U n G i o r n o d a B e f a n a

Oggi mi sono liquefatta nell’ozio.

A rifletterci, i segnali di questo accadimento sono comparsi quando, nell’affanno generale, m’infastidiva infliggermi anche il solo pensiero dello svago rituale, senza una garanzia credibile contro la noia e la fatica dell’adempimento.

Cadute tutte le possibilità di qualche interesse, rispetto alla comodità della mia poltrona, ho preso coscienza del piacere di poter rinunciare all’irrinunciabile. Tutto il resto è conseguenza giacché, se ci si abbandona veramente, anche le minime abitudini, i più semplici gesti quotidiani, diventano il superfluo.

La mia vita fin qui è stata governata dalla disciplina del “devo”, a partire dall’essere impeccabile in ogni manifestazione di me stessa. Il colpo della strega, o la pressione a venticinque, nulla ha potuto di fronte alla determinazione di trascinarmi allo specchio e al belletto, a costo di somigliare ad una salma americana ridipinta dalle abili mani dei necrofori per l’ultima rappresentazione.

Ricordo di aver affrontato un’operazione in anestesia locale con un pergolato di ciglia, sventaglianti di mascara già dalle sei di mattina, e poco importa se dopo fossi più sfigurata dal trucco disciolto che dal dolore provato.

Non ho mai mancato un giorno.

E il vestirsi? E’ stato il completamento della trasformazione, più vicino al gioco infantile del travestimento. Mai la flagranza di una calza smagliata, una ciabatta, un buco, una macchia, ma un ostinato tributo al mio concetto di armonia esteriore.

Non ho mai mancato un giorno.

E la cura della pelle? Credo di aver investito energie e capitali in profumi, oli, lozioni e creme, anche le più strane: dalla bava di lumaca a un preparato per le emorroidi che attenua le zampe di gallina, fino ad un recente farmaco, indicato per l’idratazione intima del tessuto femminile,miracoloso per il viso.

Se mi spremessero da capo a piedi uscirebbero vermicelli di tutto quell’impasto d’una vita. E se verrò cremata non rimarranno ceneri ma “poudre de beautè”.

Non ho mai mancato un giorno.

Ma oggi… questi ordini imperiosi non mi raggiungono. Tutto tace, e l’insolito silenzio si soffonde d’un chiarore appagante, uno spazio di serenità. Epifania non vuol forse dire apparizione illuminante? Manifestazione del divino è quest’Ozio liberatorio.

Così mi sono alzata da letto e sono rimasta tale e quale fino al momento di ritornarvi. Neppure ho lavato la faccia.

Ho bevuto tè e caffè, mangiato solo biscotti e cioccolato, fumato anche il cervello, senza sensi di colpa. Non ho alzato il telefono, né lasciato spazio a pensieri impegnativi, concentrata sulla sublime novità di perdermi in sensazioni, non rincorrerle, per timore di privarmi di altre migliori.

E se quella che mi passa davanti allo specchio è una sconosciuta, poco importa.

Mi ci abituerò prima che faccia giorno.

U n G i o r n o d a B e f a n a

Marina Elettra Maranetto

Oggi mi sono liquefatta nell’ozio.

A rifletterci, i segnali di questo accadimento sono comparsi quando, nell’affanno generale, m’infastidiva infliggermi anche il solo pensiero dello svago rituale, senza una garanzia credibile contro la noia e la fatica dell’adempimento.

Cadute tutte le possibilità di qualche interesse, rispetto alla comodità della mia poltrona, ho preso coscienza del piacere di poter rinunciare all’irrinunciabile. Tutto il resto è conseguenza giacché, se ci si abbandona veramente, anche le minime abitudini, i più semplici gesti quotidiani, diventano il superfluo.

La mia vita fin qui è stata governata dalla disciplina del “devo”, a partire dall’essere impeccabile in ogni manifestazione di me stessa. Il colpo della strega, o la pressione a venticinque, nulla ha potuto di fronte alla determinazione di trascinarmi allo specchio e al belletto, a costo di somigliare ad una salma americana ridipinta dalle abili mani dei necrofori per l’ultima rappresentazione.

Ricordo di aver affrontato un’operazione in anestesia locale con un pergolato di ciglia, sventaglianti di mascara già dalle sei di mattina, e poco importa se dopo fossi più sfigurata dal trucco disciolto che dal dolore provato.

Non ho mai mancato un giorno.

E il vestirsi? E’ stato il completamento della trasformazione, più vicino al gioco infantile del travestimento. Mai la flagranza di una calza smagliata, una ciabatta, un buco, una macchia, ma un ostinato tributo al mio concetto di armonia esteriore.

Non ho mai mancato un giorno.

E la cura della pelle? Credo di aver investito energie e capitali in profumi, oli, lozioni e creme, anche le più strane: dalla bava di lumaca a un preparato per le emorroidi che attenua le zampe di gallina, fino ad un recente farmaco, indicato per l’idratazione intima del tessuto femminile, miracoloso per il viso.

Se mi spremessero da capo a piedi uscirebbero vermicelli di tutto quell’impasto d’una vita. E se verrò cremata non rimarranno ceneri ma “poudre de beautè”.

Non ho mai mancato un giorno.

Ma oggi… questi ordini imperiosi non mi raggiungono. Tutto tace, e l’insolito silenzio si soffonde d’un chiarore appagante, uno spazio di serenità. Epifania non vuol forse dire apparizione illuminante? Manifestazione del divino è quest’Ozio liberatorio.

Così mi sono alzata da letto e sono rimasta tale e quale fino al momento di ritornarvi. Neppure ho lavato la faccia.

Ho bevuto tè e caffè, mangiato solo biscotti e cioccolato, fumato anche il cervello, senza sensi di colpa. Non ho alzato il telefono, né lasciato spazio a pensieri impegnativi, concentrata sulla sublime novità di perdermi in sensazioni, non rincorrerle, per timore di privarmi di altre migliori.

E se quella che mi passa davanti allo specchio è una sconosciuta, poco importa.

Mi ci abituerò prima che faccia giorno.

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