PD, ora un Congresso straordinario!

Il pregresso è noto ma è giusto riassumerlo. L’estate ha portato la crisi di governo e l’immediata maturazione delle condizioni per un accordo PD-5stelle confluite nella formazione del Conte bis. Con tutti i se i ma del caso –  e noi ne avremmo da elencare parecchi –  così è andata.

La perplessità maggiore nasceva proprio dalla confusa finalità della nuova maggioranza a sostegno del Conte Bis. Le recenti posizioni espresse da Zingaretti e Grillo fugano ogni dubbio a vantaggio della volontà di costruire un progetto neo-progressista per il XXI – o come preferite chiamarlo –  che sia in grado di dare una prospettiva culturale ad una compagine di governo che sembra non averla ancora maturata.

Del resto stiamo parlando di una svolta epocale che non poteva e non può maturare in poco tempo. Le incognite sono tante, a partire dallo start di questo asse, non bisogna dimenticarlo, che ha tagliato il nastro con l’accordo per l’elezione della Von der Leyen alla guida della Commissione europea.

Chi come noi spera in un radicale cambio di marcia nel rapporto UE-Stati membri con la necessità di costruire un asse euro-mediterraneo solido vuole capire di cosa si sta parlando. Ma al momento questo aspetto può essere un dettaglio.

A ben vedere questa storia parte da lontano, da quando il Pd appena nato mostrava già le sue prime contraddizioni nel far fatica a capire che fuori dai partiti tradizionali o figli di una lunga storia democratica stava crescendo un’ondata politica post-ideologica e “populista” cresciuta poi sull’onda della crisi economica.

Ma c’è un momento preciso e lo ricordiamo, era il luglio del 2009 quando Grillo manifestava la voglia di entrare nel Pd per partecipare alle primarie. I dirigenti storici fecero muro. Ignazio Marino usò altre parole: “Grillo? Perché no? Seguendo le regole della democrazia, chiunque ha le carte e le firme lo può fare. Io non giudico le persone, se Grillo arriverà con una mozione strutturata e risposte concrete sui temi che preoccupano le persone che vivono nel Paese, non vedo perché debba essere escluso“.

Fuori dal Pd ma sempre nel campo del centrosinistra pure Di Pietro invitava a non dileggiare Grillo come invece si divertivano a fare in molti. Come andarono le cose è inutile ricordarlo, come concludere su chi avesse ragione.

Oggi non si sta parlando di Grillo nel Pd ma di un avvicinamento fra un movimento nato per spazzare via i partiti e un soggetto politico, il PD, che crede da sempre nell’insostituibilità dei partiti per la qualità della democrazia italiana. È un fatto rilevante che merita di essere vissuto se, insieme, si riuscirà a far emergere un progetto democratico, partecipato che sia in grado di sgretolare l’ondata di antipolitica che non serve a nessuno.

Non si tratta di normalizzare il Movimento 5stelle e nemmeno violentare la dimensione riformista del Pd. Come scrivevamo già un anno e mezzo fa, anticipando quanto ora sta avvenendo in questi giorni, si tratta di capire se ci siano le condizioni per promuovere una serie di politiche e prassi atte a riavvicinare i cittadini alla politica sulla base di principi e modi a parole apprezzati da tutti ma che abbiamo visto applicati e riconosciuti

raramente.

Trasparenza, rinnovamento, passione, attenzione ai ceti meno abbienti, riforma del capitalismo rapace, lotta ai paradisi fiscali, riforma radicale dell’Europa, più attenzione alle persone e meno allo spread, chiusura dell’era della finanziarizzazione dell’economia.

Uno straccio di progetto che sappia valorizzare i principi socialisti e democratici sani in un modo contemporaneo. Anche creativo, se vogliamo cogliere il messaggio emerso dall’assegnazione del premio Nobel ad un gruppo di economisti che cerca di insegnare al mondo quanta sperimentazione e fatica sul terreno locale debba essere messa nei progetti di sviluppo, se davvero vogliamo parlare di ricchezza vera, non estratta, creata. Ce lo dicono Mariana Mazzucato, Angus Deaton, Joseph Stiglitz e Thomas Piketty da anni, ma lo diceva in passato anche Albert Hirschman.

Non ci sono formule magiche e non ci salverà nemmeno l’icona di Keynes se non sapremo inventarci qualcosa di buono, forti dei nostri valori storici, delle lezioni del passato ma coscienti che viviamo un’epoca del tutto nuova e che come tale deve essere affrontata. Perché il pericolo di un nazional-liberismo autoritario alla Trump ha dispiegato tutta la sua forza nel mondo occidentale, e non solo, già da un paio d’anni, e il rischio contrapposto di una deriva tecnopopulista in forma di neofeudalesimo digitale da parte dei colossi della digital economy è anch’esso percepibile, anche se forse ancora a frequenze più basse rispetto al primo.

Quanto emerso nel corso della direzione nazionale del PD apre una riflessione che solo un congresso può sciogliere. Tuttavia, bisogna capire cosa dovremo discutere: all’apparenza il tema si potrebbe ridurre a ciò che deve essere l’esito del nostro rapporto con i 5stelle. Ad una lettura più attenta, però, appare chiaro che l’obiettivo è capire quanto e come siamo disposti a cambiare noi rispetto al profilo che abbiamo dato al PD negli ultimi anni e, soprattutto, nella nostra esperienza di governo.

L’approdo di un’alleanza strategica tra i Democratici e M5S è denso di rischi e pericoli, se lo approcciamo in termini politicisti o, peggio, con la pretesa di evangelizzazione dei barbari è destinato ad essere la somma di due debolezze; ma se, invece, il Partito Democratico interpreterà fino in fondo la speranza di cambiamento che le primarie del 3 marzo scorso hanno richiesto a gran voce sui temi sociali, ambientali e scioglierà i nodi e le ambiguità che lo hanno accompagnato, potrà ricostruire un campo largo dei progressisti che non sia sotto il capestro di “contratti” o ubbie personali.

Forse Grillo e Zingaretti puntano a questo, forse vogliono dire che la guerra è finita ed è il momento di ri-costruire. Per chi pensa invece di essere ancora in trincea allora sarebbe bene chiudere ogni dubbio e ambiguità con un bel congresso straordinario in tutti i Circoli e Federazioni Pd, almeno in quelli in cui non si sia tenuto dopo l’elezione di Zingaretti.

Giorgio Abonante, Giorgio Laguzzi, Giordano Otello Marilli

Dall’originale pubblicato su : https://ilponte.home.blog/2019/10/16/pd-ora-un-congresso-straordinario/

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