Gli intellettuali alessandrini e la cultura: tutti gli equivoci intorno al caso del Teatro.
Premettiamo che chi scrive non ha alcun pregiudizio
anti-intellettuale e anzi considera l'anti-intellettualismo dilagante un
fenomeno negativo che alimenta i populismi. Vediamo però di capire se gli
intellettuali reali, calati nel quotidiano, non quelli ideali, non abbiano
anche loro qualche responsabilità in questo atteggiamento qualunquistico
diffuso, spesso brandito dal potere per colpire il ruolo stesso degli intellettuali.
Intellettuali, artisti, operatori della cultura possono avere un ruolo molto
importante di critica del potere e aiutare in questo modo la società nel suo
complesso a progredire, e costringere il potere a essere meno arrogante. Un
ruolo classico della cultura (ma non molto in Italia dove la cultura è assai
più spesso allineata al potere) che oggi può essere riconfermato solo
rispettando alcune condizioni fattuali, aggiornandosi alla realtà attuale
completamente cambiata.
Il problema però è che molto spesso tali figure
professionali e sociali hanno nostalgia di un ruolo di vate, un complesso
antico mai superato, di quando i soldi arrivavano a fiumi da Washington e da
Mosca (sempre in dollari anche da Mosca secondo il buon Cossutta) per cui basterebbe
declamare le cose che non vanno per poter incidere nella complessità del reale
e i partiti facevano a gara ad accaparrarsi gli esponenti della intellettualità
e della cultura per confermare il loro potere, e li ripagavano anche bene
perché i soldi non mancavano. Oggi la colpa del potere, in genere, sarebbe
viceversa non stare a sentire codesti grilli parlanti.
La realtà attuale è però talmente complessa e talmente
attraversata e permeata dai fattori economici e finanziari - per cui a livello
globale e locale bisogna sempre chiedersi e preoccuparsi di come la ricchezza e
il benessere vengono prodotti e non solo attendersi che arrivino da Washington
o da Mosca, da Bruxelles arrivando solo invece solo miseria e austerity
ordoliberale - che per poter esercitare una critica utile occorre anche
documentarsi un minimo, sforzandosi di espandere i propri interessi, non basta
declamare la propria indignazione verso il disinteresse per la cultura “alta”
pretendendo di essere ascoltati. Facciamo alcuni esempi partendo dalla nostra
situazione locale alessandrina che però hanno significato generale. Alcuni
atteggiamenti documentabili intorno alla storia della chiusura e riapertura del
Teatro comunale inquinato dall’amianto sono significativi di un tipo di critica ingenua e infantile che non
porta nessun tipo di beneficio finendo solo di fare il gioco di un certo
qualunquismo.
Diversi operatori culturali (a vario titolo e grado, dal
dilettante appassionato al professionista di settore) hanno accusato per 5 anni
l’amministrazione uscente (e poi sconfitta alle elezioni ad opera del
centrodestra di Cuttica che passa per uomo di cultura: vedremo…) di “non avere
una politica culturale”. A chi ci faceva, come Sinistra, questa osservazione,
spesso con toni solennemente inquisitori ed enfatici, ho sempre risposto che
era un problema di cui non ci siamo interessati (a parte all’inizio con il
generoso tentativo di Nuccio Lodato, che però, per l’appunto, dovette
scontrarsi e lottare con ingenti problemi materiali: finanziari, burocratici,
legali...) perché c’era l’emergenza delle strutture da ripristinare. Strutture
finanziarie e strutture fisiche distrutte dalle precedenti scelte
economico-finanziarie inerenti la cultura e il teatro, e dagli atti scellerati
della precedente amministrazione Fabbio. Strutture senza le quali non puoi fare
di fatto alcuna politica culturale. Nonché dai tagli governativi di Berlusconi
prima, e dalle regole imposte dal governo Monti in applicazione dei diktat
europei. Interesse della maggior parte di intellettuali, artisti e operatori
culturali alessandrini per questi problemi: zero. Interesse per le condizioni
di abbandono della Biblioteca Civica per cui Renzo Penna si è molto speso:
zero. Come ricordava spesso Guido Manzone, siamo una città che litiga intorno
al Teatro ma non si interessa della condizione generale delle strutture che
sono il vero cuore pulsante di una politica culturale. E’ colpa solo delle
giunte? Ma figuriamoci!
Veniamo al punto successivo. Riaprire il Teatro (cioè
essenzialmente bonificarlo) è stato un fatto molto complesso e impegnativo che
ha richiesto il coinvolgimento di figure professionali anche nuove: ci sono
dipendenti comunali hanno seguito corsi di formazione per poter coordinare i
lavori di bonifica. Interesse dei critici della giunta Rossa per questo fatto
specifico: zero. Intellettuali che si definiscono di sinistra non hanno
dimostrato alcun interesse per il tema del lavoro e dell’impegno
all’auto-miglioramento professionale di diversi dipendenti pubblici. Con questo
non si chiede peraltro di rinunciare al dissenso e alla critica, spesso
accusando la Sinistra di complicità col nemico: per quanto mi riguarda stare in
una maggioranza locale col PD è solo una seccatura, perché pur dando un
giudizio positivo su tanti esponenti del PD locale, il mio giudizio sul PD
nazionale e sul suo ruolo storico è del tutto negativo. Però ogni volta che do’
un giudizio cerco anche di documentarlo e di motivarlo, evitando le valutazioni
apodittiche.
Per chiudere va citato un terzo elemento molto curioso e non
meno grave dei precedenti. La critica e l’indignazione è sempre agitata da una
prospettiva di sinistra borghese, sempre attenta ai temi della legalità (anche
giustamente) e mai interessata al tema delle condizioni di chi lavora, alla sua
salute e al suo percorso di miglioramento professionale. Il Comune è stato
infatti accusato di aver fatto eseguire la bonifica alla stessa ditta che ha
fatto il danno inquinando il Teatro con operazioni maldestre. Vero, peccato
però che la giunta e l’amministrazione comunale non c’entrassero proprio niente
ma che fosse una risoluzione (una sentenza) della Magistratura. L’alternativa
era dunque fare in questo modo, o non fare proprio niente e non riaprire mai il
teatro. Nonostante questo, ricordo benissimo che prevaleva l’indignazione
(anche giusta) per il danno fatto e il conto con la giustizia non pagato, ma
che però l’interesse per l’unica possibilità pratica di riapertura fosse
tendente a zero. E anche qui, atteggiamenti velleitari, disconnessione dalla realtà:
massima.
Fino al punto di non manifestare nessun interesse né
gratitudine per quei lavoratori, molti di loro immigrati di colore, che
coordinati dalla ditta appaltatrice e dai suddetti lavoratori comunali hanno
operato in condizioni dure sudando nelle tute integrali anti-amianto nelle
torride temperature estive. Interesse e rispetto per l’impegno di questi operai
e le loro condizioni di lavoro in sicurezza, e la possibilità di danni alla
salute in caso di incidenti o di protocolli non rispettati: zero. Saranno
persone che portano via il lavoro agli autoctoni, o forse si tratta di lavoro
che gli autoctoni non vogliono più fare, come dice Boeri? Non credo proprio. Si
tratta di un lavoro di tutto rispetto quello delle bonifiche edilizie anche per
chi lo fa come operaio. Però gli indignati con la sentenza della magistratura
non si sono mai chiesti se fare lavorare immigrati non costasse meno che non
fare lavorare gli autoctoni, cioè se non fossero semplicemente più sfruttati
dalle leggi dell’economia e del “mercato del lavoro” (giro di parole pietoso
per dire “il capitalismo”).
Ora io credo che in realtà il buon Cuttica (sempre di
Revigliasco) sia un uomo molto fortunato perché si trova con il grosso del
lavoro fatto: la situazione finanziaria risanata e quella fisica e
infrastrutturale avviata alla soluzione.
Gli alessandrini hanno evidentemente valutato che l’attuale
maggioranza guidata da Cuttica non abbia a che vedere con la precedente giunta
guidata da Fabbio e coi disastri compiuti: speriamo che sia vero. Ai critici di
professione della precedente ed eventualmente della nuova giunta (i soldi
rimangono comunque pochi e “spendere e spandere” non si potrà per cui alcuni
speranzosi di oggi rimarranno a bocca asciutta fra poco) nasce però spontaneo
il suggerimento: essenziale documentarsi prima di assumere atteggiamenti
velleitari, e aspirazioni meno piccolo borghesi possono essere un buon viatico
per esercitare meglio il proprio ruolo di pungolo e non cadere nel ridicolo.
Perché comunque la Sinistra non deve preoccuparsi di loro e delle loro ubbie
(ma certo starli a sentire quando le contestazioni sono serie e documentate) ma
di chi è precario, di chi cerca il lavoro ma non lo trova e vive per questo in
una dura condizione psicologica, di chi è povero vive in palazzi in condizioni
di sicurezza precarie, colpevolmente trascurate dai padroni delle Grenfell
Towers che prendono fuoco come una torcia se un frigorifero scoreggia, o che
non rispettano le norme costruttive minime antisismiche e geologiche/geotecniche
come spesso e volentieri succede in Italia. Di cose concrete insomma. Più gli
intellettuali, artisti, operatori culturali si interesseranno umilmente, senza
boria, senza sentirsi degli oracoli, di cose concrete, in questa particolare e
complessa stagione sociale, che durerà ancora a lungo, più riacquisteranno un
ruolo sociale rispettato ad Alessandria come in Italia.
Filippo Boatti
Alessandria, 10/07/2017