Renato Kovacic. Un uomo giusto. Una grande perdita.

A poco più di settant’anni se ne va una delle persone più buone e sincere di questa provincia. Un uomo profondamente “giusto”, amante della dialettica e del confronto, disposto a cambiare le proprie opinioni, se convinto. Da piccolo fino alla militanza in fabbrica e nel Sindacato si è sempre distinto per il rispetto dell’organizzazione e con responsabilità ha sostenuto anche scelte (del PCI di allora e dello stesso Sindacato), che cercava / voleva condividere ma che , a volte, gli lasciavano l’amaro in bocca. Conosceva bene la storia del c.d. “fronte orientale italiano”, di Trieste, di Gorizia, della sua amata Istria, degli Sloveni e dei Croati e, ovviamente, degli Italiani di cui aveva condiviso tutto il dramma degli abbandoni delle terre di origine per cercare rifugio e fortuna in Italia. Spesso tornava a Porec/Parenzo dove aveva ancora parenti e ne parlava sempre con entusiasmo…Chiamava quello spicchio di mondo “la mia gente” perchè le sue radici, comunque, sono rimaste là, così come il suo cuore. Ci ha fatto apprezzare, ai tempi, l’originalità del comunismo titino, la ricerca di indipendenza di una nazione, la Jugoslavija, nata da una serie di compromessi tra superpotenze, immediatamente dopo la Prima Guerra Mondiale. Una sperimentazione di coesistenza pacifica tra popoli che parlavano dialetti diversi della lingua slava dei Balcani e che si intersecava con chi quella lingua la parlava per motivi amministrativi, politici o per lavoro. E, il nostro Renato, li conosceva tutti, ovviamente gli Italiani, ma anche gli Ungheresi, i Rumeni delle “Porte di ferro”, le minoranze turche di Bosnia, i molti focolai albanesi presenti in più punti delle regioni meridionali dell’allora Jugoslavija. Un crogiuolo di lingue e culture che esplose negli anni Novanta e di questo Renato fu molto turbato.  Persino dei Rom, presenti anch’essi in vari punti dei Balcani jugoslavi, parlava con cognizione di causa. Ne spiegava le particolari caratteristiche, le abitudini, le simpatie tutte gitane, la bellezza dei loro bimbi e delle loro donne, le musiche meravigliose. Sempre cordiale, sempre col sorriso brillante come gli scogli bianchissimi delle isole del Quarnaro. Amante della compagnia seria e mai banale. Aveva una innata capacità nel trasmettere sentimenti positivi, nel creare curiosità. Anche quando parlava del lavoro alla Michelin non si lasciava mai andare ad improperi o inutili insulti ma cercava sempre di consigliare le soluzioni possibili per migliorare il lavoro, proprio e dei suoi compagni. Lo stesso atteggiamento lo tenne nei partiti (tutti marcatamente di sinistra, alla perenne ricerca di una vera realizzazione delle migliore idee socialiste combinate – sempre più con l’avanzare degli anni – ad una giusta dose di ambientalismo) che frequentò con entusiasmo e partecipazione. Sempre pronto a dare una mano anche nei compiti “politici” più umili e ingrati…le campagne elettorali porta a porta, i volantinaggi prolungati, gli attacchinaggi diurni e notturni. Forte era la sua percezione degli errori dello “sviluppismo” e del cinismo spesso presente nella “sinistra di facciata” che cercava di evitare in tutti i modi. Un uomo “giusto”, si diceva prima. “Giusto” in quanto amante della sincerità e del valore della parola data. Per lui possiamo usare un termine che ci viene difficile spendere con facilità, perchè troppi sono stati gli inganni. Il termine è quello di “compagno”. Infatti i “compagni”, per lui dovevano essere per antonomasia “giusti”, “corretti”, “sinceri”, “attenti ad ascoltare oltre che a parlare”… e con questi ideali ha voluto caratterizzare tutta la sua vita. Fino alla fine.   Ciao Renato. Ci mancherai.

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