La Commissione Europea chiede al Governo italiano di equilibrare i propri
conti pubblici attuando una manovra, tra taglio delle spese ed incremento delle
entrate, che riduca lo squilibrio contabile di circa 3,4 miliardi di euro.
Come fare? Dove prendere?
Dove tagliare? Il dibattito è aperto.
Renzi vorrebbe ridurre la
pressione fiscale. Resta l’alternativa del taglio della spesa, ma dove
tagliare? Il Presidente del Consiglio Gentiloni ed il Ministro del Tesoro
Padoan sono al centro di due fuochi, da un lato la Commissione europea e
dall’altro Renzi, segretario in pectore del PD, che vuole mantenere aperto il
confronto – scontro con l’Europa sul tema della flessibilità e della crescita,
obiettivi che reclamano una riduzione della pressione fiscale. Il Ministro
Padoan sta lavorando per una soluzione che salvi capra e cavoli. Sa che i
vincoli europei debbono essere rispettati e sa anche che le argomentazioni di
Renzi non possono essere ignorate perché diversamente si comprometterebbe la
debole ripresa economica in atto nel nostro paese. Ripresa per altro troppo
lenta rispetto ai restanti paesi dell’Unione.
Quali sono gli ostacoli che
fanno da freno alla crescita dell’economia italiana?
Sono i soliti: corruzione
diffusa nella pubblica amministrazione, penetrazione della malavita organizzata
nell’economia, evasione fiscale.
Si tratta di tre nodi noti da
tempo che tuttavia non sono ancora stati affrontati con la necessaria
risolutezza dalle forze politiche e dalla società italiana nel suo insieme.
In molti casi le istituzioni
hanno preferito delegare alla magistratura il trattamento di questi problemi. Le
norme ci sono – dice la politica – all’Ufficio Entrate il compito di attuarle e
alla magistratura perseguire coloro che evadono!
La giustizia a sua volta ha
propri riti, proprie regole e tempi che sono troppo lunghi, in una società che viaggia
ormai in tempo reale. Aspettare lunghi anni per un processo penale o peggio
ancora civile, stride con la realtà circostante.
Resta aperto e in qualche modo disponibile il terreno del
recupero parziale dell’evasione fiscale.
Secondo i dati dell’Istat e
dell’Eurispes, il PIL sommerso dell’Italia nel 2016 è stato stimato in 540
miliardi. Una cifra enorme se si considera che il PIL ufficiale ammonta a 1.600
miliardi di euro. Gli ultimi dati pubblicati appartengono a Confindustria che
stima un’evasione fiscale e contributiva in 122 miliardi di euro nel 2015 pari
al 7,5% del PIL. Al fisco vengono sottratti quasi 40 miliardi di IVA, 23,4 di
IRPEF, 5,2 di IRES, 3 di IRAP, 16,3 di altre imposte indirette.
A queste cifre vanno aggiunti
34,4 miliardi di euro di evasione dei contributi previdenziali (INPS in
particolare). Queste stime trovano conferma nelle stesse relazioni annuali
della Corte dei Conti.
Ogni anno in Europa si
perdono complessivamente, tra evasione ed elusione fiscale, circa 1.000
miliardi di euro di cui 860 di evasione e 150 di elusione, una cifra che
corrisponde all’intero bilancio continentale per il 2014-2020 o al deficit
annuale di tutti gli Stati messi insieme.
Sempre secondo stime
effettuate da Confindustria il quadro non muta se riferito all’evasione
dell’IVA: il 33,6%, secondi solo alla Grecia. La Spagna al 16,5%, la Germania all’11,2%, la Francia all’8,9% i Paesi
Bassi al 4,2%.
Complessivamente, nell’UE
sono stati persi 168 miliardi di incassi IVA, una perdita di gettito pari al
15%.
Negli ultimi anni la lotta
all’evasione ha permesso all’Italia di recuperare in media oltre 10 miliardi ogni
anno, superando i 14,2 nel 2015 e forse i 15 miliardi nel 2016. Si tratta di un
segnale positivo che tuttavia continua ad incidere in misura ancora troppo
contenuta rispetto all’entità complessiva della massa evasa.
Cosa sono i 3,4 miliardi di
euro che ci chiede l’Europa in confronto a queste cifre? Nel bilancio dello
Stato non si può indicare una previsione d’entrata riferita in maniera generica
alla lotta all’evasione fiscale. Questa operazione la si può fare solo a
consuntivo quando si registrano le entrate effettive. Ma detto questo, non c’è
dubbio che su questo fronte, da parte governativa è necessario insistere e
persistere anche con campagne di informazione e pubblicitarie più estese e
continuative. L’apparato pubblico (Uffici delle Entrate) farà, ci auguriamo il
proprio dovere.
Ma intanto, anche noi
cittadini dobbiamo correggere i nostri comportamenti e pretendere, con più
rigore nelle operazioni dei nostri acquisti, gli scontrini fiscale e le
fatture. Il sussulto morale, necessario per rimuovere questa immoralità
diffusa, deve partire da ognuno di noi.