I mici tipografi di Castelnuovo… (per la nostra «Festa Nazionale del Gatto»)

 

  All’indimenticabile memoria di ZEUS,

 Gatto Nero incomparabile e insuperato

 

                                                        [e al Micio Ignoto che solo, con la Madonna, vide

 irrompere l’Angelo: Lorenzo Lotto, Annunciazione]

 

Non ho mai amato le “Giornate” di qualsiasi tipo, inventate nel periodo più recente. Né quelle assurde e pretenziose, ancor che riguardanti cause decisive della politica e della salute (il Rifugiato, le malattie rare, la stessa Pace…) perché non è attraverso simili richiami multimediali inflazionanti che si possono affrontare seriamente i problemi di fondo. Neppure quelle, serie o giocose che siano, attinenti all’impiego del tempo libero (in questa società obbligata ad averne sempre meno, e incline a monetizzarlo sempre più!), che tendono a richiamare l’attenzione di massa su attività culturali o sportive, che abbisognerebbero innanzitutto, invece, di un’appropriata e tempestiva formazione di base. Per non parlare poi delle decisamente deprimenti, ma debordanti nella loro sfacciataggine, consacrate a Parenti & Amici (la Mamma, il Papà, i Nonni, la Prozìa: mettiamoci pure dentro gli Innamorati dell’altroieri…), scopertamente finalizzate soltanto a impinguare un po’ i conti, di questi tempi non sempre in salute, di pasticceri e ristoratori, profumieri e agenti di viaggio (peraltro in via di estinzione, questi ultimi, grazie al fai da te di Sua Maestà il Web…).

Ecco perché, chiedendo mille volta scusa al simpaticissimo e carissimo, ma troppo accomodante Cane, mi sento di fare un’assoluta e motivabile eccezione per la Giornata Mondiale del Gatto. Che peraltro, oggi sabato 17, mondiale non è, come ci ammaestra l’onniscente fino a prova contraria Wiki, ma soltanto italiana e (chissà perché?) polacca, mentre altri paesi fanno come gli pare: il Giappone sì in febbraio ma il 22, i russi il 1° marzo, gli Usa addirittura il 29 ottobre, mentre l’ufficiale World (stavolta davvero…) Cat Day fissato nel 2002 dall’International Fund for Animal Welfare (quello che dovrebbe contare e fare norma, insomma…) ricorre l’8 agosto.

Ma la nostra Festa Nazionale del Gatto vanta un’anzianità ben maggiore. La fissò nel 1990 -c’informa sempre la fonte autorevolissima di cui sopra-  la giornalista di Tuttogatto Claudia Angeletti, che indisse un concorso tra i lettori per individuarne la data. Vincitrice fu la signora Oriella Del Col che candidò il 17 febbraio sulla base di questo ragionamento: 1. Febbraio = Acquario (segno zodiacale «degli spiriti liberi e anticonformisti, che come i gatti non amano sentirsi oppressi da troppe regole»; 2. il mese dei Gatti e delle Streghe, come pare febbraio venisse definito dalla vox populi: il che collegherebbe felini e magìa…; 3. il 17 numero portatore di sfortuna, come in passato ha preteso, fissando il concetto nella comune superstizione, la stessa tradizione popolare, accomunando nella medesima nomea i mici, specie se Neri!); 4. più seria e storicamente fondata: la problematica fama del numero (ma da vogherese non posso dimenticare l’immenso se pur raramente vincente campione motociclista Carlo Bandirola, che se ne fregiò per tutta la carriera). Anagrammando infatti in latino “XVII” lo si trasforma in “VIXI”, fregio che sulle sepolture significava ovviamente “sono morto”: una sorta di proto-Spoon River della romanità classica. Ai gatti accade di essere considerati reincarnabili, all’opposto. Quindi: 5. il 17 diventa numero positivo, leggendolo scomposto: una vita (1) per sette (7) come nuovamente la saggezza popolare attesta i gatti possiedano. Non mi sentirei di giurare che i passaggi logici dei numeri 3. > 4. > 5. siano a prova di bomba, ma indubbiamente la tesi, pur tirata un po’ per i capelli, ha una sua innegabile suggestione, comel’aveva anche ieri nell’articolo, al solito delizioso, che l’impertinente musicologo Alberto Mattioli dedicava anticipatamente alla ricorrenza sulla «Stampa». Ma l’attività a favore degli esseri viventi e delle reciproche accoglienze e integrazioni dell’intraprendente Angeletti  non si limita ai mici: esplorare sempre la rete per altre e anche più impegnative sue prese di posizione, molto affini a quelle più recenti della senatrice uscente -e speriamo rientrante…- Monica Cirinnà. La quale a sua volta (udite udite: cosa non fa la rete!) non è soltanto la madre della recente, benemerita legge sui diritti ben nota, ma anche la coautrice, con Lilli Garrone, del magnifico I gatti di Roma. Storie, curiosità e leggende dei gatti che hanno popolato e popolano le vie della Capitale, Newton Compton 2015, nel quale si raccontano magnifiche vicende, inclusa quella delle origini della Festa, non che le strameritorie e mai abbastanza incoraggiate attività delle gattofile della città eterna (in particolare quelle di piazza Argentina e della Piramide Cestia: chi abbia visto coi suoi occhi sa a cosa mi riferisco…). 

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 Anche perché, parliamoci chiaro, noi tutti coi Gatti abbiamo un debito immenso, e destinato se possibile a rimanere più pesante e progressivo, inestinguibile e inesigibile di quello pubblico italiano. Per non parlare dei negozi e delle catene sempre più proliferanti e invadenti di pet food, pet pharmacy e pet toys, limitiamoci agli scaffali delle librerie, dei supermercati e dei negozi di giocattoli (lasciando da parte fumetti, cartoons, grafica e la stessa pittura). L’umanità commerciante e quella acquirente sono debitrici ai Mici di una somma virtuale, praticamente incalcolabile e più evanescente dei bitcoin, per diritti d’autore, che non verrà mai materializzata e riconosciuta, pur continuando inarrestabilmente ad accumularsi.

Dal momento che gli interessati, per loro e nostra fortuna, di questa immane e perpetua ingiustizia se ne fregano (in questo pensandola come me: molti aspetti del diritto d’autore sono stati fatti diventare un’immane e prepotente vaccata indebita…), e hanno idee ben chiare su come giudicare esseri e cose del mondo degli umani -come conferma irresistibilmente il magnifico romanzo di Natsume Soseki  Io sono un gatto (1905, ma da noi Neri Pozza 2006…), il problema non è in sè grave. Ma il diritto-dovere di come risarcirli quotidianamente nella maggior misura possibile resta eccome.

Non avrei mai pensato di dedicare un pezzo a questo argomento, ma mi ci hanno indotto alcuni incontri degli ultimi mesi. Il primo è stato lo stupendo periodo di vacanze estive trascorso sull’isola di Samo,  a Pythagorion (Pitagoreio: Πυθαγόρειο, per chi abbia subìto il classico…). A parte la difficilmente descrivibile bellezza del luogo, lo spirito di ospitalità e la gentilezza schietta e spontanea degli abitanti, siamo capitati nel Regno dei gatti (ma sembra che tutto il Dodecaneso sia così…). Mici ovunque: nelle strade e nelle case, sulle spiagge e nei prati, nei ristoranti e nei bar, negli alberghi e nei negozi, sui moli e persino al museo. Ma soprattutto amati, riveriti, accolti, rispettati, onorati e accarezzati dalla popolazione autoctona ovunque. Ve lo immaginate da noi quale sarebbe il trattamento riservato a un piccolo felide domestico che balzasse “abusivamente” dalla finestra aperta in un appartamento diverso dal suo, o all’interno di un esercizio commerciale, o tra i tavolini all’aperto di un caffè, o gli ombrelloni di uno stabilimento balneare? I concittadini di Pitagora ci hanno invece dato una grande lezione di civiltà. Ma i gatti, con alcuni dei quali si è fatto in tempo a diventare amici stretti in un paio di settimane -foto cantano…- una anche maggiore: di come si stia bene con loro ove siano pacificamente diffusi, ovviamente mantenuti in salute, nutriti, vezzeggiati e mai spaventati o fatti fuggire. Loretta ed io abbiamo potuto sperimentare la per therapy senza limiti di tempo e di spazio (di quella più parziale ma intensa, limitata alle mura domestiche, avevamo già avuto precedente e del pari intensa esperienza, come si dirà).

Il secondo incontro è stato quello col magnifico servizio che AlessandriaNews ha dedicato un mese fa al Gattile Sanitario di Alessandria. Andatelo a cercare su youtube o sul sito stesso del quotidiano on line cittadino: non c’è bisogno di dire altro, e magari vi verrà voglia di raggiungerne la sede di viale Michel per una visita non a mani vuote (se poi tornaste anche a casa col gatto adulto che vi stava aspettando da tempo, avreste fatto l’affare della vostra vita).

Il terzo e scatenante contatto è stato l’articolo che qualche settimana fa Alessandra Dellacà ha dedicato, sull’edizione locale del quotidiano territoriale già citato, ai “gatti antistress” della tipografia Fadia di Castelnuovo Scrivia. Lì imprenditori e maestranze, senza bisogno di raggiungere… Πυθαγόρειο, da quando sono stati inopinatamente e perentoriamente, loro invece, raggiunti dal vagare prima dalla tigrata Cri Cri di otto mesi nell’agosto 2014, poi dal “ragnetto nero” Niger, allora magrissimo e spelacchiato, ora magnifico gattone rilucente, hanno scoperto quanto la loro constante e riverita presenza faccia lavorare meglio e senza stress. Cri Cri testimoniando della seconda cosa, nella sua attività inesauribile di statica “fermacarte” abbandonata indolente sui prodotti dell’attività grafica; Niger della qualità della prima, sovrintendendo sistematicamente con insaziabile curiosità a tutte le fasi del processo produttivo.

Chi frequenta abitualmente il web ed è amico della categoria conoscerà certo le migliaia di video provenienti da tutto il mondo in cui si vedono i felini dediti a invenzioni o a dedizioni assolutamente incredibili. Ma anche i più tradizionali lettori di quotidiani cartacei, quei pochi che ancora esistono (“Corriere”, “Repubblica” e “Stampa” vedono avvicinare l’incubo di scendere sotto le 200.000 copie giornaliere!), non saranno da meno. Sfoglio dalla nostra scatola di ritagli: ieri la storia torinese originata dalla fotomostra inaugurata di Marilaide Ghigliano (chi se ne ricorda? fu la prima fotografa ospitata in esposizione nell’appena inaugurato foyer dell’allora vivente Teatro Comunale: autunno 1978…) del salvataggio della gattina Mou (fino al 27 maggio la mostra: www.museireali.beniculturali.it). Qualche settimana fa le recensioni della splendida edizione di Messer Gatto di Perrault illustrato dal grande Gabriel Pacheco (Logosedizioni, 17 euro per 48 pagine, ma li valgono tutti…); a inizio anno la nuova edizione Feltrinelli dei Gatti molto speciali di Doris Lessing; le magnifiche foto di qualche mese fa ritraenti Valentino Rossi vis-à-vis nella sua casa di Tavulia col micio (manco a dirlo: di nome, di fatto e di… cognome!) Rossano; i magnifici servizi vari della scorsa estate sull’insperato riapparire del gatto selvatico -davvero: non come i nostri domestici che si fingono scorbutici…- nei boschi liguri; il divertentissimo pezzo a tutta pagina di Mattioli (ancora lui: allora è un benefico vizio, fa parte della banda! «La Stampa», ovviamente, di nuovo, del 27 dicembre) sui gatti famosi per fama ottriata dai relativi proprietari -dovrebbe essere più giusto il contrario!-; e infine la magnifica graphic novel di Caterina Scaramellini dal primo numero de «La Lettura» del «Corriere» 2018, Lui caccia topi io caccio parole. I lettori smanettanti la possono trovare da soli: https://www.pressreader.com/italy/la-lettura/2018175061507621; per gli altri, i negati come me, non potendo riportare gli squisiti disegni della grafica e fumettista lombarda più nota come Kika, ne riporto almeno gli altrettanto coinvolgenti versi di accompagnamento, quasi a chiusura di articolo. Precisando che non distillano, a differenza dei coinvolgenti disegni di attitudini del candido micio di cui sotto, dalla penna dell’autrice, ma vanno attribuiti a un anonimo monaco dell’abbazia di Reichenau (l’isola germanica del lago di Costanza), che li vergò in irlandese  del IX secolo, intitolandoli Pangur Bàn, su di un impagabile manoscritto (ora custodito nel preziosissimo Reichenauer Schulhelft in un’altra abbazia, quella austriaca di Sankt Paul: la traduzione è quella di Melita Cataldi in Antica lirica irlandese, apparsa nella… bianca “Collezione di Poesia” Einaudi, 1982):

 

ma guardatelo…

è uno spettacolo per gli occhi e per il cuore

così meticoloso e attento

eppure imbranato e giocherellone

non sbaglia mai,

cattura i topi golosi dei nostri libri,

dei miei amati libri

 

Non siamo poi così diversi

quegli occhi capiscono tutto, conoscono tutto

conoscono anche ciò che gli uomini

non possono vedere

 

anch’io, come il mio bianco Pangur sono sempre all’erta

che gioia quando completo una pagina vedere il miglioramento

l’avvicinarsi alla perfezione

la raggiungerò mai? La pratica è tanta…

ma la perfezione non è di questo mondo

forse nemmeno dell’altro

 

il mio bianco Pangur caccia topi,

io parole

a volte le prede cadono tra le sue grinfie…

… come i miei pensieri vengono intrappolati

nella rete della mia mente

 

è così felice quando vede uscire

un topo dalla sua tana

proprio come me quando riesco

a risolvere un dubbio

 

entrambi facciamo un lavoro che amiamo

e ci teniamo compagnia nella nostra cella

i suoi occhi sono fari nella tempesta

mi fanno sempre trovare

un posto sicuro

 

Quasi a chiusura, avevo scritto. Perché la chiusa vorrei dedicarla esplicitamente proprio a Zeus, il dedicatario iniziale di questo pezzo che intendeva essere lieve e non so se ce l’abbia fatta. Purtroppo ci ha piantati in asso dal maggio del 2016, con troppa fretta, meritandosi una sua piccola epigrafe (così, al gatto bianco succede il nero!):

Carissimo Zeus, hai voluto raggiungere presto il tuo posto di competenza nell’Olimpo dei Mici. Se non l’avessi fatto, oggi saresti qui a festeggiare e a scrivere insieme, ben piantato in braccio, gli occhioni gialli fissi al pc, non lesinando, data la stretta attinenza del tema, più di una tua sapiente ed attesa digitata autografa. Adesso l’Ολυμπος sarà ancora più circonfuso da nubi candide -chi l’avrebbe detto, con l’arrivo di te così nero!- di quanto gli antichi Greci non contemplassero. Tu chiacchiererai anche per noi con gli amici gatti di Πυθαγόρειο che ti raggiungessero, ma ricorderai loro che la vostra meritata fortuna è proseguita anche nella povera età moderna: Les Chats di Baudelaire e Per un gatto di Borges. Ma soprattutto -volete mettere??- Gatto nero di Rilke…