Il “Re pera” e la rivolta dei giubbini gialli

Vorrei iniziare questo articolo con un ricordo riferito ad un libro scolastico, di storia se la memoria non mi inganna, nel quale era raffigurato il Re borghese Luigi Filippo, che fu Re di Francia negli anni trenta e quaranta dell’ottocento, con il suo viso, rubicondo e gioviale, che lentamente si trasformava in una pera; da qui il soprannome che la satirica vignetta gli assegnava: ‘Re pera’.

Ogni volta che penso alle pompose tentazioni regali del presidente Macron non posso che associare la sua figura al tanto satireggiato Luigi Filippo; la parabola del Macron assomiglia molto ad un sire che trasforma il suo viso in una pera, e tutte le sue ambizioni terminano con grandi fallimenti e cadono spesso nel ridicolo. Più in alto si sale e più si rischia di farsi male se sventuratamente si cade.

E deve essere una ironica coincidenza se proprio il giorno prima dell’esplodere di una clamorosa protesta contro il ‘caro-benzina’, attivata da cittadini dei ceti medi e bassi della Francia prevalentemente rurale, Macron ha ammesso di non essere riuscito ad conciliare il potere simboleggiato nell’Eliseo  ai cittadini. Tuttavia quello era il suo compito principale, riportare il controllo delle masse popolari sotto la guida di solide politiche liberali e cosmopolite. La protesta che si è accesa in questi giorni per le strade del paese transalpino, e che ha caratteristiche nuove e per certi versi inquietanti, e sulla quale torneremo, è l’ ennesimo segnale della caduta della popolarità del presidente francese, un segnale ben più solido dei semplici sondaggi di opinione.

I blocchi stradali dei giubbotti gialli sono il segno che i ceti medi francesi non riescono più a tollerare, date condizioni di vita sempre più difficili, nemmeno un semplice rincaro del gasolio, pur se questo atto è stato giustificato come primo passo di una politica per limitare l’ inquinamento delle auto attuali auto e per facilitare l’ arrivo di nuove tecnologie più pulite.

La situazione originatasi in Francia consente di svolgere alcune riflessioni di non breve momento.

Salta subito agli occhi la debolezza della politica di Macron e la fragilità del suo potere; eppure in Francia c’è un sistema istituzionale presidenziale, il governo e il presidente legiferano, malgrado il parlamento e in barba ad ogni sbandierato principio liberale della ‘divisione dei poteri’. Ancora una volta è dimostrato come l’ ingovernabilità delle nostre democrazie ‘Occidentali’ non è determinato da una scarsa capacità del governo di avere un potere forte sul parlamento, oppure causata da leggi elettorali proporzionali che determinano perniciose frammentazioni politiche. Macron in Francia ha poteri, ha una ‘investitura’ istituzionale data dal sistema a doppio turno e dall’organismo presidenziale, che gli consente di ‘comandare’, disfare e imporre. Eppure la società è inquieta, il governo tende a non controllare la situazione, cerca di imporre le cose ma non le ‘governa’, si illude con un mal inteso ‘cadornismo’ istituzionale di tenere insieme la società dall’alto.

Ma la democrazia è in crisi, perché è in crisi il meccanismo della eguaglianza sociale, e non vi è potere centralizzato che può dominare il caos che ne deriva.

Ritornano in mente le parole, se non sbaglio scritte nel memoriale, da Aldo Moro quando affrontava egli il tema delle riforme istituzionali tese a impedire il confronto impossibile fra conservatori DC e partito Comunista; a tale tendenza egli rispondeva insistente che non si risolvono i problemi politici con aggrovigliate invenzioni elettorali.

I corpi intermedi sono stati, in questo gioco di centralizzazione dei poteri direttamente investiti dal popolo col voto attuato in sistema elettorale maggioritario, sconfitti e relegati ai margini, in prima battuta ha subito questo processo il sindacato. Il risultato è stato accentuare la frammentazione e la corporativizzazione della società; tutti temono la crisi e non conoscendo vie per uscirne ci si limita al fatto che le conseguenze di queste siano pagate da altri o da altre categorie sociali. In questo senso i conflitti non sono mediati né dai grandi corpi sociali né dalle istituzioni, e allora si accentua la guerra di tutti contro tutti e di tutti contro il governo, fino a che non si presenterà sulla scena un nuovo ‘uomo’ della provvidenza o un altro pifferaio magico.

Inoltre la protesta non si esprime per chiedere più eguaglianza e diritti sociali, ma semmai è una protesta difensiva, anti tasse e contro innovazioni tecnologiche che migliorino l’ambiente e le condizioni dei trasporti in generale. Ma sono i ceti medi e bassi che trovano intollerabile che nella transizione a un sistema nuovo si attacchi la propria libertà a consumare benzina, a non pagarvi troppe tasse sopra, per paura di non essere in grado di mantenere nella nuova situazione il tenore di vita degli anni prima della crisi. Ne deriva che ogni svolta ambientale che si progetti non può che tenere conto del vasto consenso, reale o indotto dagli stili di vita necessitati, che politiche inquinanti hanno ancora nelle nostre società. Il sistema capitalista ha negli ultimi decenni, alle nostre latitudini, garantito la libertà di ognuno di avere un auto sotto il sedere, a volte anche due. Oggi diventa difficile impostare nuove politiche ambientali sui trasporti se prima non si intacca, negli usi e nlle mentalità, un individualismo consumistico diffuso e pervasivo.

Infine, alcune considerazioni strettamente politiche. Macron non sa più come uscire dalle difficoltà e dai problemi che la piazza gli pone se non usando la repressione oppure attendendo che il movimento plachi la sua spinta; la Le Pen è il politico più attrezzato per sfruttare e cavalcare la rivolta dei gilet gialli. Melenchon cerca ingenuamente di cavalcare, in concorrenza con le destre, la protesta ma pare non impostare una politica tesa a spostare questo movimento sulla difesa dei servizi pubblici, istanza che pure è presente nelle pieghe di questa manifestazione sociale. I sindacati, storditi dai provvedimenti di Macron e dalle sconfitte subite, restano diffidenti nei confronti del nuovo movimento, senza cercare minimamente di reagire e di dare un nuovo sbocco ad una protesta che diversamente gonfierà solo le vele della destra.

Alessandria 25-11-2018

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