Oggi si fa vile commercio dei diritti del popolo Saharoui, ieri il PCI e la sinistra italiana sostenevano il suo diritto all’autodeterminazione

1… “Al centro del filone marocchino della scandalo che ha travolto il parlamento europeo, la questione del Sahara occidentale. Rabat ha puntato a corrompere parlamentari e funzionari per aggirare la sentenza della Corte di Giustizia Ue che salvaguardava il diritto ai profitti dei Saharawi per le risorse del loro territorio.”  (“Il Domani” 19 dicembre 2022)

Questo e altri articoli confermano il fondato sospetto che alla base delle operazioni corruttive verso taluni settori del parlamento europeo e/o personaggi contigui, in corso di accertamento da parte della magistratura, ci possono essere problemi relativi alla questione della indipendenza della Repubblica Saharoui democratica (Rasd), irrisolta dal 1976.

Come si potrà leggere nella sottostante nota, la questione dovrebbe essere risolta con un referendum, che l’Onu non riesce ad organizzare, per la sovranità su detti territori che, come sancito dal vigente diritto internazionale anticoloniale, in base al principio dell’autodeterminazione dei popoli colonizzati. Sulla situazione attuale del conflitto saharoui -marocchino e sulle implicazioni internazionali segnalo questo sito:  https://www.atlanteguerre.it/conflict/sahara-occidentale/#:~:text=Situazione%20attuale%20E%20Ultimi%20Sviluppi

Qui mi fermo, poiché desidero parlare di un’esperienza vissuta, nel 1981, nel deserto del Sahara Occidentale, da cui si può evincere che, fin dalla nascita della relativa questione (1976), il PCI e altre forze della sinistra italiana si schierarono per il diritto all’autodeterminazione del popolo saharoui.

Purtroppo,oggi, leggiamo di taluni personaggi, sedicenti di sinistra, che potrebbero trovarsi immischiati in questa turpe faccenda. La nostra fu una posizione coerente e leale, poiché Il nostro sostegno alla giusta causa saharoui non ci impedì d’intrattenere buoni rapporti con i partiti della sinistra marocchina (Usfp, Pcm), con taluni membri de l’Istiqual presso i quali io stesso portai, nel corso di assisi congressuali, il messaggio chiaro del PCI anche su quel doloroso conflitto.

2…A conferma, riprendo alcuni passaggi di un mio articolo (pubblicato su “Agoravox.it”) dove si parla di un viaggio, del 1981, di una delegazione parlamentare unitaria italiana (PCI, PSI, PR) recatasi nei territori liberati dal Fronte Polisario. Il programma della nostra missione consisteva in visite ai campi profughi, dov’erano ammassati decine di migliaia di saharoui (soprattutto donne, bambini e vecchi), in colloqui con i principali dirigenti del Fronte e in un sopralluogo a Guelta Zammur, una collinetta fortificata al confine con il deserto mauritano considerata strategica poiché sovrastava una sorgente (guelta) d’acqua chiara, l’unica in quella desolata regione.

Sapevamo che per il possesso di tale “guelta” si erano affrontati, un mese prima, le forze regolari marocchine che la presidiavano e reparti combattenti del Polisario che sostenevano di averla conquistata.

Una vittoria contestata, negata (dalle autorità marocchine) che la delegazione parlamentare andava a certificare mediante una constatazione de visu.

Nella battaglia erano caduti, da entrambi le parti, centinaia di combattenti, a molti dei quali non fu data nemmeno una degna sepoltura. Vedemmo corpi, pezzi di corpi umani, affiorare, semisepolti, dal sottile strato di sabbia che li copriva. Migliaia di morti per una conca d’acqua che, quasi per una beffa del destino, non era più potabile poiché avvelenata dai marocchini in ritirata. Noi stessi, per dissetarci, dovemmo raggiungere un pozzo posto a circa cento chilometri di distanza.

Le jeep filavano dentro quel deserto piatto e brullo. A parte un paio di pastori, secchi e scuri come una carruba ragusana, non incontrammo in quel lungo cammino altre tracce d’umanità. La notte si dormiva all’addiaccio, sotto un tetto di vivide stelle, ognuno dentro un fosso ch’egli stesso si scavava nella calda sabbia per combattere gli effetti algidi dell’escursione termica.

3…Ogni tanto una sosta per sgranchirci le gambe. Intorno al pentolino del thè si fraternizzava con quei giovani guerriglieri che non si staccavano un attimo dal loro fucile d’ordinanza.

Ci parlarono, con un entusiasmo quasi sportivo, della recente battaglia, e del kalashnikov come del fucile più efficiente in circolazione: leggero, duttile e preciso, “riusciva a colpire – dissero – con micidiale precisione un bersaglio posto a 700 metri”.

Vista la nostra assoluta incompetenza in fatto di armi, i fedayn – per risultare più convincenti – ci proposero di provarlo. Quasi a dire: provare per credere. Anch’io tirai un colpo per curiosità, quasi per gioco. Tuttavia, per quanto nobili fossero le ragioni della loro lotta, quell’elogio un poco mi atterriva, specie dopo aver visto tutti quei corpi semisepolti. Immagini indelebili, ossessive che s’intrecciavano con quelle delle cataste di armi e di mine antiuomo e anticarro affastellate sul pianoro. Infatti, la zona tutt’intorno alla sorgente era minata. Gli sminatori avevano aperto un corridoio per consentire il nostro passaggio. Per tutto il tragitto di avvicinamento ci era stato caldamente sconsigliato di abbandonare lo stretto corridoio da poco sminato.

Tutti questi morti per una conca d’acqua? Interrogativi, pensieri nascosti, forse da tutti condivisi, ma inespressi. Non riuscivo a liberarmi di quel funesto assillo, di quella mortifera relazione fra il fucile e quei corpi, quegli arti inanimati. Sentivo, forte, una sensazione di repulsione, di sgomento per l’infamia delle armi verso le quali nutrivo un’innata avversità.

Contrarietà che diventerà rifiuto dopo aver percepito meglio, più distintamente, come membro della commissione difesa della Camera dei Deputati, gli intrecci perversi, spaventosi, e assai lucrosi, esistenti fra produzione, commercio e uso delle armi.

4…Storicamente, la sinistra italiana ed europea si è sempre ispirata alla pace, ha rifiutato la guerra e il metodo terroristico. Nel passato, talvolta, abbiamo sottostimato, perfino deriso, certe esperienze basate sulla non-violenza”. A mio parere, oggi, è tempo di ricredersi e di assumere quel metodo di lotta politica come uno dei valori fondanti della nuova sinistra che, prima o poi, rinascerà dalle ceneri della sedicente sinistra attuale.

Ovviamente sappiamo che è difficile parlare di non-violenza a chi lotta controun’occupazione straniera o contro una crudele dittatura per affermare i diritti all’indipendenza e alla libertà dei popoli. Tuttavia, secondo i casi, la non-violenza potrebbe essere la soluzione. La lotta dell’India di Gandhi è uno degli esempi di riferimento. D’altra parte, il conflitto del Sahara Occidentale dura da troppo tempo, insoluto e sempre più intriso di odio e propositi di vendetta. Dal 1976. Con i marocchini barricati dietro un lunghissimo muro di sabbia (un altro muro di cui non si parla!) che segna il confine del cosiddetto “triangolo utile” e i saharoui rimasti “padroni” della parte restante del Paese, ossia del vasto ed arido deserto nel quale hanno insediato la Rasd.

Da oltre 30 anni, nessuno dei due contendenti riesce a prevalere militarmente sull’altro, mentre la “comunità internazionale” cincischia, rinvia, non riesce a imporre una soluzione politica secondo i principi della Carta dell’Onu Un conflitto dimenticato che dilania un popolo, altrettanto dimenticato, nel quale si confrontano aspirazioni legittime e avide pretese sub imperialiste che stanno portando l’Africa alla deriva. (23/12/2022)

di Agostino Spataro*

* https://it.wikipedia.org/wiki/Agostino_Spataro

 

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