Voci (della rotaia) da Sud-Est

Recentemente è stata diffusa dalla Regione Piemonte la quantificazione della spesa per i trasporti di sua competenza nel 2019: i numeri che sono stati diffusi parlano di un investimento di 540 milioni di euro di cui 226 milioni per il trasporto ferroviario.

Va subito fatta una puntualizzazione lessicale che muta drasticamente l’approccio alla questione: la Regione non sta investendo 226 milioni, ma li sta spendendo per garantire il servizio ferroviario: un investimento sarebbe quello di una nuova iniziativa in aggiunta al servizio corrente, ovvero l’accensione di un nuovo servizio o l’implementazione di uno esistente; poiché in un recente “question time” al consiglio regionale è emerso che il pagamento del servizio ferroviario parzialmente ripristinato fra Saluzzo e Savigliano attivato il 7 gennaio scorso sia garantito dai risparmi involontari ottenuti dal periodo di sospensione per lavori della Cuneo – Ventimiglia l’unico investimento parrebbe essere quello relativo all’avvio del servizio in primavera della Casale Monferrato – Mortara e in giugno della Asti – Castagnole, ma oltre a non conoscere a pochi mesi dall’avvio che tipo di esercizio verrà garantito non sappiamo quanto verrà investito in termini di produzione (corse garantite) e promozione in termini di integrazione tariffaria e inserimento nella rete regionale e nazionale.

Questo al netto degli investimenti sulla soppressione dei passaggi a livello o alla ciclovie che, nella loro utilità, non possono essere ascrivibili al capitolo relativo all’offerta di mobilità, lo sarebbero quelli relativi alle ciclovie se contestualizzati in una implementazione del servizio treno-bici indispensabile e da approfondire.

Sarebbe sicuramente molto utile capire quanto la Regione stia spendendo per servizi urbani, servizi suburbani e extraurbani in ambito TPL (trasporto pubblico locale) e quanto stia spendendo per il sistema ferroviario attraverso uno screening non solo per tipologia, ma anche per territorio.

Lo scopo non è certo quello di puntare il dito dove la spesa è maggiore innescando una guerra di cifre campanilistiche o una contrapposizione centro-periferia, tanto più che le periferie sono una realtà complessa molto diversa dalla facile definizione di entità socioeconomica geograficamente marginale.

Il metodo di analisi dei dati di spesa non andrebbe fatto confrontando fra loro le spese provinciali o per bacino, per adeguarsi alla terminologia corrente, ma confrontando quanto viene speso e quanto viene investito rispetto alle infrastrutture che insistono su quel territorio e ai flussi potenziali da e per i centri zona che vi appartengono.

In questo senso possiamo parlare di investimento della cifra complessiva, ma applicando al territorio e non facendo una media geometrica dalla scarsa opportunità e nulla efficacia.

Uno sguardo d’insieme rivela abbastanza in fretta che il rapporto investimento sul trasporto ferroviario rispetto alle infrastrutture esistenti nel bacino sud-est cui appartengono Alessandria, Asti, Casale Monferrato e Ovada (per identificare il quadrilatero cui si fa riferimento in questo articolo) è minimo, contrariamente, la spesa per il sistema TPL è significativa, ma a questa corrisponde un servizio di efficacia poco superiore allo scuolabus.

Nel bacino sud-est individuiamo come competenza regionale piemontese undici ferrovie che elenchiamo con il loro stato attuale partendo da Occidente.

Asti – Chivasso, sospesa sine die con una richiesta della Regione di ripristino funzionale del tratto Brozolo – Chivasso: la linea è divisa in due proprio da una galleria compromessa fra Brozolo e Cocconato. La tratta Cocconato – Asti oltre che splendida per ambiente e infrastrutture civili ha potenzialità turistiche e non solo. Il ripristino funzionale di cui si discute, quindi, non riguarda il bacino sud-est. Lo riguarderebbe, se, come sarebbe auspicabile la Regione, o meglio il braccio operativo AMP, ritrasferisse la tratta Asti – Chivasso nella sua interezza al Sistema Ferroviario Regionale, garantendo contemporaneamente una integrazione tariffaria attraverso Trenitalia pur con una gestione mista gomma – ferro fino a risoluzione, se mai avverrà, della criticità infrastrutturale che vi insiste.

Asti – Alba: è prevista la riapertura all’esercizio ferroviario del tratto Asti – Castagnole delle Lanze, in attesa del ripristino completo della tratta per intero i cui lavori, non ancora finanziati, dovrebbero essere inseriti nell’Accordo di Programma Stato – RFI, sulla definizione del quale c’è una imperdonabile confusione pari a quella dell’Accordo Quadro Regione Piemonte – RFI nel quale ci piacerebbe leggere dei ripristini funzionali delle tratte sospese, ripristini che dovrebbero essere già stati finanziati dai decreti Del Rio e successivi circa la cura del ferro, ma il condizionale è indispensabile. Il rapporto fra l’esercizio ferroviario e l’autolinea Asti – Alba, in capo peraltro alla Provincia di Cuneo e quindi ad un altro bacino non è noto.

Asti – Acqui Terme: su questa linea l’esercizio è discreto, RFI ha investito molto sulla sua messa in sicurezza e adeguamento infrastrutturale e la Regione garantisce un cadenzamento orario imperfetto abbastanza efficace, ma sospeso nei giorni festivi.  Essendo una linea che parte e arriva in due centri zona turistici attraversando aree a vocazione turistica lambite quando non direttamente interessante dal sistema UNESCO la pervicace e totale assenza di servizio (anche solo con autobus integrativo) nei festivi desta qualche argomentata perplessità.

Asti – Casale Monferrato: piccolo gioiello immerso nel Monferrato che compare fra le ferrovie sospese e nella letteratura storica e tecnica, ma in nessun accordo di programma e accordo quadro. Una modesta autolinea garantisce il servizio di questa ampia sezione monferrina, una stazione intermedia è Moncalvo, città per regio statuto e che potrebbe essere servita almeno su Asti da una relazione ferroviaria insistendo una importante criticità infrastrutturale in una galleria a monte. Rimando alla tanta letteratura su questo tema reperibile in rete.

Verrà riaperta la tratta Casale Monferrato – Mortara in primavera, la linea verrà consegnata aggiornata ai più recenti standard di efficienza e sicurezza da RFI alla Regione Piemonte il 31 marzo, ma nonostante vari richiami su questo argomento ancora non sappiamo che esercizio su di essa verrà attivato e su quali modelli di integrazione tariffaria si farà riferimento, non esistendone uno in Provincia di Alessandria. La gestione dovrebbe essere di Trenord, ma come questa si rapporterà all’autolinea parallela se questa continuerà a fare servizio come TPL provincia di Alessandria come autolinea Asti – Casale – Mortara?  L’autolinea sarà di adduzione servendo centri non serviti dalla ferrovia e con integrazione tariffaria o sarà, cosa assolutamente non auspicabile, in concorrenza?

Alessandria – Nizza Monferrato – Castagnole Lanze: come per le altre linee, questa potrebbe vivere di turismo e con questo finanziare parte del trasporto regionale che sarebbe di sicura efficacia, ma la scelta è stata per ora di limitare ad un ripristino turistico il tratto Castagnole Lanze – Nizza Monferrato che ha visto negli ultimi mesi del 2018 un successo di pubblico auspicato, ma nemmeno sperato (seppur graditissimo) in simili proporzioni, questo nonostante non sia stata sfruttata la natura pavesiana della tratta (nemo propheta in patria, evidentemente sono in buona compagnia) e questo nonostante almeno a livello turistico il ripristino fino ad Alessandria sarebbe un costo marginale con potenzialità enormi oltre a colmare un vuoto assurdo e insultante per il centro zona più importante economicamente e demograficamente del bacino e quello, nonostante le difficoltà, meglio connesso a Lombardia e Liguria.

Alessandria – Casale Monferrato – Chivasso: viene garantito un servizio feriale, quindi si inserisce anche in questo caso la perplessità circa l’isolamento de facto festivo di casale Monferrato, uno dei centri storici più interessanti del Piemonte e centro di riferimento di una ampia sezione di Monferrato; il cadenzamento orario imperfetto consente una connessione fra le città di Alessandria e Casale Monferrato per i flussi pendolari attuali, ma con attenzione ai flussi potenziali davvero minima. Connessa a questa tratta è la Alessandria – Casale Monferrato – Vercelli sulla quale si sono compenetrate resistenze del sistema e interessi di campanile che, a giudizio di chi scrive, suonano come imposizioni non accettabili da una area vasta complessa ed eclettica.

La riapertura della Casale Monferrato – Vercelli era stata prevista, infatti, insieme alla Casale Monferrato – Mortara e garantita da un protocollo di intesa firmata da Comuni, Enti, Associazioni e la Regione Piemonte, secondo una brillante e efficace road-map disegnata dall’Assessorato Balocco, ma arenatasi per cause parzialmente esogene. L’importanza di una relazione Alessandria – Casale Monferrato – Vercelli è autoevidente e quasi idealmente rappresentata dall’Università del Piemonte Orientale, ciò nonostante quella riattivazione si è arrestata, primariamente, per una questione di passaggi a livello nel Comune di Vercelli ed ora il progetto di riattivazione langue in attesa di inserimento negli Accordi con RFI citati precedentemente.

Alessandria – Ovada: la linea viene giornalmente percorsa da treni merci e viene utilizzata come supporto da parte di RFI in concomitanza di lavori sulla linea dei Giovi. Ha una evidente importanza strategica che l’hanno salvata dalla scellerata mattanza del 2012, ma a parte la contrizione poco altro si è fatto per riattivarne il servizio commerciale. Nell’ottica della gestione mista delle ferrovie locali inseriti nel sistema integrato ferro-gomma con gli avvisi di gara europea di bacino (quello massacrato dai ricorsi delle aziende di pullman accolti dal TAR con sentenza interessante e a tratti stupefacente cui,  non è seguita adeguata obiezione e ulteriore ricorso) era in discussione una proposta di un vettore ferroviario in collaborazione con una azienda di trasporto dell’ovadese che ora versa in critiche condizioni. Nell’ultima audizione di AMP alla Commissione Trasporti del Consiglio comunale di Alessandria nel dicembre 2018 la stessa ha detto che a quella proposta non sono seguiti i fatti e quindi la linea resta al momento chiusa al traffico viaggiatori.

In sei anni credo si potesse fare qualcosa di più che attendere una proposta, si badi che questa non è una vicenda politica, ma un chiaro esempio di come vengano percepite le dinamiche relative ai servizi delle eterodefinite periferie negli organismi cui è stata integralmente demandata la gestione del trasporto pubblico e regionale su gomma, ferro, acqua e fune.

Indipendentemente dall’interessante e condivisibile progetto di gestioni miste di un servizio integrato ferro-gomma in partnership fra un vettore ferroviario e i vettori locali automobilistici, intuizione ottima dell’Assessorato Balocco, nella difficoltà di attuazione  e nello stop imposto del ricorso alle gare, sulla cui formulazione comunque erano sorte nel settore delle perplessità, restano intentati aggiustamenti dell’esercizio utili a un ripristino quantomeno parziale e limitato ai flussi pendolari della linea, intendendo per aggiustamento “allungare” su Ovada da Alessandria altre relazioni regionali provenienti da Chivasso o da Novara per fornire almeno quelle coppie di corse utili ai flussi pendolari e a una ripresa della vivacità ferroviaria in una zona con molte potenzialità inespresse.

Alessandria – Acqui Terme – Savona. Una linea con più letteratura che treni, nel senso che in tanti hanno scritto su di essa sia in chiave storica che in chiave ingegneristica: è un asse dalle alte potenzialità ora servito da un servizio locale con cadenzamento biorario e qualche rinforzo feriale: quello che desta scalpore è come al significativo apporto all’offerta fra Alessandria e Acqui Terme dato dal sistema del trasporto pubblico locale degli autobus extraurbani non corrisponda alcuna integrazione con la vezione ferroviaria.

La linea Alessandria – Acqui Terme è stata oggetto della prima e finora unica sperimentazione di integrazione tariffaria in Provincia di Alessandria voluta dalla Regione Piemonte del compianto Presidente Brizio nel 1992, anche in questo caso più che di investimento parlerei di spesa corrente e anche dai numeri significativi cui non corrisponde una efficacia dell’offerta.

Il servizio bus e il servizio treno continuano, seguendo il piano del servizio integrato del 1992, a dividersi le fermate, ma non possiamo certo parlare di integrazione treno-bus né dal punto di vista della pianificazione, né dal punto di vista tariffario.

Un investimento che potrebbe essere fatto e che potrebbe essere finanziato da una razionalizzazione è quello della integrazione tariffaria fra autobus e treno sulla relazione a forte domanda e ampia domanda potenziale Alessandria – Acqui Terme, inserendo un cadenzamento orario integrato alla mezz’ora nelle fasce di punta treno e bus. Osservando l’attuale offerta ci si rende conto che una migliore distribuzione delle corse potrebbe portare questo risultato senza aumentare la produzione chilometrica.

Nessuno più si occupa della linea Novi Ligure – Tortona, le cui sorti dipendono dall’evoluzione dell’infrastrutturazione complementare al terzo valico dei Giovi, anch’essa venne sospesa all’esercizio nella mattanza della Giunta Cota del 2012 e sopravvisse perché Trenord attestava alcuni treni pendolari e come per la Alessandria – Ovada aveva un interesse per i treni merci, sicuramente andrà pensato un suo inserimento, anche solo come istradamento, dei treni a media percorrenza non perdendo il valore locale delle stazioni intermedie che, comunque, insistono su un bacino economicamente e demograficamente significativo.

Attendiamo altresì di capire se fra le richieste avanzate alla Regione Piemonte e da questa a Trenitalia e al Ministero dopo i fatti alessandrini del 27 dicembre 2018, storici e importanti per la tutela e lo sviluppo dei territori ivi rappresentati e coincidenti proprio con il bacino sud-est, la proposta della linea navetta Asti – Alessandria – Voghera (unificando le rispettive linee locali) che consentirebbe addirittura un risparmio e una connessione dei territori di sud-est a Lombardia e Emilia vedrà la luce ed è compresa in quei 226 milioni.

Il punto di partenza del post 27 dicembre potrebbe proprio essere una presa di coscienza di come questi territori siano rappresentati nei 540 milioni di spesa regionale per il sistema trasporti e come questa spesa possa essere non solo una guarentigia per un servizio essenziale, ma un vero investimento sul futuro.

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