Museo Diocesano di Tortona: il ritorno dei Boxilio

E’ possibile dare luogo a una mostra temporanea bella, importante e significativa -anzi: addirittura coinvolgente- esponendo solo tre opere? La risposta è affermativa, e l’hanno dimostrato alla grande -con Lelia Rozzo, responsabile dell’Ufficio Beni Culturali della diocesi di S. Marziano- Valeria Moratti, oggi funzionaria della Sovrintendenza piemontese, e Donatella Gabba, antiquaria e restauratrice (tutt’e tre tortonesi doc) raccogliendole in un unico e assai felice spazio ristretto, presso il locale Museo della Diocesi.

Si “guardano” vicendevolmente, come a tenersi sotto reciproca osservazione, da una all’altra delle tre pareti disponibili, i tre polittici: insieme umili e maestosi dipinti. Sono quello di Carbonara Scrivia (mani di Manfredino, Franceschino e forse Beltramo Boxilio: ultimissimi anni del quindicesimo secolo, affascinante l’enigma della data precisa); il Trittico di Pozzolo Formigaro, più familiare agli occhi di molti tra noi, in quanto abitualmente dimorante nella sala consiliare di Palazzo Ghilini (firmato da Franceschino, e databile con certezza al 1507: l’avevano recuperato a suo tempo da vicissitudini franco-fiorentine il presidente Palenzona e l’allora assessore provinciale Cuttica) e il cd. Polittico della Visitazione (opera firmata di Giovanni Quirico Boxilio, il figlio di Beltramo, nipote di Manfredino e cugino di Franceschino, datata 1503) invece per noi di qui assolutamente “nuovo” in quanto lo conserva l’Ospedale Civile di Vigevano, oltretutto in modalità stabilmente non aperta al pubblico.

I Boxilio o Baxilio o Bosilio che dir si voglia, intendiamoci, sono pittori per eccellenza “locali” ma tutt’altro che Signori Nessuno: a Manfredino ha dedicato tra gli altri una voce della “Treccani” Piero Torriti già nel 1971, e ne hanno trattato Riccardo Passoni e Mauro Natale nei volumi dedicati al Quattrocento della monumentale Pittura italiana dell’Electa (1987). Se ne sono occupati numerosi ricercatori locali, e nazionalmente, in anni ormai purtroppo remoti, storiche del calibro della Brizio e della Gabrielli. Con l’acribia che lo contraddistingue, Fausto Miotti era da parte sua riuscito, lavorando sulle scritture notarili d’epoca di Viguzzolo presso l’Archivio di Genova, a mettere ordine nell’albero genealogico della famiglia di artisti (pubblicandone gli esiti nel n. 47, 1999 di «Iulia Dertona»).

L’iniziativa è l’atto conclusivo di una felice e paziente operazione, iniziata da parecchi anni, e in qualche modo idealmente parallela all’ideazione e alla realizzazione del Museo stesso, i cui meriti sono per larghissima parte ascrivibili proprio alle tre operatrici culturali sopra ricordate (si rinvia chi volesse saperne di più almeno al recente “speciale” sul Museo apparso in «Oltre»,169, gennaio-febbraio 2018).

Tutto è partito dall’impulso al recupero e al restauro della magnifica opera di Carbonara, la cui travagliatissima e lunga storia è stata brillantemente ricostruita anche in sede di inaugurazione espositiva dalla curatrici. Superando una serie di difficoltà via via frappostesi, dovendo anche ovviare ad assai notevoli disavventure cui il dipinto era stato nel passato sottoposto, un lungo, meticoloso e arduo intervento restaurativo ha finalmente consentito di riportare all’onor del mondo nella migliore delle forme realisticamente concepibili il capo d’opera. E il pieno recupero di quanto resta della Madonna in trono e Santi di Carbonara costituisce ovviamente il passo saliente della mostra: chi ha desiderio di dettagli vada a leggersi l’ampia e competente scheda storico-artistica con la relazione di restauro, sempre ad opera del duo Moratti-Gabba, al n. 45 di www.restituzioni.com). Senza trascurare la novità assoluta di aver reso visibile il polittico lomellino.

Poi, certo, ci sono in giro relativamente numerose altre opere della bottega: a Genova e a Novi, a Volpedo e a Pontecurone, a Rivalta Scrivia come nello stesso Museo (il Sant’Agostino proveniente dalla bella chiesa di S. Sebastiano della mia Voghera…), ma l’occasione qui offerta è davvero, nel suo apparente piccolo, smagliante e di prim’ordine.

I visitatori che non l’avessero ancora fatto, avranno modo, con il richiamo della mostra, di visitare l’intero Museo, che non è davvero avaro di altre emozioni. A cominciare dal Trittico di Macrino d’Alba, che li accoglierà subito all’ingresso e che, essendo, neanche a farlo apposta, esattamente contemporaneo delle tre opere proposte, consentirà di toccare con mano come esistessero, pittoricamente parlando, anche ben altri livelli. Ma forse proprio una simile comparazione, che a priori potrebbe apparire persino ingenerosa, consentirà di apprezzare ancora di più l’efficace e penetrante “umiltà” periferica, per così dire, delle opere sfornate dalla bottega della famiglia Boxilio (o Baxilio o Bosilio o forse in seguito addirittura Basiglio: le grafie del tempo non brillavano sempre per nitore…). Che poi tanto umile e tanto periferica non doveva proprio essere, se il “governatore” pro tempore del Ducato e futuro Duca, il poco raccomandabile ma gran mecenate Ludovico il Moro, nel 1490 l’aveva voluta “scritturare” tra i frescanti per la Sala della Balla nel Castello milanese.

I Boxilio, una famiglia di pittori tortonesi

Tortona, Museo Diocesano, Via Seminario 7

8 dicembre 2018-10 marzo 2019

il sabato e la domenica, 15.30-18.30

0131-816609 o 1922731

www.cittaecattedrali.it

beniculturali diocesitortona.it

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