Un’altra puntata di “Come apprezzare l’equilibrio naturale della nostra Terra”

Dopo il primo appuntamento riguardante una famiglia di cetacei di circa nove milioni di anni fa, nell’area dove oggi si trova Pecetto (quindi a soli 7 km dalla città di Alessandria), proviamo ad avvicinarci un pochino di più ai tempi nostri. Siamo fra uno e due milioni di anni fa, nei dintorni di Villafranca, più o meno dove oggi si trova l’autogrill autostradale, sulla – normalmente – trafficatissima “Torino-Piacenza”. Sono stati trovati lì, a più riprese, resti di fauna preistorica, assolutamente di rilievo. Ancora una volta un paesaggio meraviglioso, con i suoi equilibri, con i suoi ambienti particolari. Luoghi in cui l’equilibrio si è formato col tempo, pur in presenza di sommovimenti epocali. Nel caso specifico si è appena ritira il mare (praticamente l’Adriatico) che arrivava fino a Pinerolo e lentamente cominciavano a crearsi le premesse per una vita (esuberante) fra terraferma, paludi e – molto lontano – la linea di costa in continua regressione. C’erano grandi foreste, con conifere e anche sequoie, c’erano sia grandi che piccoli animali, di tutti i tipi ….e il testo prova a descriverne una pagina.

Avventure fra terra e acqua. Un milione di anni fa

La località di Villafranca, tra Asti e Torino, è abbastanza conosciuta a livello nazionale per la storia antica e medievale che la caratterizza, per essere un centro industriale e commerciale di prim’ordine e per avere un tratto di ferrovia (la storica Torino-Genova)  proprio a fianco dell’abitato. Meno conosciuto il fatto che  in questa località, o nelle immediate vicinanze, si siano realizzate scoperte importanti sul passato remoto del territorio, con resti di elefanti, scimmie, felini e molto altro. Addirittura questo territorio è riuscito a dare un nome ad un preciso periodo geologico: il Villafranchiano. Si tratta di uno spazio di tempo abbastanza lungo (all’incirca fra 3.500.000 e 1.200.000 anni anni fa) in cui si ha il progressivo prosciugamento marino della pianura padana, quindi anche del territorio di Villafranca, con tutta una serie di nuovi popolamenti e nuovi ambienti. Più in dettaglio si tratta di un insieme di sedimenti di ambiente fluvio-lacustre che chiudono la successione marina del “Bacino del Piemonte”e, in parte predominante, tutta una serie di resti fossili, di tracce, di impronte, di pollini che ci riportano ad un vero e proprio Eden. Un mondo ormai perduto, geologicamente non lontano nel tempo (siamo a circa un milione e mezzo di anni fa nell’episodio presentato), di cui abbiamo tracce chiare di animali e piante. Si trattava di un ambiente terrestre con paludi e lagune e, un po’ più a valle, con il mare in regressione . In pratica l’ultimo dei periodi (pliocenico e post -pliocenico) ancora legato a deposizioni di tipo marino e, al tempo stesso, con molte deposizioni tipicamente continentali. D’altra parte questa località è famosa nel mondo come luogo di ritrovamento di numerosi resti fossili di vertebrati terrestri, conservati entro sedimenti di ambiente fluvio-lacustre. Si tratta ormai di animali, mammiferi, anfibi, rettili, insetti ecc. del tutto terrestri, sempre più collegati ad un ambiente peri-continentale. Dal momento della sua introduzione (grazie al geologo Lorenzo Nicolò Pareto nel 1865), la definizione della successione villafranchiana ha trovato il suo giusto posto nell’evoluzione geologica e, a conferma dell’importanza del sito, continuano ancora oggi studi su vari aspetti dei depositi. Il più recente approfondimento sullo specifico argomento è stato curato da Francesco Carraro nel 1996  (a) ed è basato su dettagliate  indagini stratigrafiche, paleontologiche, sedimentologiche, strutturali che ne hanno chiarito il significato paleoambientale ed ecologico complessivo all’interno di un chiaro contesto geologico. Ad esso ci siamo attenuti.

Avventure fra terra e acqua. Un milione di anni fa

Daryan e Suyba

 

L’aveva detto mamma Phur di non allontanarsi dal branco. I pericoli erano troppi e, come sempre, da buoni elefanti (2) , si cercava di difendere i più piccoli con le strutture colonnari delle zampone. Kaon e Phur con l’aiuto di sorelle, matriarche e altri pachidermi randagi che, negli anni, si erano uniti al gruppo, stavano proprio facendo quello… quando un branco di cinque o sei Lamax (così chiamavano i felini più grandi del territorio) (4) cominciò ad avvicinarsi. Stessa posizione di sempre, stessi ranghi stretti ma, stavolta Daryan e Suyba, due bellissimi elefantini si fecero prendere impreparati. Invece di stare ben attaccati alle difese colonnari, si allontanarono, incuriositi, anche se solo di qualche centimetro. D’altra parte era difficile resistere alla bellezza dei Lamax, con maschi che raggiungevano i due metri di lunghezza e superavano il metro e venti al garrese. La testa non particolarmente grande ma gli occhi vispi e le orecchie attentissime. Il colorito grigio-marroncino di fondo con molte striature cangianti, concorreva a rendere quasi invisibili questi veri primi predatori del mondo di Vilfra (20). Daryan si prende anche una morsicata alle zampe e, così, comincia a correre spaventato; Suyba però non l’abbandona e prova a spingere nella boscaglia il fratellone. Non era semplice muoversi nell’intrico di erbe palustri (11 e 12) e, soprattutto, era molto facile finire impantanati nei dossi sabbiosi  traditori. Una zona già esplorata, quella, che veniva di solito evitata dai pachidermi e arrivava fino al grande fiume. Fecero infatti il loro incontro didattico con quella particolare realtà  con la anziana matriarca Syphar. Lei, paziente insegnante, magra, rugosa, con barriti profondi mostrò loro la fine di un Bulka (1) e di un loro lontano parente elefante, tutti e due morti soffocati nelle sabbie mobili. Comunque non c’era tempo da perdere. Daryan continuava a correre con i suoi passettini apparentemente impacciati, con Suyba dietro. E, appena qualche metro dopo, due Lamax, non i più grandi ma, all’apparenza, i più affamati e combattivi che inseguivano in discesa i due giovani elefanti. Kaon era più indietro… e con un altro grande maschio cercava di intervenire; ma avrebbero potuto fare ben poco e già temevano per la sorte della discendenza. Le preoccupazioni, però,  sembravano eccessive… Suyba e Daryan si muovevano con grazia e velocità  riuscendo a mantenersi in equilibrio sulle grandi radici di Gou (13) e passando rasente ai rami taglienti e pieni di strobili del Taph (12). E’ un gioco che avevano già fatto ai margini della foresta e per loro continuava ad essere poco più di un passatempo. Per i Lamax no. Il loro interesse era immutato, scivolavano sornioni fra le radici, evitavano di bagnarsi nei piccoli rii di acqua dolce e tentavano di avvicinarsi in favore di vento. Si accorsero della presenza di molti Mess (7) (così li chiamava mamma Phur) sugli alberi. Schiamazzanti come non mai; impegnati a dare l’allarme a tutti gli abitanti dell’area verde, pienamente boscata e incontaminata. Un luogo meraviglioso che i Mess conoscevano perfettamente, addirittura su tre livelli differenti: fra le fronde dei grandi alberi, a terra e nelle aree umide. Un vero paradiso, tranne quando si inserivano ospiti poco raccomandabili come i Minee (10) e soprattutto i Leex (6). I primi sempre affamati e alla caccia di qualsiasi cosa riempisse la pancia pelosa e striata, i secondi – attivi soprattutto di notte – furtivi, slanciati, agili e con denti pericolosi. Ecco perché i Mess si erano assunti questo compito di “guardiani della foresta” quasi in modo inconsapevole ma, comunque, riconosciuto e utile. Persino le mandrie di Bos (5) avevano imparato a riconoscere quei particolari strilli e ne sapevano fare buon uso. Ma i Lamax sembravano non avere orecchie e continuavano le poste, imperterriti. Proprio in quel momento, però, Suyba – nel pieno di una corsa ad ostacoli – inciampa in un enorme tronco di quercia trasportato da una delle colline soprastanti e…. si ritrovò in un canale con forte corrente, senza potersi fermare. E, come temeva Phur, alla fine direttamente nel fiume. Subito Daryan prova a raggiungerla, passando di fianco al corso d’acqua, ma la corrente è troppo forte e, quando vede che viene trasportata  verso l’estuario del fiume, direttamente collegato al mare, cerca di avvicinarsi il più possibile alla parte libera e soleggiata di spiaggia. Infatti Suyba, a quel punto, per peso e mancanza di spinta dell’acqua, “si sarebbe dovuta fermare” Almeno così pensò Daryan sulla base delle sue esperienze… Così fu. Si tolse immediatamente dallo spazio libero non coperto dagli alberi e si andò a nascondere in pochino più in alto fra la vegetazione più fitta (15 – 16 – 17 – 18 e 19). Finalmente in secco e, soprattutto, senza la minaccia dei due Lamax che si erano già fermati alla fine dei corsi di acqua dolce si fermarono ed incrociarono le proboscidi come si fa di solito per manifestare amicizia. Per stavolta potevano riunirsi a Kaon e tornare nel gruppo ma… Phur aveva capito che ormai non potevano più essere trattati come lattanti. Erano signori elefanti con le loro curiosità e la loro voglia di esplorare un mondo meraviglioso. E così andavano trattati anche perché avevano dimostrato calma e raziocinio proprio nel momento finale, quello più delicato. Un modo per crescere e per entrare direttamente in contatto con l’essenza di quel mondo meraviglioso, articolato, complesso e spettacolare.

Un mondo di un milione di anni fa che ci racconta molto delle potenzialità della nostra Terra. E, come ricorda la saggia Syphar: “E’ sufficiente osservare ed ascoltare…”.

.1. Dicerorhinus jeanvireti (un tipo di rinoceronte leggermente più piccolo e più agile di quello africano attuale)

.2. Elephas meridionalis (molto simile all’elefante africano attuale)

.3. Equus  stenonis (un cavallo simile a quelli delle steppe asiatiche attuali)

.4. Homoterium crenatidens (famiglia delle tigri dai “denti a sciabola”)

.5. Leptobos stenometopos (un bovide della  grandezza di un toro)

.6. Linx issiodorensis (una lince leggermente più grande dell’attuale lince europea)

.7. Mesopithecus monspessulanus (primate folivoro noto in deposizioni fossili di tutta l’Europa del sud)

.8. Sus minor (un piccolo cinghiale).

.9. Tapirus arvernensis (proboscidato ormai estinto)

.10. Ursus minimus (orso di piccole dimensioni simile all’attuale orso del Tibet)

.11. Zygolophodon borsoni (appartenente alla famiglia Mammutidae)

.12. Leptobos stenometopos (un bovide della  grandezza di un toro)

.13. Taxodium dubium (pianta colonnare con grandi radici di tipo  palustre)

.14. Glyptostrobus europaeus (impenente albero di zona palustre con strobili particolari)

.15. Pteris sp.    (un tipo di felce abbondante nel mondo di Vilfra)

.16. Pinus (Strobus) peuce (un pino molto rigoglioso e presente in zona)

.17. Populus tremula  (un tipo di pioppo ancora presente oggi in Italia)

.18. Fagus sp. (elemento base delle faggete anche attuali)

.19. Quercus sapperi (un tipo di quercia molto comune e robusta)

.20. VILFRA.  Così si chiama, nella finzione, il territorio in cui avvengono i fatti.

 

 

  • “Il Quaternario” a cura di Francesco Carraro. In “Italian Journal of Quaternary Sciences, 9 (1), 1996, pp.  5-120

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