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Comune e attualità alessandrina
Giovanni Plana ... e la Borsa Intitolazioni Scolastiche
Nuccio Lodato

AZIONI STABILI A VOGHERA,

OPA OSTILE AD ALESSANDRIA

E “Glaucilla Eurotea” sta alla finestra” … (*)

Per quanto vogherese temporaneo del Regno di Sardegna, ma contraddistinto da vita e carriera franco-torinesi, come accadeva allora a chi eccellesse nelle scienze, Giovanni Plana  (1781-1864)  si era visto riconoscere dalla sua città un’importante arteria del centro e intitolare una scuola media (ops, sono troppo vecchio del mestiere: “primaria di primo grado”) che, pur se annegata come tante nella confusione onomastica -triste tratto distintivo degli “istituti comprensivi” ormai imposti ovunque- ne mantiene alto  ricordo e  nome, sistemata oltretutto  com’è nello splendido edificio storico delle gloriose elementari “Dante”, frequentate anche da chi scrive, lungo gli anni del profondo scorso millennio, felicemente vissuti nel capoluogo dell’Oltrepo pavese.

Gli era andata un po’ meglio, giustamente, nel capoluogo subalpino,  riconoscentegli, oltre all’immancabile via del centro,  anche un’”istituzione scolastica secondaria”:  un IPSIA oggi “allargato”, come da molte altre parti, Alessandria inclusa, al quinquennale  diploma odontotecnico. Gli alessandrini per parte loro, memori degli otto suoi anni di docenza alla Scuola di Artiglieria a inizio secolo,  gli avevano devoluto da subito, immediatamente post mortem,  il liceo-ginnasio statale poi sistemato dai primi ‘30  nella piazza ora invano Matteotti (ma per tutti i nativi, allora come ora, “Genova” o tutt’al più “dell’Arco”: Matteotti, vedi caso, non ha sfondato nel parlato  mandrogno, come don Minzoni e i Rosselli in quello iriense, rimasto legato a “corso Torino” e “corso Genova”: l’antifascismo nella vita quotidiana è temibile sia rimasto appannaggio dell’”élite” oggi messa ai margini dal populismo trionfante!).  Curiosità: gli edifici dei due licei, l’ alessandrino e il “Grattoni” vogherese, risalenti al medesimo periodo -il secondo funzionante dal ’33- rivelano, fatte le debite proporzioni, analogie architettoniche e strutturali, la cui almeno in apparenza comune origine andrebbe approfondita.

Un’intitolazione “storica”, l’alessandrina, in qualche modo sopravvissuta anche al più recente conglobamento nel “polo umanistico” che, di nuovo a causa dell‘irrefrenabile morsa dell’”ottimizzazione scolastica” ha unito quanto sopravvivente del “classico”  alll’Istituto Magistrale “Diodata Roero Saluzzo”. Pure in vita i due titolati avevano conosciuto percorsi paralleli: la troppo dimenticata poetessa e tragediografa  torinese (Glaucilla Eurotea in Arcadia!) e Plana si saranno probabilmente pure conosciuti all’Accademia delle Scienze di Torino: il di lei padre ne era stato cofondatore con Giuseppe Lodovico Lagrangia, poi Joseph-Louis Lagrange, di cui Plana avrebbe sposato una nipote; lei la prima donna ammessavi, nel 1801: lui cooptatovi due soli anni dopo (pare già di sentire la voce dei grillini di allora: tutti raccomandati, nessun merito!).  Persino le rispettive intitolazioni furono presso che coeve, risalendo al 1865 per Plana e al 1867 per la Saluzzo: l’”eco” (senza allusione: lo stoico lettore prosegua…) era allora freschissima: mancato l’anno prima lo scienziato, da soli 27 la scrittrice.  In fondo è andata bene: quasi dappertutto, Voghera inclusa, i “classici” sono stati umiliati riducendoli  a mere appendici dei ben più gettonati “scientifici” (per parte loro, inesorabilmente quanto indiscutibilmente consacrati a Galileo Galilei in entrambe le città, come in molti altri luoghi: mia moglie Loretta, scientifico frequentato a Napoli, me ne dà conferma…).  I “poli umanistici” sarebbero in genere invece, per la verità, caratterizzanti oggi quanto (o il poco…) sopravvissuto delle a loro volta neo-dissolte Facoltà di Lettere in parecchi atenei: ma, coi mala tempora  in corso, avervi dato vita anche nella secondaria è un’intuizione che ci può stare.

Attribuzioni pacifiche e  indiscusse fino a un anno fa, quando la città, l’Italia e il mondo restarono percosse e attonite alla scomparsa di Umberto Eco, alessandrino doc, ex-allievo dell’istituto sempre rimastovi legato anche con una benemerita presenza personale ricorrente, e oltretutto, neanche a farlo apposta,   allora abitante -e, negli anni debiti …giocante-  proprio tra la piazza e la via sedi della scuola.

Si è aperto da allora un vasto dibattito sull’urgenza di reintitolare a lui, in sostituzione dell’incolpevole matematico vogherese e della dolce arcade subalpina d’antan, l’istituzione che lo vide studente. Il preside (pardon: “dirigente scolastico”…)  si era subito mosso formalmente in tal senso, e nei giorni scorsi, primo anniversario, l’edizione locale del più diffuso quotidiano del nord-ovest ha ricominciato a ad alimentare un dibattito che vede contrapposte la posizione dei proponenti e quella dei tradizionalisti fedeli a Plana, pur riconoscendo paradossale che un classico fosse stato intitolato a un per quanto eminente matematico (come del resto, in Voghera, a un formidabile ingegnere-traforatore quale Grattoni: e sia che in entrambe le sedi la percentuali di studenti negati alle Matematiche è per definizione da sempre altissima!). Con risvolti francamente paradossali: preside favorevole e presidente del Consiglio d’Istituto contraria; illustri amici e compagni d’infanzia del grande saggista-romanziere entusiasti, ma presidente degli “Amici” e studenti del “Plana” (appunto…) contrariati.  Insomma, la contesa è aperta, e non si sa come andrà a finire: ma non è escluso che, sia pur per nobilissime ragioni, l’OPA pro-Eco abbia successo e il povero Plana debba tornare ad accontentarsi solo della media iriense e del “professionale” torinese. In barba persino alle “vigenti disposizioni”, che imporrebbero il trascorrere non di un anno ma di un decennio dalle scomparse degli illustri candidati prima di “ procedere”, a meno che non si vogliano sollecitare specifiche deroghe autorizzative (peraltro collegabili proprio alle affermazioni territoriali: un colpo al cerchio e una alla botte; nelle circolari del Ministero degli Interni si legge in controluce il timore che lumbard e serenissimi dessero troppo spazio a intitolazioni localistico-dialettali: prefetti messi in guardia…). E alla volontà dello stesso ironico e altrettanto incolpevole neo-destinatario ipotetico, che aveva scongiurato per iscritto (ma vanamente!) di non celebrarlo troppo, almeno per un congruo lasso di tempo. Infatti in questi giorni non si fa che leggere di progetti e manifestazioni per Eco, a destra e a manca.

(*) il mio povero papà, che lavorava nel settore, mi spiegava da bambino che in Borsa “sta alla finestra” chi detiene titoli senza né venderne né comprarne…Ma sono cose che oggi, non fosse che perché vittime forzose del private banking, sanno tutti, anche quelli che ne avrebbero fatto volentieri a meno (quasi tutti, cioè).

                                                                      

                                                                    

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