Le invasioni barbariche

Formato l’esecutivo, per Salvini e Di Maio si è aperta la stanza dei bottoni da cui possono governare mettendo in atto gli accordi previsti dal loro “contratto” di governo. E già il mondo della finanza e dell’industria sono entrati in fibrillazione, non tanto per lo spread e i rendimenti dei Btp, né per il crollo delle azioni bancarie a cui abbiamo assistito le scorse settimane. Finanzieri e industriali legati al governo sono soprattutto in ansia per la questione nomine di molte decine di partecipate statali i cui consigli di amministrazione verranno rinnovati su indicazione del Tesoro, in una vorticosa danza di poltrone. Pure i politici sono consapevoli che perdere l’aggancio con la giungla delle partecipate, e quindi del potere economico, significa non contare più niente.

Il Consiglio di amministrazione della Rai scade a giugno dopo l’approvazione del bilancio.  I membri del Cda da nove, dopo la riforma Renzi sono ridotti a sette di cui quattro nominati dal Parlamento, due dal Tesoro e uno dall’assemblea dei dipendenti. Lega e Movimento 5 Stelle controlleranno la Rai per intero, tramite il Tesoro che nominerà i dirigenti. Fuori dunque i direttori di rete, i direttori dei TG e i giornalisti filorenziani, dentro esponenti non ostili all’ attuale maggioranza. Si fanno i nomi di Ferruccio De Bortoli o Enrico Mentana alla guida del TG della rete ammiraglia, di Milena Gabanelli al TG2 ma anche di una possibile nomina per Marco Travaglio. Il Pd rischia di non conservare neppure Rai3 da decenni ancorata all’area di sinistra e neanche il TG3 che potrebbe andare a FdI e a Forza Italia formalmente all’opposizione. La derenzizzazione sembra comunque una priorità.

Il Tesoro nominerà a breve 350 rappresentanti nei consigli di amministrazione di aziende a partecipazione statale e fra queste, oltre la Rai, colossi come ENI, Enel, Cassa depositi e prestiti, Mps, completate le nomine e collocati i suoi uomini, il governo, insediato al potere, detterà la linea da cui dipenderanno le sorti dell’industria e della finanza nel nostro paese. Quasi probabilmente verranno sostituiti i vertici Mps, di cui il Tesoro controlla il 68,2% del capitale, decidendo la caduta di un sistema che permetteva a Siena, grazie all’impatto della sua banca, saldamente in pugno al Pd, di controllare l’economia di un’estesa fetta del suo territorio.

Entro giugno, scadono anche i vertici di Cassa Depositi e Prestiti, il grande forziere che contiene il risparmio italiano, di cui attualmente è presidente Claudio Costamagna, ex-banchiere di Goldman Sachs e ad Fabio Gallia, unitamente alle poltrone d’oro delle società ad essa collegate: un festival dei boiardi. Gli attuali vertici si sono dichiarati non propensi per un secondo mandato.  Ricordiamo che la Cdp, considerata la novella Iri italiana, gestisce il risparmio postale valutato in 321 miliardi di cui 312 in buoni postali, avendo stretto con Poste Italiane, che controlla il 35% del capitale, un accordo che prevede, per il prossimo triennio, commissioni annue tra 1,5 e 1,8 miliardi di euro. Poste Italiane raccoglie il denaro di circa 26 milioni di clienti e risparmiatori e CdP, che una volta era la banca dei comuni, delle regioni e degli enti pubblici, è stata trasformata in una “merchant bank”, una banca che fa affari e deve garantire reddito, gestendo il risparmio con operazioni di sistema molto tranquille senza metterla a repentaglio. Infatti, per obblighi statutari, non può acquistare aziende decotte o banche in crisi. Gli investimenti mirati e oculati previsti dal suo “core business” effettuati negli ultimi tre anni sono stati di 162 miliardi pari al 3% del nostro Pil. L’ente controlla inoltre Terna e Snam, fa parte di una cordata per l’Ilva, possiede il 50% di Open Fiber, società che porta la fibra ottica a banda ultra larga, che è previsto dovrebbe fondersi con NetCo controllante della rete Tim, post scorporo, che in pratica verrebbe rinazionalizzata. Infine il successore di Costamagna eredita anche il 4,7% di azioni Tim, quota che è servita a fare sistema per spingere il fondo americano Elliot Management a rimuovere i francesi di Vivendi dal controllo della compagnia.  M5S e Lega appoggiano progetto di scorporo della rete, e quindi il governo attuale non dovrebbe scostarsi dalla linea strategica del governo uscente anche per quanto riguarda la difesa di Fininvest dalla scalata di Vivendi. In ogni caso questo esecutivo, con la nomina dei ministri e sottosegretari, ha posto Berlusconi, acerrimo nemico dei grillini e in particolare di Di Maio, che l’ex- cavaliere assumerebbe solo per pulire i cessi della sua società, in una condizione di sudditanza psicologica visto che il leader pentastellato conserva per sé la delega alle Telecomunicazioni.

Per il Pd la sconfitta elettorale è già stata una legnata pazzesca ma la recisione dei legami col capitalismo relazionale, che da sempre caratterizza la struttura della nostra economia, diventa devastante nel condannarlo all’irrilevanza mentre i nuovi barbari rischiano di stabilirsi permanentemente a Roma.

Le nomine non sono ancora avvenute, le uniche novità riguardanti il nuovo esecutivo le fornisce, per ora, la politica estera , in particolare l’Europa fatica a riprendersi dalla costernazione in cui l’ha lasciata il nostro risultato elettorale: i tedeschi ci sono andati giù pesante:  Jan Fleischhauer, in un articolo di Der Spiegel ci definisce gli scrocconi di Roma accusandoci di non essere degni neppure dell’elemosina  poiché “ almeno i mendicanti dicono grazie”

Grande risalto, sui giornali e tv, ha avuto l’editoriale del Financial Times titolato: L’Europa apre i suoi cancelli ai moderni barbari, nel quale metteva sotto esame la sostenibilità del programma gialloverde elaborato, secondo il quotidiano economico inglese, da perfetti incompetenti. Ma noi pensiamo che i barbari hanno già attraversato l’Europa, sono calati da Bruxelles otto anni fa, parlavano francese e tedesco e hanno lasciato macerie e rovine in Grecia, avevano il volto dell’Unione Europea nella quale la solidarietà era stata bandita e oggi il 15% della popolazione greca vive in condizioni di povertà estrema e oltre un milione della classe media sono giunti alla soglia di povertà.

Felici del responso delle urne italiche sembrano Trump e Putin. Trump si è dichiarato “impaziente di lavorare col nuovo governo italiano”, finalmente, è la loro speranza, qualcuno inizierà a stressare le istituzioni comunitarie detestate dai due per ragioni diverse. E’ noto che i veri grandi avversari di Trump sono la Germania, la Cina e il Giappone che posseggono cospicui surplus commerciali verso gli Usa, ma la Germania lo è di più perché la Cina controlla una quota estremamente elevata del debito pubblico americano. Trump accusa la Germania di manipolare l’euro mantenendolo artificialmente debole su dollaro e cerca di usarci in funzione antitedesca contro questa Ue sbilanciata che crea troppi benefici alla Germania. Tra le due nazioni è in atto una guerra economica a bassa intensità di cui il dieselgate (Volkswagen) di tre anni fa e il recente crollo di Deutsche Bank, dichiarata dagli Usa “Istituto problematico”,( cioè pericoloso, grande fattore di rischio, se salta lei, salta l’euro), ne rappresentano alcuni pezzi. L’atlantismo, così come l’abbiamo conosciuto più di sessant’anni fa è dunque cambiato e il Presidente del consiglio italiano ne dovrà tenere conto per scegliere percorsi diplomatici completamente nuovi nell’interesse dell’Italia.

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