“Piccoli addii” -il nuovo libro di Giovanni Mariotti edito da Adelphi

A 85 anni, di che qualità sono i nostri ricordi e, come interroga Woody Allen: sono qualcosa che abbiamo o che abbiamo perduto?   

Giovanni Mariotti, classe 1936, traduttore e saggista che ha scritto : Matilde – a detta di Pietro Citati – “il più bel romanzo scritto in Italia negli ultimi venti anni”, si è cimentato con gli addii alle piccole cose che non ci sono più.

Ognuno di noi, se ha l’onere e l’onore di diventare vecchio, porta con sè la memoria di momenti ineffabili, fatti il più delle volte dalle cose che, nel momento che le viviamo, sono talmente quotidiane da non apprezzarne più il senso sacramentale che invece, ogni cosa porta con sè.

E’ solo invecchiando che possiamo sostare nei silenzi, che gli acciacchi e i dolori delle perdite ci aiutano ad apprezzare come nuove sorgenti, a cui attingere al patrimonio dell’Invisibile, patrimonio che sempre più esiliamo e che è invece il prezioso scrigno che ci ricollega alla dimensione dove tutti è inseparabile, dove la memoria diventa esile filo d’oro per ricucire quel che – ferito – avevamo lasciato ferito, quel che – perduto – credevamo perduto.

Oggi, dove tutto si butta, dove tutto si sostituisce nel giro di un attimo, dove veniamo quotidianamnte istigati all’acquisto senza nessun nostro vero desiderio, ma solo istupiditi da bisogni indotti, tornare dentro la memoria vuol dire tornare umani, dove l’addio è frutto di quel sapere lasciare “poveri e in spirito”.

Le calze velate e la volpe al collo delle donne, le sigarette che si acquistavano sciolte, la carta assorbente e i treni a vapore, sono solo alcuni dei nostri “addii”, ma in questo piccolo azzurro libro –Microgramma 6 Adelphi5 euro – Mariotti si spinge sull’implacabile meccanismo delle sostituzioni che coinvolge non solo gli oggetti, ma anche gli uomini e ci risveglia il cuore , affinchè possiamo ritrovare la conturbante danza di Tristezza e Bellezza, fatta di quella caducità che, se riconosciuta e presa tra le nostre amorose braccia come si fa con un bambino spaventato, ci aiuterà – quando sarà il nostro momento degli addi – ad abbandonarci senza paura nel vento del nostro umano autunno.

“Dimenticati in qualche angolo o buttati chissà dove, i fogli di carta assorbente conservarono per qualche tempo le tracce dei dettati, dei “pensierini”, delle “composizioni” di cui si erano  docilmente impregnati………………..…L’inchiostro era contenuto in bianche tazzine di porcellana incastrate nei banchi di legno tinti di nero e poteva accadere che una goccia si lasciasse andare dal pennino e cadesse sul foglio del quaderno. Quando la asciugavamo, la carta assorbente ne conservava l’impronta, che in mezzo all’intrico degli altri segni  – orme delle lettere imparate, dei nostri piccoli saperi – spiccava come una lacrima grande, dilatata………………….  

di Patrizia Gioia

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