Nella fase attuale dov’è l’opposizione?

E’ fin troppo scontato affermare che la fase politica attuale non ispira per intensità e profondità i nostri spiriti! Siamo sempre tentati, se fosse possibile, di voltare pagina, di cancellare per sempre il desolante panorama che ci si para davanti. Tuttavia non possiamo esimerci dall’analizzare la situazione, se non con passione, almeno con lucidità e senso di responsabilità per la nostra comunità nazionale.

Siamo, ormai da quasi un anno, nelle mani di un governo a forte trazione di destra, dominato da forze anti-sistema, apparentemente contrarie alle élite, con l’aggravante dell’inasprirsi del clima sociale, dell’incattivirsi degli umori che attraversano il paese, e di una ormai cronica crisi economica che non trova vie di uscita accettabili. Più di un commentatore ha osservato che il dominio dell’attuale governo ‘giallo-verde’ si basa sulla capacità di Lega e Cinque Stelle di coprire contemporaneamente i ruoli antitetici di maggioranza e di opposizione. Queste invasioni di campo nel ruolo che spetta a chi dovrebbe opporsi alla compagine governativa è facilitata molto dal dileguarsi politico delle minoranze parlamentari attuali. Quella che dovrebbe essere la maggiore forza di opposizione sembra rapita dall’incanto di un più roseo passato, che la rende evanescente sul terreno della contesa dell’oggi. La opposizione sociale e di ‘movimento’ manda segnali di risveglio; tuttavia essi saranno insufficienti se non si evitano le sirene della agitazione minoritaria e del sempre rinascente corporativismo che è tentazione malgrado tutto assai forte.

Si debbono preparare, infatti, strade nuove e più solide se si vuole costruire una vera opposizione alle destre di oggi; innanzitutto evitando le derive trasformistiche e moderate o l’agitazione massimalista fine a sé stessa.

Il tema è allora come riunificare l’opposizione sociale nel paese e con quale ipotesi politica. In tal senso non si può che vedere positivamente lo sforzo unitario delle tre sigle confederali, segnatamente di CGIL e CISL, che è opera indispensabile non solo per porre di nuovo l’unità dei lavoratori e le loro esigenze al centro del dibattito del paese, ma per dare un filo conduttore a tutte le rivendicazioni civili, di genere e ambientali che animano il tessuto sociale e che chiedono di essere riconosciute in un discorso più generale e più forte. Solo l’ unità di grandi masse, oggi disorientate e chiuse nella loro condizione di vita difficile e apparentemente immodificabile, può rilanciare una opposizione viva, coerente, e utile a disegnare un progetto per il futuro della nostra Repubblica. I grandi obiettivi, così come le grandi questioni sul tappeto, non mancano; dalla necessità di redistribuire il reddito per fare ripartire una produttività del sistema economico stagnante da decenni, dalla esigenza di coniugare produzione e consumi con la conservazione dell’ambiente, fino al progetto di tenere insieme piena occupazione e riduzione di orario per battere la tendenza dello sviluppo tecnologico a risparmiare lavoro in termini relativi ed assoluti.

A tal fine, l’unità sociale non può che specchiarsi in un parallelo processo di unità nuova sul terreno delle forze politiche, perché fra sociale e politico non può andare oltre una contrapposizione, teorica e oggi praticata spesso a sinistra, manichea e inconcludente che aggrava tutti i nostri problemi. Dobbiamo, detto in altro modo, non lasciare solo lo sforzo che i sindacati stanno conducendo, pena l’aggravarsi di una crisi che non è solo della sinistra ma è del paese intero. Ecco perché è indispensabile non tergiversare più con la necessità di ripensare la sinistra oggi e di ridefinire ciò che si intende ormai con il termine centro-sinistra. Infatti, che cosa è la sinistra, e il suo riformismo, se non la difesa della democrazia, e delle libertà nel e dal lavoro, dalle dinamiche capitalistiche che proprio la democrazia tendono a divorare! Quale democrazia sarà mai quella accetta che sia normale lasciare nella indigenza e senza occupazione vasti strati sociali! Contro queste dinamiche, che non sono il destino inesorabile della storia, contro il ritorno di gerarchie sociali inaccettabili, la sinistra deve ritrovare il suo significato e combattere la sua battaglia con coraggio.

Se questo è il senso profondo della sinistra, non si può non notare che nel centro-sinistra e nella sua cultura si è prodotta negli ultimi anni una frattura che va riconosciuta e affrontata, fra liberismo mercatista e un ritorno del riformismo alla naturale critica del capitale e del conflitto sociale.

Per questo, come notano sempre più vari osservatori cattolici dei fatti della politica, ( Merlo, Follini, Monaco e Fioroni), sembra ormai utile e necessario un ritorno alle identità del passato, alla separazione fra culture di sinistra e di centro, piuttosto che perseverare nel partito che assorbe e annulla ogni differenza e il senso dei programmi politici dietro l’eterno innalzamento di un leader che, come uomo solo al comando, risolve tutti i problemi e ‘salva la patria’. Comprendo che apparirà contraddittorio separare per unire poi in alleanze programmatiche, ma solo dando forza alle varie culture politiche si combatterà meglio il populismo anti-partiti che oggi impera, piuttosto che dare una versione democratica del populismo che peraltro, non fa meno danni. L’ aver compresso liberali e azionisti, cattolici popolari ed ex comunisti nel PD ha creato, semmai, un ‘silenzio’, come ricordava a Renzi De Mita in un dibattito televisivo, un silenzio che ha privato parte della società italiana dei suoi tradizionali punti di riferimento.

Ecco, dunque, il percorso nuovo che, credo, inevitabilmente si dovrà avviare al più presto. Con l’ avvertenza che non sarà concesso a nessuno accampare ‘borie di partito’, superiorità culturali egemoniche, e ridicole ‘vocazioni maggioritarie’; pena dover affrontare una nuova e più drammatica sconfitta di fronte all’avanzare delle destre nazionaliste.

Alessandria 12-05-2019

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*