Turchia. Segnali di forte vitalità

La crisi economica, l’inflazione, la bolla immobiliare e un governo incapace di rispondere alle esigenze degli studenti universitari. Questi sono i motivi principali che hanno spinto migliaia di studenti a scendere in piazza.

Un paese giovane e pieno di studenti

La didattica a distanza, nella maggior parte delle università turche, è stata quasi totalmente sospesa, e così milioni di studenti sono tornati a frequentare i corsi in presenza. Per l’esattezza, parliamo di poco più di 8 milioni di studenti di cui, secondo i collettivi e le associazioni universitarie, sono più di 2 milioni gli studenti effettivamente attivi. Nel mese di settembre, quindi, un notevole numero di studenti ha dovuto affrontare la questione abitativa.

Nonostante questi numeri giganteschi, i posti nei dormitori garantiti gratuitamente dal Ministero dell’Istruzione sono 440 mila. Un numero irrisorio, in confronto alle attuali necessità. Tenendo in considerazione che le università sono principalmente concentrate nelle grandi città (solo a Istanbul sono 58) per una buona parte degli studenti cambiare la città e trovare una sistemazione abitativa è fondamentale.

Data la scarsità dei dormitori statali, gli studenti cercano alternative: affittano una casa o una camera, stanno a casa dei parenti, trovano un posto letto nei dormitori privati oppure si rivolgono alle fondazioni religiose le quali, ovviamente, hanno dei vincoli, presuppongono una condivisione di fede, e sono soltanto 798 in tutta la Turchia.

Dunque se gli studenti universitari nella città della loro università non trovano un posto letto presso la casa di un parente, devono fare i conti con il privato.

Si scende in piazza

Tutto questo disagio, quest’anno, ha spinto migliaia di studenti a scendere in piazza e protestare. Parecchi, simbolicamente, hanno dormito sulle panchine, nei parchi, presso i giardini oppure in piazza. “Barinamayanlar” si chiama il movimento nato in modo spontaneo. La traduzione in italiano sarebbe “coloro che non hanno una casa” tuttavia il vero barinmak ha un senso più ampio. Ce lo spiega Serif, che fa parte di questo collettivo.

“Senz’altro il principale problema è trovare un posto dove dormire, tuttavia è fondamentale che quel posto sia una vera dimora dove gli studenti possono avere un loro spazio privato e trovare la tranquillità necessaria per studiare. Questo non è un problema nuovo, ma con la crisi economica è diventato enorme. Gli studenti, per risparmiare, hanno iniziato a stare in 5 o 6 in un bilocale oppure nelle case dei parenti, e in quel caso le soluzioni si riducono ad un divano in cucina oppure lungo il corridoio. Addirittura, parecchi studenti a causa della difficoltà abitativa finiscono per tornare a casa dei familiari, rinunciando alla loro autonomia. Così, il loro problema diventa un problema di tutta la famiglia. Si tratta di un grande disagio”.

Serif riporta la sua esperienza in merito a questo problema: “Io, ad esempio, sono obbligato a vivere a Istanbul a casa di mia sorella in un bilocale: siamo in 5, la famiglia di mia sorella e io. E’ un disagio per tutti”.

Secondo gli studenti che sono scesi in piazza, il problema abitativo non riguarda soltanto il mondo universitario, ma è una questione anche lavorativa. Serif ci spiega meglio anche questo punto: “L’affitto per un bilocale in zona universitaria, nel quartiere di Kadikoy a Istanbul non costa meno di 3 mila Lire turche. Anche i dormitori privati hanno un costo simile. Non solo noi, ma chiunque che viva con uno stipendio di base ha difficoltà ad affrontare questa spesa. Gli studenti universitari devono lavorare per poter pagare l’affitto, oppure chiedere ai genitori di fare sacrifici. Anche perché la borsa di studio dello Stato è soltanto di 650 Lire turche al mese”.

Serif specifica che le loro manifestazioni sono state molto efficaci. Parecchi studenti sono scesi in piazza e numerosi ex studenti che hanno dovuto affrontare lo stesso problema all’epoca si sono dimostrati solidali con loro. “Ci portavano delle coperte oppure del cibo. Era molto bello sentire la loro vicinanza. In più, in meno di un mese, abbiamo ricevuto più di due mila segnalazioni da parte di quegli studenti che non riuscivano a trovare una sistemazione abitativa. Le segnalazioni sono arrivate da 60 diverse città del Paese quindi siamo sicuri che il problema non riguarda solo Istanbul”.

La bolla immobiliare, soprattutto nelle grandi città, ha iniziato a dare i primi segnali preoccupanti con la crisi economica. Il giornalista Mevlut Tezel, in un suo articolo di approfondimento, il 21 settembre, presso il quotidiano nazionale Sabah, ha specificato che solo a Istanbul potrebbero esserci circa 700 mila appartamenti disabitati. Secondo Tezel gli affitti alti e la forte difficoltà nel vendere le case a prezzi convenienti hanno portato a questa situazione problematica.

Serif sottolinea questo problema dal punto di vista del mondo universitario: “In questi ultimi due anni i proprietari degli appartamenti hanno deciso di non rinnovare il contratto di locazione con gli studenti perché o volevano affittare le case a prezzi più alti oppure venderle”.

A essere sfrattati non sono soltanto quegli studenti che hanno affittato una casa ma anche quelli che avevano il posto letto presso un dormitorio.

Coinvolti anche gli studenti delle università private

Esattamente come è capitato ad alcuni studenti dell’università privata di Koç che si trova a Istanbul. Proprio 2 settimane prima dell’inizio dell’anno accademico circa 400 studenti hanno scoperto che i loro posti letto presso i dormitori dell’università situati dentro il campus erano stati assegnati agli studenti del master e dottorato della stessa università. A spiegarci la vicenda, questa volta, è Asli.

“Gli studenti del master e del dottorato usufruiscono di una sistemazione abitativa offerta dalla nostra università presso appartamenti di privati. Molto probabilmente per via della crisi economica, la direzione dell’università ha deciso di sospendere i contratti di locazione e collocare questi studenti presso i dormitori di sua proprietà. Tuttavia, questo cambiamento non ci è stato comunicato e noi ci siamo trovati senza dormitori”.

Gli studenti dell’università di Koç hanno così deciso di protestare organizzando presidi dentro il campus. Asli specifica che la loro università si trova fuori città, quindi appena fuori dal campus è difficile trovare delle soluzioni abitative private; chi affitta una casa altrove, rischia di dover viaggiare ogni giorno per 2-3 ore per raggiungere il campus.

Asli e i suoi amici hanno iniziato a protestare il 27 di settembre e dicono che solo alcuni dirigenti hanno accolto le loro richieste, ma per il momento non hanno trovato una soluzione definitiva. “Il rettore non si mette in contatto con noi. La direzione ci ignora. Questa è un’università privata e chi non ha una borsa di studio paga circa 135 mila Lire turche per l’iscrizione e quasi 25 mila Lire per il dormitorio. Nei video promozionali la direzione promette ogni anno di garantire a tutti gli studenti una soluzione abitativa. Invece oggi ci troviamo in questa situazione”.

Asli sottolinea che i dormitori statali non ci sono in zona, e che la borsa di studio che offre lo Stato è un prestito, quindi la questione abitativa è interamente una responsabilità dell’università in cui studiano.

Durante le loro proteste si sono dimostrati solidali, con l’intento di trovare una soluzione, anche quegli studenti che hanno “occupato” il posto letto di altri studenti. Invece la sicurezza privata dell’università non ha assunto lo stesso atteggiamento. Pochi giorni dopo l’inizio del presidio i tavolini sono stati spaccati, gli striscioni sono stati stracciati, e per mettere fine al presidio gli agenti privati hanno malmenato gli studenti.

Asli elenca così le loro rivendicazioni: “Ci vuole maggiore trasparenza nella gestione dei dormitori. Inoltre il diritto all’abitazione deve essere riconosciuto e soddisfatto dall’università. Per gli studenti del master e del dottorato deve essere ripristinata la situazione abitativa. Ci vuole un vero piano abitativo eventualmente aumentando la capacità dei dormitori. Infine in questo momento serve una soluzione immediata perché non resti nessuno studente in mezzo alla strada. L’università potrebbe impegnarsi per trovarci degli appartamenti ad affitto basso e fornirci dei mezzi di trasporto a prezzi convenienti che partano da alcuni quartieri d’Istanbul verso il campus. Anche perché il costo del trasporto pubblico, unitamente al tempo che impiega, crea un ulteriore peso agli studenti”.

La risposta del governo: calunnia e manganelli

Anche per gli studenti del movimento “Barinamayanlar” la risposta della polizia è stata forte. Pochi giorni dopo l’inizio dei presidi il governo centrale ha deciso prima d’ignorare il problema, poi di negarlo, infine di accusare i ragazzi che manifestavano di attività “terroristica”. Come spesso accade in Turchia, chi mette il bastone tra le ruote del disegno politico ed economico che strozza il paese da circa 20 anni viene definito come un “terrorista” oppure un “traditore della patria”.

In diverse città del paese, il 28 di settembre, mentre il Presidente della Repubblica diceva in televisione che la Turchia era l’unico paese al mondo in grado di offrire un posto letto a tutti i suoi studenti senza eccezioni, la polizia nelle prime ore del mattino alzava i suoi manganelli. In totale 80 studenti sono stati presi in detenzione provvisoria e 50 altri sono rimasti feriti a causa della violenza della polizia.

Il giorno dopo l’intervento della polizia, il Ministro degli Interni, Suleyman Soylu si è presentato davanti alle telecamere per rilasciare questa dichiarazione: “In 24 città si sono svolte delle manifestazioni in questi giorni. Hanno partecipato 2243 persone e soltanto 310 di questi sono studenti. Nessuno ha fatto domanda per un posto letto. La manifestazione per problemi abitativi, quindi, è solo una scusa per creare disordine, anche perché queste persone appartengono a diverse organizzazioni, a diversi gruppi marginali di sinistra. Quattro di questi fanno parte del gruppo lgbt che mi adora”.

Ankara ha agito, come sempre, attraverso l’unico modo che conosce nel rivolgersi alle persone che manifestano, ossia usare la violenza e attivare la macchina del fango. Tutto questo mentre gli studenti avanzavano le loro richieste per un futuro più vivibile. Ce lo spiega ancora un’altra volta Serif: “E’ essenziale aumentare la capacità dei dormitori statali. Bisogna regolamentare gli affitti e dare un sostegno economico in quest’ottica agli studenti”.

Un altro vento nelle città governate dalle opposizioni

Al fianco degli studenti in protesta, invece, si sono schierati quei sindaci dell’opposizione eletti poco più di due anni fa presso le grandi città.

Il Sindaco d’Istanbul, Ekrem Imamoglu, dopo aver incontrato gli studenti e aver visitato alcuni dormitori statali ha annunciato che la città d’Istanbul metterà a disposizione 600 posti letto presso diverse sue strutture per gli studenti che si trovano in disagio abitativo. “Entro fine anno questo numero salirà a 1000. Sappiamo che non è sufficiente quindi entro il prossimo settembre dovremmo creare altri quattro mila posti per gli studenti che vengono in città per studiare”. A trovare un posto letto, in primis, sono stati gli studenti con difficoltà economica. La soluzione abitativa che offre il Comune d’Istanbul, comprensiva di due pasti al giorno, costa circa 600 Lire turche, decisamente meno rispetto al costo di un affitto o dei dormitori privati in città. Inoltre il Comune ha deciso di offrire diversi posti di lavoro part time agli studenti interessati a lavorare presso gli uffici della città.

La stessa soluzione è stata adottata e offerta, immediatamente, anche dal Sindaco di Ankara, Mansur Yavas. In meno di una settimana è stata trovata una soluzione abitativa per circa due mila studenti presso le strutture del Comune. 

Non è ancora finita

“In questo momento possiamo dire che abbiamo ottenuto dei risultati per risolvere alcuni problemi. Diversi comuni si sono offerti di darci una mano, e dopo una dura resistenza anche il governo centrale si è pronunciato promettendoci delle soluzioni. Quindi adesso siamo fermi con le manifestazioni ma tutti devono sapere che difenderemo sempre il nostro diritto abitativo”, conclude Serif.

Il carovita, una profonda crisi economica, l’inflazione, l’aumento delle tasse sui beni principali e la disoccupazione che aumenta sono alcuni problemi importanti che stanno mettendo in ginocchio l’intero paese, compresi gli studenti universitari.

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