Parcheggio e stazione ferroviaria

Il Comune di Alessandria ha acquisito un area in fregio alla stazione FS di complessivi 19.820 mq, di cui circa 10.850 destinati a parcheggio pubblico per circa 400 posti auto. La restante parte di circa 8.430 sarà utilizzata per la creazione di un Terminale Bus che permetterà di convogliare in un unico sito le partenze e gli arrivi degli autobus per le diverse destinazioni.

La prima reazione è: “era ora”; non credo ci possano essere persone di buon senso contrarie alla realizzazione di parcheggi e del terminale dei bus  negli spazi adiacenti alla stazione ferroviaria.

Le considerazioni che mi sento di fare, senza voler inficiare la bontà dell’operazione, sono due.

  1. Apprendiamo che il Comune ha speso a € 1.525.000 (più gli oneri fiscali di Legge) ovvero circa 77 euro al mq, considerando il costo dei 10.850 mq destinati a parcheggio di solo costo per l’acquisizione dell’area ogni posto auto costa quasi 2.100 euro! I cittadini automobilisti desiderosi di parcheggiare gratis e dovunque, ( solitamente blanditi dai politici alla ricerca di consenso) pensano a quanto i cittadini contribuenti (meno numerosi degli automobilisti)  spendono per farli parcheggiare?  Ma pur trascurando (vedi seconda considerazione) la spesa per l’acquisto  dell’area, è eccessivo pensare che il Comune sopporti un costo annuo per ogni posto auto quantificabile in circa un centinaio di euro tra spese di manutenzione, pulizia illuminazione, un minimo di sorveglianza e quant’altro? La spesa va fatta, ma devono contribuire sempre i soliti?
  2. Ogni volta che sento che qualche Ministero, ente pubblico o SpA che ha avuto in dotazione un bene pubblico chiedere a qualunque altro ente o struttura pubblica un compenso per cedere un bene già demaniale mi indigno. Che sia un edificio o un area ferroviaria inutilizzati mi sembra assurdo che, trattandosi di un bene del “popolo”, il comune ( o un altro ente pubblico) che per interesse pubblico ha necessità di quel bene debba pagarlo per utilizzarlo. Non sono pregiudizialmente contrario, in casi particolari, alla vendita di beni pubblici, ma quando più o meno finti riformisti hanno approvato le leggi che permettevano di “far fruttare” il patrimonio pubblico ho sostenuto la tesi che il tutto assumeva piuttosto le sembianze di una pianificazione della “spartizione del bottino” dei beni pubblici.

Il patrimonio delle FS è passato alle società del gruppo che hanno iscritto i beni a bilancio con un valore a volte anche alto e i dirigenti delle varie società, in base agli indirizzi cercano di realizzare il massimo anche a spese del Comune. Non sarebbe più giusto che qualunque bene già di proprietà demaniale, quando può essere utilizzato nell’interesse pubblico, venga concesso dalla società o ente che lo ha in consegna, anche solo per un periodo più o meno lungo, in uso gratuito?  Veramente si può pensare che la cessione a titolo oneroso migliori l’efficienza della pubblica amministrazione e i conti dello stato? Di sicuro con le scarse risorse a disposizione, l’esborso dai grosse somme  per acquisire beni già demaniali  può rendere difficile per gli enti locali la realizzazione di progetti importanti. O piuttosto, nascondendosi dietro teorie economiche neoliberiste (la cui base etica sembra basata sul darwinismo sociale del “homo homini lupus”, screditato dai naturalisti[1]), gli autori di queste regole amministrative hanno creato le condizioni per il saccheggio dei beni pubblici?

I risultati prodotti sembrano accreditare quest’ultima supposizione. E purtroppo i comportamenti dei politici in questi giorni non contribuiscono a smentire l’ipotesi.

[1] Richard Dawkins autore de “Il gene egoista”,  mettendo in rilievo i vantaggi della collaborazione reciproca, nell’edizione del 1989 ha inserito il capitolo 12 dal titolo “I buoni arrivano primi” – Mondadori ed.

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