Specie per la "chiusura accorata" merita di essere il nostro nuovo "editoriale", (n.d.r.)
...
La ripresa ormai assodata,
potrebbe portare il PIL all’1,5 nel 2017, mentre l’inflazione anch’essa attorno
all’1,5 % dovrebbe portare la crescita del PIL nominale al 3%, vale a dire 45 –
50 miliardi di euro, di questi, il 44% viene assorbito dal prelievo fiscale,
circa 20 miliardi di euro. Sottraendo da questa disponibilità la quota di
competenza del sistema previdenziale circa il 15%, 7 miliardi di euro, alle
casse dello Stato, di Regioni e Comuni dovrebbero affluire circa 13 miliardi di
euro.
Lo Stato centrale trattiene
il 42%, le Regioni il 17% le Province il 2%, i Comuni il 10%, mentre le quote
previdenziali che affluiscono all’INPS ammontano al 29%.
Questo significa che lo Stato
può contare su una maggiore flessibilità pari a 2 – 3 miliardi nel rapporto
bilancio corrente e margine di sforamento (il famoso 3% previsto dai Trattati
di Maastricht). Il flusso di maggiori entrate derivanti dalla crescita del PIL:
circa 8-8,5 miliardi di euro. Il rientro dei capitali portati clandestinamente
all’estero dovrebbe garantire 3-4 miliardi di euro. Entrate aggiuntive
dovrebbero essere assicurate dalla lotta all’evasione fiscale, la quale negli
ultimi anni ha garantito un incremento aggiuntivo attorno ai 10 miliardi di
euro. Su quest’ultima disponibilità si può far conto solo a consuntivo.
Prevedere per il 2018, una
manovra da finanziare ricorrendo all’indebitamento come è stato fatto con il
bilancio in corso è da escludere essendo il nostro debito pubblico a quota
132,5% del PIL e con Bruxelles che su questo punto resta intransigente.
Nel complesso la manovra
dovrebbe mantenersi all’interno di 1 punto percentuale del PIL, circa 15-16
miliardi di euro. Non è tanto ma non è nemmeno poco.
Il problema purtroppo
riguarda il novero dei problemi da affrontare: decontribuzione delle pensioni;
contratto degli statali; il nodo degli insegnanti dal superamento della
precarietà agli adeguamenti retributivi; incentivi alle imprese; decontribuzione
triennale per i neo assunti. A questi temi che costituiscono l’agenda delle
trattative socio–sindacale, vanno aggiunti i problemi tipicamente italiani come
la ricostruzione delle zone terremotate e gli interventi di natura
idrogeologica per mettere in sicurezza larga parte del territorio nazionale.
Nel conto bisogna aggiungere gli oneri derivanti dai danni causati in
agricoltura dalla lunga siccità; gli incendi boschivi; gli aiuti alla Libia per
contenere il flusso migratorio.
Poi c’è il taglio del cuneo
fiscale da trasferire a carico della fiscalità generale.
Il tutto, naturalmente
confligge con il proposito di ridurre la pressione fiscale e con l’offensiva
demagogica delle opposizioni di riformare l’Irpef, riducendone drasticamente
sia il numero delle aliquote attuali che il loro ammontare.
Questa, purtroppo, sarà la
finanziaria pre-elettorale, c’è quindi da aspettarsi non un confronto politico-parlamentare
ancorato alle regole ed ai vincoli imposti dalla Costituzione e dalle direttive
europee, costruite sul rigore contabile e sul buon senso; al contrario,
finiremo con l’assistere ad un duello senza regole e senza ritegno che finirà
col deprimere, agli occhi dell’opinione pubblica, il ruolo e la dignità del
Parlamento stesso, favorendo ancora una volta i vessilliferi della facile
demagogia e del populismo più becero.
Alfio
Brina