Il Partito Democratico cambia pelle

Nicola Zingaretti, Segretario del Partito Democratico, ha lanciato la sfida: “Dopo le elezioni regionali del 26 gennaio il PD non sarà più lo stesso, convoco il Congresso con una proposta politica ed organizzativa di radicale innovazione e apertura.

In questi mesi la domanda di politica è cresciuta, non diminuita. E noi dobbiamo aprirci e cambiare per raccoglierla. In altre parole il Partito Democratico si scioglie e nasce un nuovo soggetto politico più vasto e plurale, con l’obiettivo di includere (non solo nella raccolta del consenso, ma anche nella ridefinizione delle strutture e degli organismi) la società civile, i movimenti, le sardine, tutte le forze democratiche, progressiste ed ambientaliste”.

La sinistra italiana si prepara all’ennesima svolta. Dopo la fine del comunismo annunciata da Berlinguer che nel dicembre del 1981 dichiara esaurita la spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre, dopo la Bolognina di Occhetto nel novembre del 1989 e l’addio al PCI nel febbraio del 1991. Dopo la lunga transizione al Pds e ai Ds. Dopo l’Ulivo nel 1996 e l’Unione nel2006, dopo la nascita del PD nell’ottobre del 2007. Dopo tutto questo, il riformismo italiano è ancora una volta di fronte al bivio: cambiare o perire. Zingaretti vuole cambiare insieme ad un governo anomalo che non può reggere se a sua volta non cambia. Il suo ragionamento parte proprio da qui, da un esecutivo che arranca senza progetto, da una maggioranza che galleggia senza identità, e da un PD sospeso tra la paura di consegnare il Paese a Salvini e l’ansia di non declinare insieme a Di Maio, la tentazione di nascondersi dietro Conte e l’ossessione di non farsi sabotare da Renzi.

Di Maio esercita il proprio ruolo di capo dei 5 Stelle nei confronti degli alleati e dei problemi del Paese con un’impronta punitiva e ricattatoria che anziché far emergere una strategia unitaria da parte del governo, ne accentua le divisioni.

Non è tempo di distruggere ma di costruire. E quella che va costruita subito è una visione e poi un’azione comune, su pochi capitoli chiari: come creare lavoro, cosa significa green New  deal, come si rilancia la conoscenza, come si ricostruiscono politiche industriali credibili nell’era digitale. Di qui i cinque punti indicati da Zingaretti:

  • L’Ambiente: Al primo posto la rivoluzione verde per la crescita, con la de-carbonizzazione dell’Ilva e l’efficientamento energetico degli uffici pubblici.
  • La Burocrazia: l’idea è quella di un’Italia semplice per costruire una cultura pro-imprese e tempi certi nei rapporti con lo Stato.

3) Parità salariale tra uomo e donna a nord e sud

E un coordinamento dei sindaci dei Comuni sotto i 5 mila abitanti.

4) Istruzione: Aumentare la spesa per portarla ai livelli Ocse. Libri gratuiti e scuole aperte di pomeriggio; concorso per 10 mila nuovi ricercatori.

5) Salute. Un piano per la salute e l’assistenza.

 Il PD non è subalterno ai grillini. Con la manovra di bilancio abbiamo affermato forti elementi di discontinuità, dal cuneo fiscale alla lotta all’evasione, dal rapporto con l’Europa ai migranti. Altro che subalternità.

La linea unitaria sta pagando come dimostrano i sondaggi, e caso mai apre contraddizioni in chi non vuole scegliere come Di Maio che insegue la fantomatica “terza via tra destra e sinistra”. Non esiste la terza via lo conferma lo sfarinamento dei 5 Stelle tra espulsioni e fughe, interventi commissariali di Grillo e ripensamenti sulla leadership di Di Maio dimostrano che l’Italia sta gradualmente tornando ad uno schema bipolare.

Il Partito Democratico deve ancora una volta porsi al centro di un processo di rinnovamento e cambiamento radicale. Tutti avvertiamo il malessere che serpeggia nelle pieghe della nostra società, tra le giovani generazioni e quelle più mature che sovente avvertono un senso di abbandono da parte  delle istituzioni periferiche e dello Stato. Dobbiamo tutti insieme recuperare livelli di convivenza più civili, più rispettosi gli uni degli altri, come pre-condizione per affrontare in uno spirito più solidaristico le grandi sfide imposte dall’inquinamento e riscaldamento del globo, dalle trasformazioni determinate dalle innovazioni tecnologiche e dal diffondersi, in ogni branca delle attività umane, dell’informatica e dell’automazione che compromettono gli stessi livelli occupazionali.

                                                    di Alfio Brina

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