Salvare il soldato Aral

Da diversi mesi tiene banco, sulla scena rifiutologica, la vicenda dell’ARAL, la Società cui compete tutt’ora lo smaltimento finale dei rifiuti conferiti dai Comuni del Consorzio alessandrino e dai clienti acquisiti sul mercato (vedi AMIU-Genova). La storia che si rappresenta è quella di una Società che, per indirizzi politici avventurosi e scelte gestionali conseguenti, naviga da qualche anno in cattive acque economiche e corre, senza scampo apparente, verso un destino fallimentare.

Che sul  tracciato della vicenda si siano inseriti, strada facendo e fino alle settimane scorse,  spunti operativi o eventi malavitosi posti all’attenzione dell’autorità giudiziaria, è per ora una complicazione in più per chi  si occupa, professionalmente e/o politicamente, di schivare per quanto possibile l’esito infausto che incombe in tempi ravvicinati sulla Società.

Schivarlo con  una “manovra di salvataggio” in extremis, ardua ma non impossibile ove si realizzasse il concorso lungimirante di più soggetti interessati (soci vecchi e nuovi, conferitori, finanziatori, creditori etc.).

Che si profilasse l’intervento fattivo di AMIU-Genova, in termini azionari e  di commesse, era noto da fine anno scorso per l’interesse obiettivo del “vecchio cliente” di stabilizzare con ARAL un conveniente rapporto in house. Ma mentre si elucubrava sull’arrivo di un altro e più consistente “cavaliere bianco”, proveniente dal settore energetico-ambientale,  dal Comune di Alessandria, socio ultramaggioritario di ARAL, filtrava il messaggio inedito che gli esperti del caso, unitamente al nuovo CdA dell’azienda, avevano messo a punto un “piano di salvezza”, uno strumento concordatario proponibile e gestibile, verificandosi determinate condizioni, da ARAL stessa. Senza altri sconvolgimenti societari e sulla base di un progetto d’attività, e relativi ritorni economici, sufficientemente realistico e defilato dagli avventurismi d’antan, sui quali correvano addirittura giudizi mai esternati pubblicamente.

Il piano industriale previsto per la Società rilanciata contemplava avanzi di gestione tali da ristorare, nel tempo, i debiti accumulati e risorse d’esercizio ottenute pur attenuando il pregresso, discutibile sovrasfruttamto della discarica di Solero-Quargnento.

Un messaggio interpretabile, spero, come una definitiva presa di distanze, politica e tecnica, dalle acrobazie dei tempi incontrollati.

Con tutto questo, e nell’ipotesi che il Tribunale convenga sulla proposta ARAL, il panorama rifiutologico alessandrino non è  più di tanto rasserenato. I problemi, sopravvenuti e contingenti, del “salvataggio” di ben due aziende dedite ai rifiuti, e relativa occupazione – prima AMIU ed ora ARAL – hanno comprensibilmente concentrato l’attenzione sulla continuità, messa a rischio, del delicato servizio (raccolta urbana rifiuti e successivo smaltimento),  lasciando in secondo piano i problemi di strategia a medio termine, e a larga scala, di tutto il comparto rifiuti. Problemi comunemente dati per oberati di tecnicismi e da trattenersi, per quanto possibile, a livello degli addetti ai lavori.

Evocando la carenza, per non dire un certo disinteresse per le strategie ambientali (ma non solo), il pensiero corre all’improvvido declassamento politico delle Province  in capo alle quali si era stabilizzata da gran tempo la rappresentanza unitaria di territori intermedi tra Comuni e Regioni. Le Province erano pacificamente diventate la sede naturale e riconosciuta per approfondire conoscenze d’area vasta e formulare percorsi e strategie sulle problematiche di medio termine.

A forza di riordinare, per settori, competenze territoriali e funzionali, è venuto meno il diritto-dovere dell’Ente Intermedio di porsi come essenziale “tavolo di confronto” sulle politiche pubbliche di interesse sovracomunale, vedi caso sul problema rifiuti.

Sulla raccolta rifiuti urbani – e relativo decoro stradale – la tendenza alessandrina sembra ormai quella di trattenersi, pur senza entusiasmi,  sul sistema a cassoni differenziati (rinverditi eventualmente con qualche rilevatore/misuratore d’accesso dell’utenza) rispetto al pur ventilato, e sistematicamente cassato dalla “vecchia guardia”, ritorno alla raccolta domiciliare o “porta-a-porta”. Comprensibile prudenza visto che – ingenti costi a parte – avvicinandosi il “mid term” dell’attuale Giunta – manca probabilmente il tempo per operare una nuova inversione di sistema a carico dei cittadini. Per non parlare dei possibili “effetti boomerang” delle polemiche copiosamente spese a suo tempo, dai precursori dell’attuale maggioranza, sulla prima adozione – Giunta Scagni – del “domiciliare”.

Gli alessandrini avranno dunque agio  di lamentarsi, a gruppi contrapposti: sia di essere stati tra i primi ad investire sul porta-a-porta , sia di collocarsi, oggi, tra gli ultimi ad adottare questo sistema che continua a diffondersi sul territorio – nonostante l’impegno mutuamente richiesto a gestori e cittadini – perché unico idoneo a garantire quote confortanti di raccolta differenziata come da previsioni normative.

Infine, la questione ARAL (smaltimenti) ha finito per offuscare l’attenzione degli amministratori su AMAG Ambiente (raccolta) ed i suoi problemi. E’ lecito sperare che la  soluzione in capo alla prima azienda ridia pubblico interesse anche alla seconda.

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