“Leggende metropolitane” alla ‘Gamberina’ di Alessandria

Per chi non fosse riuscitə (questa vocale, che si chiama “scivà” o schwa, si pronuncia come l’articolo indeterminativo inglese “a” e rappresenta un po’ l’umami delle vocali) a partecipare alla conferenza “Si narra che esista un centro raccolta per le leggende metropolitane” organizzata dallo scrittore Paolo Toselli e dalla docente universitaria Laura Bonato che si è tenuta al Museo della Gambarina lo scorso 18 ottobre, una delle leggende protagoniste della serata, semplicemente per la quantità di varianti e la presenza di filmati e foto che sembravano confermarne la veridicità, è stata quella degli amanti incastrati.

In pratica la storia riguarda due amanti, tendenzialmente in una relazione clandestina, che durante un rapporto intimo restano incastrati. Questa situazione è solitamente risolta con preghiere, rituali o punture rilassanti in pronto soccorso e la colpa ricade quasi sempre sulla donna, quasi sempre sposata. Si è parlato, tra le altre cose, proprio di come queste storie spesso e volentieri illustrino le donne come volubili, infedeli, spesso in una luce negativa e di come una delle grandi paure che si celano dietro a questa leggenda in particolare sia, oltre al tradimento e tutte le altre paure che si possono estrapolare, se andiamo ad analizzare il pattern con cui questa storia si evolve a prescindere dal Paese in cui la si incontra, la castrazione. E quindi, aggiungo io, la virilità, l’unico aspetto (almeno in un’ottica più semplicistica) tangibile della validità della propria mascolinità e predominanza, con tutto quello che ne consegue.

Prima di andare avanti voglio introdurre una breve spiegazione di cosa andremo a discutere: è da anni che in spazi più o meno ristretti della sinistra (a livello internazionale, si intende) si stanno creando discussioni riguardo alle fondamenta inique e discriminatorie su cui si fondano molte società di tutto il mondo. Infatti grazie ad Internet ed una maggiore conoscenza della lingua inglese tra i giovani, stanno emergendo anche qui concetti tipici dei discorsi progressisti che puntano ad un panorama sociale più livellato e meno gerarchico, in cui ogni individuo sia rispettato per le proprie caratteristiche e cultura e diventi nel contempo parte del tutto, della cittadinanza. In pratica, un futuro veramente democratico, in cui gli spazi di tutti sono calibrati e combaciano come i pezzi di un bel mosaico.

Uno di questi concetti è la toxic masculinity, traducibile come “mascolinità tossica”, una delle teorie cardine dei gruppi femministi neanche tanto recente, che esamina il rapporto delle persone con la virilità e ciò che la rappresenta.

La mascolinità tossica (protagonista di un molto discusso spot Gillette di alcuni mesi fa) è un argomento che si studia anche a livello accademico e, senza andare troppo lontano, sicuramente moltə di voi l’hanno incontrata o nella vita quotidiana o tra le lezioni di scuola, al lavoro, alle riunioni con amicə e parenti. I tratti principali che la caratterizzano sono una repressione delle emozioni, un rispetto eccessivo della galanteria nel rapporto tra uomo e donna, un’avversione aggressiva all’omosessualità (latente o meno), il bisogno morboso di mettersi in condizioni avverse alla sopravvivenza per salvare persone più deboli anche quando, alla realtà dei fatti, tanto deboli non sono, l’abnegazione di qualsiasi tratto della personalità o inclinazione creativa che non riguardi una sfera prestabilita di attività “da maschio” come può essere giocare con i camioncini da piccoli e imparare ad usare il trapano e gli attrezzi da grandi, il ricorrere alla violenza prima di cercare soluzioni più pacifiche ed emotive. Tutto quello che esce fuori da ciò che ci è stato insegnato essere “da maschio” nella mascolinità tossica è visto come segno di fragilità, debolezza d’animo, caratteristica del maschio beta, il soy boy che è vegetariano e di conseguenza omosessuale o effemminato perché non in grado di urtare altri esseri viventi per sopravvivere, e pertanto qualcosa che va necessariamente corretto tramite atteggiamenti che sono, alla radice, traumatici e sbagliati. Anche se superficialmente non sembra sempre che ci sia una correlazione tra le due cose, spesso la mascolinità tossica si origina da o sfocia in misoginia e complessi di superiorità o desiderio di prevaricare, dominare ed esercitare controllo sulle situazioni in cui una persona si può trovare.

La misoginia si manifesta in primis nel considerare la femmina inferiore e/o più debole, e di conseguenza da difendere. Qualunque cosa, il taglio di capelli, il grado di libertà sessuale, il lavoro e pure lo stile di tatuaggio o la quantità di trucco che la donna usa, qualunque cosa che sfori dall’idea ben definita di “uomo” e “donna” (soprattutto “donna virtuosa e pura)” che la donna dimostra di apprezzare diventa valvola di sfogo per le frustrazioni personali che l’uomo affetto da mascolinità tossica non ha modo di esprimere nella vita di tutti i giorni. Oppure si manifesta nell’odio verso donne che rifiutano un invito romantico, che occupano posizioni lavorative in un campo che era o è tuttora dominato da uomini; odio che può essere espresso con insulti sessisti o transfobici nel caso si tratti di una donna transgender, il tutto spesso abbinato ad auguri o addirittura minacce di morte o stupro.

E quindi, ricollegandoci agli amanti incastrati e la paura della castrazione, sorge spontaneo il parallelo tra questo tipo di mentalità di cui ancora oggi troppe persone sono vittima, anche inconsciamente, ed il simbolo per eccellenza della virilità, ossia il fallo; è anche molto facile vedere come questa premura di conservare a tutti i costi una cosa che non si può effettivamente perdere, come il proprio genere di appartenenza, sia il vero segno di debolezza da cui queste persone cercano a tutti i costi di allontanarsi come bimbi dagli incubi, paura che si origina sovente da traumi non superati o altre questioni psicologiche che dipendono dal background di ognuno, le quali talvolta sono il risultato dell’aver subito l’imposizione di questo modello negativo di virilità in passato.

Purtroppo la mascolinità tossica ha intriso un po’ la vita di tuttə e plasmato le nostre menti per secoli. Sbarazzarcene sarà difficile, ma il fatto che se ne stia parlando è un buon segno.

Vi propongo alcuni esempi di mascolinità tossica al fine di dare a tuttə una visione più chiara di cosa comprende.

Frasi come “Piangere è da deboli”, “Ballare è da fr*ci”, “La donna non deve pagare se si esce a cena”, “Non fare la femminuccia (riferito ad un maschio)” o l’idea che i bambini, per diventare adulti responsabili e disciplinati, debbano subire urla e maltrattamenti sono solo alcuni dei mantra della mascolinità tossica, che chiaramente puntano a sopprimere qualsiasi forma di espressione di sé che non sia dominata da prepotenza o violenza, rabbia o compostezza anche quando è legittimo provare sentimenti appartenenti ad altre sfere emotive. Ovviamente tutte queste idee non devono esistere contemporaneamente nella mente di chi le crede valide e le alimenta, eppure molte delle norme di comportamento e relazione con il prossimo si trascinano dietro delle tracce di pensieri come questi. Spesso queste false credenze (esattamente come le leggende metropolitane) sono inculcate e perpetrate per generazioni e generazioni e sta ad ogni nuova generazione comprendere dove sta l’inghippo e rompere il cerchio, o meglio la spirale, con cui una mentalità del genere si propaga. E rompere questo cerchio può essere fatto con l’aiuto di personale preparato (molte persone rischiano di soffrire di attacchi d’ira ingiustificati proprio a causa della continua repressione di altri sentimenti, appunto perché incanalano tutto nell’unica emozione in cui si sentono a proprio agio, ossia la rabbia) o con mesi o anni di riflessioni e letture personali che non vadano a fomentare questa mentalità da cui si sta cercando di dissociarsi.

Esattamente come in tempi più antichi anche oggi le storie, le leggende, i miti sono uno strumento potente per educare la popolazione che credo abbia del potenziale se applicato nella maniera più corretta; sta a chi è adulto analizzare il proprio comportamento e correggere il proprio pensiero per poter insegnare ai più giovani a non perpetrare certi atteggiamenti superati e dichiarati dannosi dalla scienza e da chi li ha vissuti in prima persona ed è riuscito a lasciarseli alle spalle.

Elena Martinelli

http://www.cittafutura.al.it/sito/mostra-leggende-metropolitane-2020/

http://www.partedeldiscorso.it/2019/10/mascolinita-tossica/

https://paritaediritti.lostagistaparlante.com/2019/06/13/mascolinita-tossica-cose-e-perche-

condiziona-le-nostre-vite/

https://www.ultimavoce.it/mascolinita-tossica/

https://www.bossy.it/mascolinita-tossica.html

https://www.youtube.com/watch?v=hMKIUY8RmLI&ab_channel=TEDxTalks

https://www.youtube.com/watch?v=UwI2U27UlGU&ab_channel=T1J

https://www.youtube.com/watch?v=Td88z08a_4c&ab_channel=FoldingIdeas

https://www.youtube.com/watch?v=bvZM_ggmPRA&ab_channel=MadameNoire

https://www.youtube.com/watch?v=AeGEv0YVLtw&ab_channel=PhilosophyTube

https://www.youtube.com/watch?v=fD2briZ6fB0&ab_channel=ContraPoints

https://www.youtube.com/watch?v=E_O7w5W7rZg&ab_channel=RenegadeCut

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