Torino oggi, ieri e forse domani

Ecco la Torino che accetta la ‘sfida per la modernità’; così rilancia nell’ editoriale di domenica la manifestazione ‘per un’altra Italia’ il direttore della Stampa Maurizio Molinari. La piazza dei si alla olimpiade e si alla TAV aveva come comune richiesta alla politica quella di accedere ad uno sviluppo economico e civile, generico, ma urgente per il rilancio della città. Le parole d’ ordine dei trentamila? Eccole: sviluppo, rilancio, positività, lavoro, modernità e connessione col mondo. Che cosa poi, significhino declinate in scelte meno generiche, ogni slogan pronunciato da quella piazza è difficile dirlo; del resto non è compito di coloro che sono andate in piazza spiegarsi più che tanto, ci penserà il ‘manovratore’ a cui tutto si delega.

La manifestazione è stata partecipata dalla Torino bene, in età, sostanzialmente borghese; presenti commercianti, impiegati e imprenditori. Essa, però, è stata organizzata dalle associazioni datoriali, con l’ acquisto di pagine dei giornali per le inserzioni di lancio della manifestazione, e dal palco l’ unico vero intervento da comizio è stato quello dell’ex sottosegretario ai trasporti di Forza Italia Mino Giachino. Insomma, tutt’altro che spontanea mobilitazione delle masse. I punti di riferimento storici sono stati questi: Cavour, Pininfarina e Marchionne. L’ alta borghesia che ha sempre progettato il futuro di Torino e dell’Italia è entrata, o forse rientrata, nelle piazze con forza per riprendersi un ruolo centrale, e se volete, occupare il centro della scena sociale, e infine, il centro del sistema politico in un domani non troppo lontano.

Da qui il parallelismo con i 40000 dell’ottanta,  su cui ha insistito con notevole energia la Stampa, giornale da sempre appiattito sulle posizioni del ceto medio e alto ‘sabaudo’. Ne consegue l’ idea di inquadrare l’ evento di sabato in uno schema storico proposto da Giovanni De Luna sullo stesso quotidiano; ovvero, nell’ottanta la marcia dei quarantamila chiudeva una stagione travagliata di lotte, di tragedie e di avanzate sociali; nei trentamila di sabato si apre una fase nuova, di rilancio dello sviluppo del paese progettato dalla impresa contro il mito della decrescita grillino.

Vi saranno riflessi politici? Difficile dirlo. Di certo, nell’ immediato, i 5 Stelle sono gli sconfitti di questo scontro di piazze che continuerà con una contrapposta manifestazione l’otto dicembre dei NOTAV. La sinistra e il PD restano stritolati nello scontro perché incapaci di uscire da una grave crisi di identità.

La Lega pare più attrezzata a inglobare il nuovo movimento che finirà per rilanciare l’intero centrodestra. Più avanti si vedrà.

Sconcerta semmai l’ idea forza, che una delle promotrici della manifestazione ripete ai microfoni della RAI,  per la quale‘ Torino deve connettersi con l’ Europa’. Peccato che l’ interlocutrice non si sia accorta quanto la Torino delle periferie sia socialmente sconnessa col resto della città. Le élite pensano di andare in Europa e domani, chissà, magari su Marte, il resto della città fatica a comporre pranzo e cena. Come si possa governare tutto ciò appare un mistero.

Ciò che mi preme dire è che se la Torino della borghesia non sa essere che così generica nei contenuti come quella scesa nell’arena pubblica il 10 novembre, più che una pagina rivolta al futuro saremmo di fronte al lamento di una classe sociale in inesorabile declino e che sa solo stancamente rivendicare lo scettro del comando, non sapendo governare più nulla.

Il declino è nei dati, impressionanti ma desolatamente veri, che sciorina in una intervista al ‘Manifesto’ Giorgio Airaudo: 35000 auto prodotte a Torino oggi contro le 230000 del 2006, il più grande gruppo automobilistico del paese venduto e smembrato senza che vi sia una reazione minima della classe dirigente del paese. La stessa che a Torino marcia e fa marciare per un futuro che non c’è.

 

Filippo Orlando

Alessandria 11-11-2018

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*