Non
mi serve una lapide, ma
se a
voi ne serve una per me
vorrei
che sopra stesse scritto:
Ha
fatto delle proposte. Noi
le
abbiamo accolte.
Una
simile scritta farebbe
onore a noi tutti.
Bertolt Brecth, Poesie. Einaudi, Torino
1992
È da stupidi dare
dello “stupido” ad uno stupido, così come è sconsigliabile polemizzare con un
polemista. Quindi mi asterrò dal farlo, memore del detto genovese: “Non ti dico
che sei un ladro, se no tu mi denunci”. Ma il “Buongiorno” di Mattia Feltri su
La Stampa di mercoledì 30 agosto (‘E buttiamo la chiave’) è una tentazione alla
quale non so resistere.
Scrive infatti
Mattia Feltri che “Negli ultimi due anni sono stati introdotti o proposti
inasprimenti delle pene per: resistenza a pubblico ufficiale, reati
agroalimentari, femminicidio, infanticidio, razzismo, omofobia, caporalato,
traffico di organi, danneggiamento di beni, stalking, spaccio, reati in
manifestazioni, rapina, incidenti sul lavoro, violenza negli stadi, esercizio
abusivo della professione, sabotaggio della Tav e furto di cavi elettrici. C’è
un’emergenza? La risposta corale è galera”. E più avanti insiste: “Inaspriamo
le pene per chi costruisce case abusive, propone (il governatore della
Campania) De Luca. Cioè, abbattere la casa abusiva no, perché poi l’abusivo
rimane senza un tetto. Però mettiamolo in gattabuia, così di tetti ne avrà
due”. Colgo l’ironia, ma vien da chiedersi: “inasprire le pene, serve allo
scopo”? No, perché in gattabuia, fino a prova contraria, poi non ci finisce
nessuno. E allora?
Questa mattina,
recandomi ad acquistare il quotidiano, ho notato che due su tre dei guidatori
di auto che ho incrociato, guidavano con il cellulare incollato all’orecchio sostenuto
dalla mano destra. Eppure, non più di qualche settimana fa una nuova legge ha fortemente
inasprito le pene per coloro che venissero sorpresi a guidare colloquiando con
il cellulare. Strada facendo ho poi raccolto (come faccio di frequente) una
bottiglia (vuota) di vetro, ed un pacchetto (vuoto) di sigarette abbandonati lungo
la strada. Eppure esiste una legge di qualche anno fa che sanziona con multe
assai salate (400 euro se non ricordo male) quanti abbandonano rifiuti per
strada, persino per chi abbandona le cicche delle sigarette fuori dagli
appositi contenitori (perché i fumatori non si portano dietro una scatoletta per
trattenere le cicche con sé?). Taccio per pudore sui limiti di velocità: non ho
mai assistito a tante pericolose infrazioni al codice della strada (come
sorpassare superando i limiti, per di più in divieto di sorpasso e con tanto di
doppia linea bianca) come accade in Valle d’Aosta: ma le regole del codice
della strada, mi chiedo, valgono solo per quegli stupidi che le osservano? Dato
lo stato precario delle finanze di questa Regione, ecco una banale proposta su
come si potrebbe risolvere il problema: installare fotocamere nei tratti più
pericolosi e sanzionare (anche senza inasprimento delle pene) tutti coloro che
infrangono i divieti. Non serve dunque, se nessuno controlla, inasprire le
pene: basterebbe, ogni volta che viene infranto un divieto, anche solo una
piccola pena certa (come un dito in un occhio). Perché non si fa? Perché non
conviene a quegli amministratori che pensano solo ad accontentare (o a non
scontentare) i loro elettori: parafrasando Totò, “furbi si nasce, ed io
(amministratore) molto immodestamente lo nacqui”. Dunque se accontento (o non
scontento) i furbi (che sono tanti), è più probabile che la prossima volta
verrò rieletto. Vale per Alessandria come per la Valle d’Aosta.
Ho già scritto in
altre occasioni che la capacità di deterrenza di una pena si può esprimere come
il prodotto di tre fattori: la probabilità di essere presi, la probabilità di essere
sanzionati se presi e l’avversione individuale al rischio. La capacità di
deterrenza di una pena per quanto minima è tanto più elevata quanto più il
valore di ciascuno dei tre fattori è prossimo all’unità (che equivale alla
certezza). Per contro, è sufficiente che anche uno solo di essi sia uguale a
zero, perché anche la capacità di deterrenza di una pena massima (l’ergastolo, ad
esempio) diventi uguale a zero. Il problema, quindi, è innalzare (rendere
prossimo alla certezza) la probabilità di essere pizzicati e sanzionati. Quanto
all’avversione individuale al rischio il suo valore sembra aumentare con
l’avanzamento dell’età delle persone, mentre sarebbe prossima allo zero (in
prevalenza) tra i giovani, ai quali la morte fa meno paura perché percepita
come un evento lontano, e tra chi si sta apprestando a compiere un grave reato (chi
va a rapinare una banca ritiene di farla franca, altrimenti non lo farebbe).
Ecco
quindi che chi propone di inasprire le pene senza preoccuparsi di aumentare la
probabilità di essere sanzionati, come quei politici che promettono la galera
agli evasori, ai costruttori di abitazioni abusive, agli spacciatori, agli
stupratori, ma anche semplicemente pesanti pene agli automobilisti
indisciplinati, a chi getta dal finestrino dell’auto il pacchetto vuoto di
sigarette, agli sporcaccioni che abbandonano i rifiuti per strada, ma anche a
chi, nascondendosi dietro l’anonimato rivolge sui social insulti o minacce ai
suoi simili, di fatto concorre ad accreditare la cultura del furbismo, la vera
piaga dei giorni nostri, una piaga che rappresenta l’anticamera
dell’intolleranza, del razzismo, del fascismo e di tutti gli ismi che infestano la vita quotidiana
delle persone probe. Da qui la mia proposta (che cadrà nel vuoto): estendere e
utilizzare tutti gli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia (chiusura
dei centri storici con telecamere per controllare gli accessi, autovelox lungo
tutte le strade e autostrade senza necessità di preavviso, Velo OK disseminati
nelle strade urbane, installazione di telecamere nei luoghi sensibili, divieto
di usare nickname o l’anonimato sui social e obbligo dei gestori di denunciare
i trasgressori, fino ad acconsentire la delazione (purché comprovata) nei
confronti di chi si comporta scorrettamente e/o incivilmente). Perché “buttar
via la chiave” quando basterebbe “accogliere le mie proposte”?
La Salle, 30
agosto 2017