Tutela del lavoro e, inscindibile, tutela della salute.

Prendiamola dolce… come si dice. Ogni parte del mondo ci presenta inquinamenti di tutti i tipi, problemi legati all’ambiente e alla salute… e noi qui a vedere se i “gialloverdi” sono veramente il cambiamento, oppure l’ennesima presa in giro. Ci dicono che, per il momento, non si parla di grandi numeri, che la “flat tax” sarà al massimo una “taxina” (da the…(?)) e che il “reddito di cittadinanza” sarà un “sussidio” per poveracci o poco più. Della Legge Fornero meglio non discutere… perché sta venendo fuori che, con il trend di invecchiamento in atto, combinato con un saldo nascite negativo… è già tanto se Santa Fornero rimane quello che è. Sembra quasi di vivere in un “Paese dei Balocchi”, dove a lavorare sui numeri sono – sostanzialmente – gli epigoni di Monti e Padoan, mentre la ricreazione sembra non finire mai. Proprio i ministri Tria e Savona non fanno che confermare questa impressione: non tocchiamo niente qui, non alteriamo flussi là, manteniamo il nostro profilo tecnico e “tiramm a campà”. E invece i dati, non segnalati a dovere, sono lì a ricordarci che il mondo è ancor più brutto di quel che sembra e che il mare da attraversare “tra il dire e il fare” è ormai diventato un oceano.

Limitiamoci ad un aspetto: la salute.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riferito in un suo recente rapporto (1) che 9,6 milioni di persone nel corrente 2018 perderanno (o hanno già perso) la vita per qualcuno dei molti cancri certificati. E sempre lo stesso documento OMS ci fa presente che “18,1 milioni di nuovi casi saranno aggiunti al peso globale del cancro solo per quest’anno”. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) affiliata all’OMS ha pubblicato un nuovo rapporto sul carico globale del cancro. Globalmente, uno su otto maschi e una su ogni undici femmine sono ufficialmente deceduti per cause  collegabili a cancerogenesi. E questo per il solo 2018, a livello mondiale (dati di fine agosto con trend simile ipotizzabile fino a dicembre).. A  completare il quadro, la stessa OMS ci informa – freddamente – che ben 43,8 milioni di persone, negli ultimi 5 anni, hanno contratto affezioni collegabili a degenerazioni cancerogene. I fattori più importanti nella proliferazione di questa vera e propria “malattia del secolo” sono  ascrivibili a fattori ambientali, alimentari, di “ristrettezze economiche” (sic) e, anche, all’aumento della popolazione globale che ha trascinato statisticamente in alto i vari parametri rispetto ai precedenti rapporti (a scadenza quadriennale).

Da notare che il 23,4 per cento dei casi di cancro nel mondo (e il 20,3 per cento dei tassi di mortalità) sono concetrati  in Europa e che le morti per cancro sono ascrivibili, per il 60 per cento, all’ Asia. Dato da confrontare con l’enorme estensione del continente asiatico che, tra l’altro contiene alcuni tra gli Stati più popolosi del mondo. Mentre, ci ricorda il rapporto,  la popolazione del continente europeo costituisce solo il 9% della popolazione mondiale. Giusto a titolo informativo: nelle Americhe, che rappresentano il 13,3 per cento della popolazione mondiale, sono stati segnalati il ​​21 per cento dei casi di cancro e il 14 per cento dei decessi. Con un interessante contrasto statistico tra la Nazione con più casi registrati (gli Stati Uniti) e quella con più casi curati e risolti positivamente (sempre gli Stati Uniti). Nel rapporto IARC, il cancro al polmone, uno dei più letali, condivide con il cancro al seno e i tumori del colon-retto il (triste) primato di maggior incidenza globale. Interessante il riferimento all’efficacia (confermata) delle campagne tese a diminuire il consumo di tabacco, nicotinoidi e antiHPV (contro il “papilloma” umano, tramite vaccinazioni apposite). I dati tendenziali portano ad una diminuzione globale negli ultimi vent’anni di più del 40 per cento di tabagisti abituali e di un contenimento sostanziale del “papilloma”.  E comunque, su 185 Nazioni oggetto di indagine, ben una persona su sei (in media) si ammala di cancro nel corso della sua vita. (1).

L’Italia e il caso “Ilva”

Come è noto un consigliere comunale pentastellato di Taranto è appena passato al “gruppo misto” per marcare il dissenso rispetto al continuismo con i governi precedenti messo in atto dal ministro Di Maio e da tutto il nuovo Governo. “Cambiare tutto (a parole), per non cambiare nulla”. Le sue parole hanno segnato più di una coscienza e approfondito il solco tra popolazione (lavoratrice e non) e Movimento.  E’ certificato un superamento del 30 per cento della incidenza di tumori infantili nell’area tarantina rispetto alla media nazionale e ventimila nuovi casi di tumore all’anno in tutta la Puglia: sono alcuni dei dati diffusi a Bari, in Fiera del Levante, nel corso della presentazione del primo rapporto del Registro tumori  regionale che fa riferimento a un periodo che va dal 2006 al 2011, a seconda dell’arco di tempo in cui sono stati raccolti i dati. Massimo Battista, il consigliere in questione, questi dati li conosce bene e non smette un minuto di ricordarli. “In Puglia – secondo Battista – ogni anno si ammalano di tumore 11.000 uomini e circa 9.000 donne”, a fronte di una media nazionale che registra circa “350mila nuovi casi ogni anno”. Per gli uomini i tumori più diffusi sono quello ai polmoni e bronchi (18,1 per cento), mentre per le donne è il cancro alla mammella (29,2)”. Rincara la dose la dott.ssa Lucia Bisceglia, componente del centro di coordinamento del Registro tumori pugliese, “il dato relativo alla totalità dei tumori nella nostra regione è in linea e anche inferiore a quello nazionale: si riscontrano, però, alcune criticità territoriali per alcune tipologie di tumori. Quella maggiore è rappresentata, per gli uomini, dal tumore al fegato che nella Bat (Barletta-Andria-Trani) ha un’incidenza del 33 per cento contro il 20,3 della media nazionale“. Un altro elemento di criticità è legato al “cancro ai polmoni che vede un’incidenza preponderante nelle province di Lecce e nel capoluogo tarantino”. Mentre un dato “decisamente superiore al trend nazionale” è quello riferito al “tumore alla vescica” nelle “province di Brindisi, Lecce e Taranto”. “Preoccupante” è stato definito l’aumento dei casi di tumore alla tiroide e del melanoma cutaneo. (2).

Che fare, allora… chiudere tutto?

Bisogna dare atto ai “governi tecnici”,  (quelli post 2011) e segnatamente a quello che ha visto come ministro il nostro concittadino Renato Balduzzi, di aver affrontato praticamente per la prima volta in modo sostanziale la cosiddetta”emergenza Taranto”. Il “SIN” piano di rilancio dell’area intera con al centro tutte le bonifiche e gli interventi migliorativi agli impianti, data di quel periodo. Un piano “dovuto”,  prima di tutto ai cittadini e ai lavoratori che più hanno sofferto, e continuano a soffrire, dell’inganno dello sviluppo facile, del “lavoro vicino ma a costi sanitari e ambientali contenuti” (4) . Quando invece le indagini degli ultimi dieci anni, riguardanti le aree di Taranto e Statte, ci mostrano incrementi significativi per tutte le cause nel primo anno di vita e per alcune condizioni morbose di origine perinatale. Per adesso le indicazioni per l’area di Taranto sono basate su eventi diversi dalla mortalità (ancora in studio) e sono fornite dall’analisi dei ricoveri ospedalieri: i risultati raccolti mostrano un significativo incremento dei ricoveri per tumori maligni, per le malattie dell’apparato respiratorio, e fra queste le infezioni dell’apparato respiratorio, in relazione all’aumento di 10 mg/m3 di polveri provenienti dalla zona industriale. I bambini, soprattutto, mostrano una maggiore vulnerabilità agli agenti ambientali perché, rispetto agli adulti, hanno tassi respiratori più elevati e maggior consumo di cibo per kg di peso, che possono determinare esposizioni più elevate, per inalazione e ingestione, a contaminanti presenti nell’aria e negli alimenti; inoltre il comportamento mano-bocca rende i bambini più esposti ai terreni contaminati. E Battista, ancora lui, nell’estremo tentativo di giustificare la chiusura sic et simpliciter dell’intero complesso ci ricorda – leggendo – che “l’esposizione a interferenti endocrini ambientali  può causare danni tiroidei e riproduttivi, e la lunga durata dello sviluppo del cervello e il gran numero di processi neuronali disponibili in questa fase contribuiscono alla suscettibilità del sistema nervoso alle sostanze tossiche”

In realtà il Piano è ben definito nei dettagli e va ad integrare, in meglio, quello che è stata definita la “Proposta Clini” (già Ministro dell’Ambiente con Mario Monti Presidente del Consiglio).  Prevede un impegno di spesa da 2,4 miliardi di euro dal 2018 al 2024, di cui 1,15 miliardi per l’ambiente e 1,27 in investimenti industriali.
La contestazione che divide il Comune di Taranto e la Regione Puglia dal Governo e dai sindacati è su questa spesa ambientale, a cominciare da quella copertura del parco minerale e del parco fossile dai quali nelle giornate di maestrale più tenace si alzano nuvole di polvere che coprono Taranto in una caligine irrespirabile.
Una spesa ambientale che contiene molte parole tecniche e molte locuzioni specialistiche, come parco minerale e parco fossile. In realtà il parco minerale è un piazzale vastissimo su cui si accumula a montagne il minerale ferroso in attesa di entrare nel ciclo dell’acciaieria. Mentre invece il parco fossile è un piazzale che pare senza confini su cui si accumula  il carbon-coke destinato al processo dell’altoforno. 
E poi ci sono parchi secondari come il letto di sinterizzazione lungo la provinciale per Statte, l’agglomerato, lo stoccaggio della loppa d’altoforno.

Era l’autunno del 2012 quando il Governo Monti (ministro dell’Ambiente Corrado Clini) azzerò l’Autorizzazione ambientale integrata dell’Ilva e rifece il piano ambientale secondo i criteri europei più severi.
In questi cinque anni il piano ambientale di allora, un investimento di alcuni miliardi di euro a carico degli azionisti di allora cioè la famiglia Riva, è cambiato nei ritocchi ed è stato allungato nel tempo di realizzazione, realizzazione che non si è ancora completata.
Ma nella sostanza il piano ambientale dell’autunno 2012 è, in nuce, lo stesso del settembre 2017: ridurre in modo sostanziale le emissioni in aria, soprattutto quelle dei parchi minerali nei giorni di vento, i nuvoloni rossi che si alzano dallo stabilimento durante alcuni cicli produttivi, i composti pericolosi che si sviluppano nei processi di produzione del coke.
La sistemazione delle aree di stoccaggio delle materie prime e secondarie, con lavori da condurre fra il 2018 e il 2021, dovrebbe costare 375 milioni. Sarà l’intervento più appariscente e più difficile: la copertura dei parchi minerali e dei parchi fossili. La costruzione di un edificio che racchiuda il carbonile immenso e gli stoccaggi di minerale ferroso è stata progettata più volte, ma il dubbio è che la copertura dei parchi minerali potrebbe configurarsi come l’edificio forse più esteso al mondo. Affiancherà la statale 16 Adriatica. Ciò ne farebbe in assoluto la prima acciaieria integrata in Europa che copre con un tetto i carbonili, e una delle prime al mondo. Dimensioni colossali anche per altre componenti del progetto di risanamento dell’acciaieria. Per esempio, per fermare la polvere dall’area di accumulo delle loppe d’altoforno saranno realizzate lunghissime barriere antivento alte 21 metri, come edifici di sette piani. Di qui ulteriori elementi di preoccupazione.

Così come per i tempi e per la complessità di autorizzazioni e incarichi di appalto. E con la certezza che il trend, veramente terribile, di tumori, leucemie e quant’altro di tremendo possibile, non cesserà per almeno una sessantina d’anni.  Grazie davvero a chi ha pensato (soprattutto la famiglia Riva tra gli anni Cinquanta e Sessanta dello scorso secolo) di fare il “business della vita” creando lavoro, felicità e stabilità dei posti di lavoro. Sicuramente una maggiore cautela sarebbe stata necessaria… ma ormai le questioni hanno preso una piega diversa e, come massimo, almeno in questa fase iniziale, non c’è purtroppo alternativa al piano appena approvato, pensando soprattutto ai diecimila e più posti di lavoro salvaguardati.  Il segnale è, comunque, giunto forte e chiaro a chi di dovere …. Ora si tratta di vedere, volta per volta, quali soluzioni migliori mettere in atto.

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