”. La seconda riguarda invece l’utilità degli interventi effettuati dopo l’alluvione del 1994. Posto che la portata con tempo di ritorno duecentennale nel tratto alessandrino del Tanaro, “recentemente determinata nell’ambito degli studi effettuati dall’Università degli Studi di Genova e condivisa ormai anche dall’Autorità di bacino sia pari a 3.500 m3 /s (correggendo pertanto al ribasso di 300 m3 /s la precedente portata di progetto stabilita dall’AdB-Po), dopo la rimozione del ponte Cittadella ‘le piene più temibili del Tanaro’ dovrebbero rimanere “contenute entro le difese arginali” (corsivo nell’originale).

Dalle prove del modello a fondo fisso sarebbe inoltre emersa la necessità di effettuare qualche adeguamento delle arginature a “difesa del quartiere Orti e dell’argine a monte del ponte della tangenziale” (interventi che nel frattempo sono stati effettuati).

Per quanto concerne invece il giudizio più generale sulle difese spondali nel tratto compreso tra il ponte della ferrovia e il ponte Cittadella, si afferma testualmente che esse sono “attualmente sufficienti a consentire il deflusso della corrente in condizioni di sicurezza (piena 3.500) con franco minimo” (corsivo nell’originale). Nulla invece si sa, tranne le poche righe contenute nel Comunicato stampa dell’AIPo del 21 febbraio 2011, circa i risultati delle sperimentazioni del modello a fondo mobile salvo il fatto che essi sarebbero “stati utilizzati per il dimensionamento definitivo delle opere di messa in sicurezza del nodo idraulico di Alessandria” (sottolineatura nell’originale).

Pertanto, con l’ultimazione dei “Lavori di completamento della messa in sicurezza del nodo idraulico di Alessandria. Lotto Tanaro e chiavica Rio Loreto”, messi in cantiere a seguito dell’evento alluvionale del 28-29 aprile 2009, ([18]) a seguito del quale, tra l’altro, è stata assunta la decisione di abbattere il ponte della Cittadella, illustrati nella presentazione dell’AIPo datata 15 settembre 2012, i lavori per la messa in sicurezza della città dalle esondazioni dei fiumi parrebbero terminati. In sintesi, dopo la rimozione del ponte della Cittadella, la conclusione dei lavori di cui sopra, ultimati nell’agosto 2015 e seguiti dalla formale inaugurazione degli impianti di pompaggio della chiavica di Rio Loreto il 27 novembre 2015, nonché la recente inaugurazione del ponte Meier, la sicurezza del nodo idraulico di Alessandria potrebbe considerarsi completata.

Tant’e vero che, se da un lato l’esito del recente evento alluvionale di fine novembre starebbe a confermare questi risultati – dal momento che le due piene contestuali del Bormida e del Tanaro sono transitate apparentemente senza danni contenute nelle arginature -, dall’altro è nostra ferma convinzione che la permanenza dello sbarramento rappresentato dalla soglia sotto il ponte Meier rappresenti un rischio non irrilevante.

La sicurezza del nodo idraulico cittadino potrebbe infatti essere ulteriormente incrementata con la realizzazione di quel sistema di casse di laminazione ipotizzato in un altro documento dell’AIPo illustrato in occasione del 12° anniversario dell’alluvione presso il Municipio di Alessandria.

In quel documento, approntato nell’ipotesi in cui si fosse addivenuti alla decisione di non abbattere il ponte della Cittadella, ([19]) veniva ravvisata l’opportunità di effettuare i seguenti interventi: 1) l’abbassamento di 3 metri della plateazione del Ponte della Cittadella e la relativa sistemazione del tratto a monte del ponte fino al Ponte della Ferrovia; 2) la ricalibratura dell’alveo nel tratto compreso tra il Ponte della Cittadella e il Ponte degli Orti (…) riportando l’alveo inciso ad una larghezza di circa 100 metri, caratteristica del Fiume Tanaro nei tratti a monte e a valle di Alessandria; 3) un migliore utilizzo delle aree golenali poste a monte della città; e 4) l’eventuale realizzazione di opere di laminazione della piena, con l’approntamento di un sistema di tre casse di laminazione, nei pressi di Alba, di Asti e di Rocchetta Tanaro. ([20])

Posto che alcuni di questi interventi sono stati realizzati successivamente all’abbattimento del ponte della Cittadella, seppur con gli inevitabili aggiornamenti ed approfondimenti (specie con riguardo alle implicazioni di un eventuale intervento sulla soglia sottostante il Ponte Meier in base ai risultati delle prove sperimentali effettuate nel laboratorio del polo scientifico AIPo di Boretto nel modello a fondo mobile, nonché l’approfondimento dei problemi (e dei costi) connessi alla realizzazione del sistema della casse di laminazione di cui allo studio citato, non v’è dubbio che la sicurezza della città di Alessandria dalle esondazioni dei fiumi potrebbe essere ulteriormente accresciuta.

Emergenza. Infine, l’alluvione piemontese del novembre 1994 ha fatto scuola sia sul piano normativo che su quello delle strutture della Protezione civile.

Dopo soli quattro giorni da quel fatidico 6 novembre, veniva emanato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri “Interventi urgenti a favore delle zone colpite dalle eccezionali avversità atmosferiche e dagli eventi alluvionali nella prima decade del mese di novembre 1994”, al quale ha fatto seguito, il mese successivo, il Decreto Legge 19 dicembre 1994, n. 691 (poi convertito in legge, con modificazioni, il 16 febbraio 1995, n. 35).

In quel provvedimento, che prevedeva “Misure urgenti per la ricostruzione e la ripresa delle attività produttive nelle zone colpite dalle eccezionali avversità atmosferiche e dagli eventi alluvionali nella prima decade del mese di novembre 1994”, veniva autorizzata “la spesa di 900 miliardi di lire per l’anno 1995 e di 1.000 miliardi di lire per l’anno 1996”.

Quanto al Servizio Nazionale della Protezione civile, esso è stato istituito con la legge del 24 febbraio 1992 n. 225 che disciplina il Servizio quale “sistema coordinato di competenze al quale concorrono le amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Provincie, i Comuni e gli altri enti locali, gli enti pubblici, la comunità scientifica, il volontariato, gli ordini e i collegi professionali e ogni altra istituzione, anche privata”. Con la successiva Legge del 9 novembre 2001 n. 401 veniva poi istituito il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile sotto la responsabilità diretta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, struttura intesa quale “braccio operativo nell’affrontare i problemi della tutela delle persone e dei beni del Paese, sottoposti a particolari minacce e pericoli che derivano da condizione di rischio naturale o ambientale”. ([21])

In ultimo, in ottemperanza alle prescrizioni normative contenute nel Piano Stralcio delle Fasce Fluviali, nel dicembre del 2010 (Amministrazione Fabbio, n.d.r.) il Comune di Alessandria ha riformulato le Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale, indicando le prescrizioni normative per gli interventi abitativi che insistono nelle aree incluse nella fascia C del Piano delle Fasce Fluviali.

Giova peraltro rammentare come dal ’94 in poi l’Amministrazione comunale abbia provveduto al rifacimento del sistema fognario (intasato dal fango e dai detriti), alla sistemazione dei viali e controviali nonché all’approntamento dell’area adiacente Viale Milite Ignoto, che ospita attualmente gli “orti per gli anziani”, la Ristorazione Sociale di Alessandria e il Parco Carlo Carrà, divenuto quest’ultimo un autentico polmone verde a disposizione della città.

In conclusione, andrebbe sottolineato come il recente evento alluvionale di fine novembre, fortunatamente risoltosi nei disagi di una evacuazione precauzionale, abbia avuto il merito di rammentare agli abitanti del quartiere, ma soprattutto di palesare agli abitanti di quella parte del centro storico cittadino inclusa nella fascia C del Piano delle Fasce Fluviali (quella che potrebbe essere invasa dalle acque del Tanaro nel caso di un evento catastrofico), che il rischio di esondazione dei fiumi è tutt’altro che trascurabile.

E lo rimarrebbe quand’anche venissero realizzati tutti gli interventi ipotizzati per la messa in sicurezza della città.

A distanza di ventidue anni dagli eventi di quel fatidico novembre ‘94, infatti, il ricordo di quei giorni era andato affievolendosi, sia in ragione della scomparsa, per via dell’età, di molti testimoni oculari, sia perché molti dei nuovi abitanti del quartiere degli Orti (che oggi conta circa 1900 famiglie con oltre quattro mila residenti) sono ignari di quelle vicende e gli altri le hanno rimosse.

Ora che con il completamento dei lavori eseguiti in questi ultimi anni la sicurezza del quartiere Orti parrebbe essere aumentata, ([22]) con le sue due scuole materne; una scuola elementare; i corsi di Studio del Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica dell’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” sede di Alessandria; le attività culturali dell’Associazione Cultura e Sviluppo; la presenza dei campi da calcio e delle strutture parrocchiali ricostruite dopo l’alluvione del ’94; dei punti di ritrovo per anziani; la presenza nel quartiere di due associazioni di volontariato (Orti Sicuro e Passo dopo Passo, l’Associazione di volontariato per la tutela dell’ambiente); di alcuni quotati ristoranti e bar tra i più frequentati, il quartiere degli Orti sta lentamente tornando alla sua abituale quiete paesana.

In attesa, dopo quella appena scampata, dell’alluvione che verrà.

Bruno Soro

23/04/2017 22:19:42

NOTE

… (*) Tratto da “Nuova Alexandria” – https://drive.google.com/file/d/0B2u17DU6-NUMWmRmV0d4eXhuaTQ/view

… (**) Link: https://docs.google.com/presentation/d/1fpFaPqk1eknVPG6HLwg8Lra4zrSF694Tue2Fq0NZhys/edit#slide=id.p 

  1. Scritto tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre 2016, dopo l’evento meteorologico dei giorni 24-25-26 novembre sono state apportate solo alcune modifiche marginali.
  2. Gli eventi alluvionali che hanno riguardato il bacino del Tanaro nell’arco di poco meno di un secolo e mezzo – stando ai dati riportati nel documento dell’Autorità di Bacino “Linee generali dell’assetto idrogeologico e quadro degli interventi sul Bacino del Tanaro”, Parma 2000 -, sono stati 29, con una media di quasi uno ogni 5 anni. La città di Alessandria risulta essere stata interessata in maniera significativa solo dall’evento alluvionale del novembre 1994.
  3. Le Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA) sono enti che danno attuazione agli indirizzi programmatici delle Regioni nel campo della previsione, prevenzione e tutela ambientale. Istituita con la legge regionale n. 60 del 13 aprile 1995 e dotata dalla successiva legge regionale n. 28 del 20 novembre 2002 di tutte le competenze su previsione e prevenzione dei rischi naturali, l’ARPA-Piemonte è stata recentemente disciplinata dalla Legge regionale del Piemonte n. 18 del 26 settembre 2016, “Nuova disciplina dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Piemonte (ARPA)”, che ha reso l’Ente titolare di tutte le funzioni di tutela e controllo in materia ambientale.
  4. Citazione tratta dal documento dell’ARPA Piemonte “L’evento alluvionale del 2-6 novembre 1994”. Questo documento è parte integrante di una analisi più complessiva sugli “Eventi alluvionali in Piemonte – 1994, 1996”, disponibile sul sito (http://www.arpa.piemonte.gov.it/approfondimenti/temi-ambientali/ geologia-e-dissesto/pubblicazioni/immagini-e-files/ev9496) .
  5. In poco più di due anni da quando è stato approntato, il sito di Orti Sicuro ha accumulato oltre 70mila accessi, saliti vorticosamente a più di 123mila tra il 22 e il 26 novembre scorso. Le informazioni disponibili sul sito riguardano: i) le previsioni atmosferiche (rese disponibili dalle fonti ufficiali); ii) i dati in tempo reale sui quantitativi di pioggia che stanno cadendo (e dove) con movimentazione ogni 15 minuti; iii) le proiezioni sui quantitativi di pioggia che cadranno (e dove) nelle successive 12 ore (e di 12 in 12 fino alle 72 ore) elaborate dai modelli LAM ad area limitata (Limited Area Model); iv) i quantitativi di pioggia cumulati nelle ultime 12-24 ore nelle diverse aree regionali; v) i livelli idrometrici in tempo reale del Tanaro, della Bormida, e dei loro affluenti, dalle sorgenti fino alla confluenza nel Po.
  6. Non vorrei essere frainteso: nessun azzardato paragone è possibile tra le alluvioni, che in una certa misura sono prevedibili, ed i terremoti, che allo stato attuale delle conoscenze scientifiche sono del tutto imprevedibili.
  7. “La previsione emessa il giorno 2 novembre – si legge in quel documento – indicava già, per la zona delle Alpi Cozie e Marittime, la persistenza di precipitazioni «forti» (…) per tutto il periodo successivo a partire dalle ore 00 del 3; tale previsione veniva ulteriormente aggravata dall’aggiornamento del giorno successivo (3 novembre), nel quale si prospettavano due situazioni di precipitazioni «eccezionali» (…) tra le ore 12 del 5 e le 12 del 6”.
  8. La ricostruzione dell’evento alluvionale del 4-6 novembre 1994 riportata nel testo è tratta dalla relazione del prof. Ferraris illustrata il 10 novembre 2004 in occasione della inaugurazione dell’anno accademico 2004/2005. Tale relazione è stata predisposta nell’ambito del Progetto Trasparenza, varato dal Comitato dei Ministri attraverso l’Unità di Ricostruzione con il coordinamento scientifico del Politecnico di Torino, presieduto dall’allora Prefetto di Alessandria Vincenzo Gallitto.
  9. Posso convalidare l’affermazione del professor Ferraris con una fotografia, scattata dal sottoscritto alle ore 10:30 di domenica 6 novembre, nella quale si vede chiaramente che due ore prima che si verificasse lo «stramazzo d’acqua» il Tanaro avesse già iniziato ad esondare in località «Lombarduzzi», nei pressi dell’attuale Largo Catania, con le acque che stavano defluendo in maniera non tumultuosa lungo via Cristoforo Colombo.
  10. Denominato PS-45 perché predisposto in poco meno di due mesi, il “Piano stralcio per la realizzazione degli interventi necessari al ripristino dell’assetto idraulico, alla eliminazione delle situazioni di dissesto idrogeologico e alla prevenzione dei rischi idrogeologici nonché per il ripristino delle aree di esondazione”, è stato approvato con deliberazione n. 9/1995 dall’AdB-Po. Sei anni dopo, con deliberazione n. 18 del 26 aprile 2001, il Comitato tecnico dell’AdB-Po approvava il “Piano stralcio per l’assetto idrogeologico (PAI)”, accogliendo integralmente le risultanze del PS-45 nel nuovo PAI. Le Norme di attuazione del PAI impongono tra l’altro all’AdB-Po di definire “i valori limite delle portate o dei livelli idrometrici nelle sezioni critiche per l’asta del fiume Po e per l’intero bacino idrografico del fiume Po, da assumere come base di progetto”, sancendo che “i valori rappresentano condizioni di vincolo per la progettazione degli interventi di difesa dalle piene sul reticolo idrografico del bacino. La sistemazione dei tratti fluviali a monte delle sezioni critiche indicate deve essere fatta in modo tale che nelle stesse sezioni non venga convogliata una portata massima superiore a quella limite”.
  11. Il vecchio ponte Orti, che unisce l’omonimo quartiere all’ex Sanatorio Borsalino lungo la strada per Valenza è stato abbattuto nel 2000, dopo che è stato aperto al traffico il nuovo ponte Forlanini costruito in conformità alla normativa del PAI.
  12. In seguito alle molte critiche sollevate sull’entità della portata di riferimento di 3800 m3 /sec, in un documento successivo l’AdB-Po chiarirà come tale limite sia stato fissato di comune accordo con l’Istituto Idrografico dello Stato sulla base di studi che assegnano ad un evento che comporti una simile portata un tempo di ritorno stimato in 250 anni. Beninteso, ciò non significa affatto che gli interventi realizzati garantiscano una sicurezza assoluta (che non esiste, dal momento che potrebbe sempre verificarsi un evento tale per cui il Tanaro, nel tratto di attraversamento della città, necessitasse di una portata superiore), bensì solo relativa, ossia nei limiti stabiliti dalla portata di riferimento per un tempo di ritorno stimato in 250 anni.
  13. Nel corso di quella stessa riunione il Gruppo di lavoro della Conferenza dei Servizi della Regione Piemonte precisava che: “tenuto conto delle prescrizioni del PS-45, la Conferenza dei Servizi (…) ritiene di poter accettare in deroga il franco minimo in sponda destra, raccomandando tuttavia alle FF.SS che in fase esecutiva venga valutata la possibilità di aumentare detto franco minimo”. Per la cronaca, il vecchio ponte della storica linea ferroviaria Torino-Genova venne inaugurato il 20 febbraio del 1854 e ricostruito identico nel 1948, dopo la distruzione operata durante la Seconda Guerra Mondiale.
  14. Le tre fasce individuate dal Piano sono rispettivamente: la fascia A, che delimita la fascia di deflusso di una piena ordinaria (quella con un tempo di ritorno statistico stimato di 20 anni); la fascia B, che delimita la zona di esondazione in cui una piena straordinaria (con tempo di ritorno statistico di 200 anni) rimane contenuta nelle difese spondali e nella quale è fatto divieto assoluto di realizzare nuovi insediamenti; la fascia C, che delimita l’area di inondazione per una piena catastrofica (con tempo di ritorno statistico stimato di 500 anni). Di fatto, la fascia C – che coincide con tutta l’area invasa dalle acque nell’alluvione del novembre 1994-, include, oltre al Quartiere Orti, una parte consistente della città, vale a dire l’area che, costeggiando l’argine del Tanaro, va da Largo Maestri del Lavoro d’Italia, Lungo Tanaro San Martino, Largo Catania a Lungo Tanaro Magenta, ma interessa anche il Centro Storico, da via Tiziano, Corso Crimea, Corso Roma, Piazzetta della Lega, via dei Guasco, l’Ospedale Civile giù fino a lambire il Cimitero. La normativa sulle fasce fluviali, successivamente aggiornata con la deliberazione n. 10 del Comitato Istituzionale del 5 aprile 2006, stabilisce inoltre le norme di regolazione d’uso del suolo indirizzate alle pubbliche Amministrazioni in relazione ai compiti di formazione ed approvazione degli strumenti urbanistici “finalizzate ad impedirne l’ulteriore occupazione e a recuperarne usi compatibili con il buon regime delle acque” (pagina 3).
  15. L’AIPo – si legge sul sito dell’Agenzia – “è parte del Servizio Nazionale di Protezione Civile”, di cui alla legge n. 225 del 24 febbraio 1992, così come integrata e modificata dalla legge n. 100 del 12 luglio 2012, in particolare per la gestione degli eventi di piena”. L’Ente riveste il duplice ruolo di Centro di Competenza per la modellistica idraulica e lo sviluppo di procedure di gestione in emergenza a scala di bacino, a supporto tecnico della rete dei Centri funzionali regionali e delle Autorità istituzionali deputate al Governo delle piene, e di Presidio Territoriale Idraulico.
  16. In quella occasione l’Arch. Claudia Chicca, Dirigente dell’Area Idrografica Piemontese ha illustrato il documento “1994-2014 Vent’anni di opere idrauliche in Piemonte”, dal quale si apprende che i principali interventi sul bacino del Fiume Tanaro hanno riguardato: 1) la costruzione di arginature a carattere di protezione locale ad Alba; 2) la costruzione a protezione dei centri abitati di un Sistema arginale pressoché continuo a partire da 10 km a monte di Asti fino a Felizzano (AL); 3) in sponda sinistra del Tanaro da Felizzano ad Alessandria, per un’estensione di circa 26 km, di una linea arginale che si sviluppa lungo il rilevato ferroviario o il Canale de Ferrari, per tutto il tratto a monte di Alessandria e, oltre il tratto cittadino, lungo il tracciato della A21 fino al bordo collinare in prossimità di Pavone. In sponda destra, l’argine corre dalla località Casalbagliano fino alla confluenza con il fiume Bormida per circa 12 km, e successivamente dal Bormida fino alla confluenza Po; 4) la realizzazione in località Canelli di una Cassa di espansione del Torrente Belbo; 5) la costruzione di una Vasca di laminazione a monte del centro urbano e la nuova inalveazione del Rio Nizza e del Torrente Belbo nei pressi di Nizza Monferrato; 6) la costruzione sul Bormida di arginature continue in destra e sinistra, e in sponda destra a continuazione di quelle del torrente Orba fino alla confluenza in Tanaro.
  17. Il modello fisico del Tanaro, realizzato nel laboratorio di idraulica n. 2 dal DICAT dell’Università degli Studi di Genova (poi confluito nel Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica e Ambientale) che ne ha curato sia le fasi della costruzione che le sperimentazioni, consiste nella ricostruzione in scala ridotta di circa 3 km di alveo delimitato “a monte dal ponte ferroviario e a valle dal ponte ‘Forlanini’ in località Orti”. Il modello è stato demolito nel gennaio del 2011 dopo che nel dicembre del 2010 si sono concluse le prove sperimentali condotte sia nella versione a fondo fisso (effettuate nel novembre del 2009) che su quella a fondo mobile. La differenza tra i due tipi di modello consiste nel fatto che mentre nelle sperimentazioni a fondo fisso “la plateazione del Ponte della Cittadella risultava presente”, in quelle a fondo mobile sono state “testate diverse configurazioni di sistemazione della soglia dell’ex ponte della Cittadella successivamente alla rimozione del ponte stesso”.
  18. I lavori illustrati in quella presentazione dall’ing. Federica Pellegrini, riguardanti il completamento del sistema difensivo del fiume Tanaro dall’ex ponte della Cittadella alla confluenza Bormida, attenevano in particolare ai seguenti: 1) l’innalzamento dei muri arginali e l’adeguamento in quota delle arginature e lungo tutto il tratto che va, in sponda destra tra il quartiere degli Orti e la tangenziale e in sponda sinistra poco a valle del ponte Meier fino alla zona prospiciente l’abitato di Pavone; 2) la chiusura del sistema arginale completo di chiavica con l’arginatura di raccordo per l’immissione nel Tanaro del Rio Loreto; 3) l’adeguamento in quota dell’argine e costruzione di due nuove tratte arginali a valle dello sbocco del Rio Loreto (via dei Preti fino a Strada Forlanini); 4) la chiusura del varco di monte della tangenziale di Alessandria, a valle della rotatoria di viale Milite Ignoto, mediante la sistemazione del rilevato esistente e la realizzazione di tre nuove chiaviche inserite nel corpo arginale; 5) la chiusura del varco di valle della tangenziale in corrispondenza intercettazione ex Canale Carlo Alberto; 6) il completamento del sistema arginale in sponda sinistra del Bormida.
  19. In quella occasione, Relatori l’Ing. Domenico Danese e l’Ing. Federica Pellegrini è stata illustrata la presentazione: “Studi recenti dell’AIPo sul Bacino del Fiume Tanaro: idrologia, morfodinamica, trasporto solido, modellistica numerica e fisica”, recante la data 4 Novembre 2006. Al fine di definire ed approfondire le problematiche relative alla messa in sicurezza del bacino del Tanaro con particolare riferimento al nodo della città di Alessandria, in quella presentazione si dava risalto al fatto che l’AIPo avesse stipulato apposite convenzioni con: a) il Dipartimento di Ingegneria Ambientale dell’Università di Genova per la “Modellazione idraulica, studi e valutazioni sul trasporto solido lungo l’asta del Fiume Tanaro” (2002); l’approntamento degli studi propedeutici alla realizzazione del “modello fisico a fondo mobile dei deflussi nel fiume Tanaro in corrispondenza dell’attraversamento della città di Alessandria” (2004), la predisposizione di uno “Studio idraulico funzionale alla sistemazione del fiume Bormida da Acqui alla confluenza Tanaro e del torrente Orba nel tratto fasciato da Rocca Grimalda alla confluenza del Bormida con definizione dei possibili scenari di intervento” (2006); b) il Centro Internazionale di Idrologia Dino Tonini dell’Università di Padova al fine di valutare “l’analisi degli effetti della laminazione di onde di piena operata a mezzo di casse di espansione disposte lungo il corso del Fiume Tanaro” (2005).I risultati di quest’ultimo studio sono stati illustrati dal Responsabile scientifico della ricerca, il prof. Andrea Rinaldo, in una apposita seduta aperta del Consiglio Comunale di Alessandria tenutasi il 7 luglio del 2005.
  20. In quel documento si fa presente che la realizzazione di quest’ultimo intervento avrebbe richiesto, “al fine di ridurre il valore della portata al colmo duecentenaria di 3.600 m3 /s ai 2.475 m3 /s transitabili al ponte della Cittadella con un franco di 1 m, la necessità di disporre di un volume ideale di laminazione pari almeno a 70 Mm3 ” (milioni di metri cubi). Invito i “nostalgici del ponte della Cittadella” a riflettere sul fatto che nel recente evento alluvionale la portata del Tanaro ad Alessandria al colmo della piena è stata sicuramente superiore a quella transitabile sotto il vecchio ponte.Nel recentissimo Rapporto preliminare dell’ARPA Piemonte sull’Evento alluvionale 21-26 novembre 2016, datato 2 dicembre, nel quale si fa un raffronto con le piene del 1994 e del 2000, si legge testualmente: “La piena del Tanaro e dei suoi affluenti nella parte alta del bacino è confrontabile, in termini di severità, a quella dell’alluvione del novembre 1994”. La piena transitata ad Alessandria, seppure inferiore a quella del 1994, parrebbe essere stata prossima alla portata di progetto di 3.500 m3 /s. Tali misure prevedevano: a) per le unità abitative andate distrutte o per le quali non vi fosse possibilità di ripristino per effetto degli eventi alluvionali, un contributo a fondo perduto pari alla spesa per la ricostruzione o per l’acquisto di un alloggio di civile abitazione con una superficie utile abitabile corrispondente a quella dell’unità immobiliare distrutta e comunque non superiore, nel limite massimo, a 200 mq; e b) per ogni altra unità immobiliare ad uso abitativo, un contributo sino al 75 per cento della spesa” (purché documentata da perizia asseverata).
  21. In occasione della piena del Tanaro del 28 aprile 2009 è proprio da questa Autorità che è venuta la decisione di abbattere il ponte della Cittadella. Tutte le informazioni sul Servizio di Protezione Civile sono tratte dal volume di G. Groppo, “La normativa sulla Protezione Civile. Competenze di Stato, Regioni, Enti locali e volontariato”, edito da EPC Libri, Roma 2006.
  22. Agli Orti, nel corso dell’evento di fine novembre, il livello delle acque del Tanaro è rimasto abbondantemente al di sotto delle arginature, mentre il rischio maggiore di esondazione ha riguardato tutta l’area inclusa nella fascia B del Piano delle Fasce Fluviali di cui alla precedente nota 13. Ora, è vero che nel caso in cui l’acqua del fiume fosse esondata in quell’area poi sarebbe defluita verso il quartiere degli Orti, interessando le strade, le cantine i box sotterranei e i piani bassi, ma non con la violenza e la distruttività di quello «stramazzo d’acqua del fiume parallelo» del novembre ’94 di cui alla citata relazione del professor Ferraris.

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