Al fine di poter disporre di un quadro
di analisi completo, il pregevole contributo di Giuseppe Rinaldi per una
ragionata riflessione sul risultato delle elezioni comunali di Alessandria,
credo debba essere integrato da una comparazione del voto alessandrino con
quello dei comuni capoluogo di provincia, con particolare attenzione sull’andamento
del ballottaggio, oltre a un "focus" sui voti validi piuttosto che
sulle percentuali, spesso fuorvianti.
Da sempre, infatti, il segnale
politico nelle amministrative parziali come quelle del 2017, è rilevabile dai risultati
dei comuni maggiori, perché l’universo più ampio dei comuni sopra i 15.000
abitanti è troppo disomogeneo e spesso influenzato da fattori iper locali.
L’interpretazione di queste elezioni
amministrative non può che essere quella di una severa sconfitta per il Pd e il
centrosinistra nel suo complesso e una chiara affermazione del centro-destra a
trazione leghista, con una battuta d’arresto per il M5S.
Comprendendo anche gli eletti al primo
turno, nei 25 comuni capoluogo di provincia, infatti, il
centro-sinistra passa dalle 14
amministrazioni uscenti (più Orlando a Palermo) alle 6 (Cuneo, Palermo, Padova,
Lecce, Lucca, Taranto) del 2017.
Come salta all’occhio in tutta la sua
evidenza, il centrosinistra al Nord vince solo a Cuneo (con una coalizione
guidata da un candidato centrista) e a Padova (con un apparentamento vincente
con il candidato e liste della sinistra). Per il resto nel settentrione solo
sconfitte per le amministrazioni uscenti di centrosinistra: oltre ad Alessandria,
Asti, Como, Monza, Lodi, Genova, La Spezia (più Piacenza).
Di converso il centro-destra, che partiva
dai soli 6 uscenti si ritrova con 16 sindaci (Frosinone, Alessandria, Asti, Como,Lodi,
Monza, Verona, Genova, La Spezia, Piacenza, Pistoia, Rieti, L'Aquila,
Catanzaro, Oristano, Gorizia).
Due sindaci, infine, vanno a liste
civiche locali (Belluno e Parma con l'ex M5S, PIazzarotti) e un ballottaggio non
è risultato valido per mancato raggiungimento del quorum (Trapani).
Interessante osservare come nei 19
ballottaggi in cui era presente un candidato di centro-sinistra,
esso venga sconfitto in 15 comuni e
risulti vincente solamente in 4.
Il centro-destra, invece, vince 15
ballottaggi su 20.
Nelle precedenti elezioni, al
ballottaggio il centro-sinistra aveva vinto 12 sfide su 18 e il centro-
destra 3 su 10.
Il Movimento 5 Stelle perde nettamente
il confronto a due ad Asti.
Nonostante il puerile tentativo del
segretario del PD, Matteo Renzi, di derubricare le sconfitte alla dimensione
locale e di definire l'andamento del voto "a macchia di leopardo", è chiaro
che è spirato forte un vento negativo nazionale contro i candidati sindaci del
centrosinistra.
Vento nazionale che ha certamente
influito anche nell’esito del voto di Alessandria, nonostante una performance
in controtendenza al primo turno della lista del PD.
Un dato molto enfatizzato dalla dirigenza
locale dem che però è fortemente ridimensionato se si raffrontano i voti
assoluti ottenuti dall'"area PD", quella che comprende nelle analisi
dei ricercatori anche i consensi delle liste civiche dei candidato sindaci PD.
Nel 2012, infatti, l’aggregato PD più lista
civica aveva ottenuto 10.263 voti contro i 10.121 del 2017, con un leggero
decremento di 142 voti. Sempre nel centrosinistra i Moderati passano da 2.612 a
1.458 voti, mentre Sinistra per Alessandria intercetta solo 873 voti dei 1.610
delle liste di Rifondazione e Sel del 2012, anche per la presenza di una lista
di sinistra a sostegno di Oria Trifoglio (869 voti).
Nella coalizione del centrodestra,
invece, si registra uno straordinario risultato della Lega che cresce in cinque
anni da 2.355 voti a 5.280 e un corrispondente calo di Forza Italia (3.996 nel
2017 contro i 5.606voti del 2012. Barosini paga in termini di consenso la
scelta di allearsi (1.956/3.534) e Fratelli d’Italia la solitaria discesa in
campo solitario di Locci (578/760 della Destra nel 2012). Per canto suo, il
Movimento 5 Stelle, smentendo le previsioni e i sondaggi della vigilia, rimane fermo
al palo: 4.649 nel 2017 - 4.687 nel 2012.
Veniamo ora al ballottaggio, dove si
evidenziano, invece, significative differenze rispetto ai dati medi nazionali.
Se nel primo turno, infatti, anche ad Alessandria
si è manifestato il “fantasma” dell’astensionismo essendosi recati a votare
41.592 elettori rispetto ai 46.388 del 2012, nel secondo turno di ballottaggio,
in contro tendenza sul dato nazionale, l’affluenza è cresciuta: 34.629 votanti
(46,4%) contro 31.724 (42,2%) della competizione di cinque anni orsono, il cui
esito finale appariva, però, scontato.
Una maggiore mobilitazione di cui ha
tratto vantaggio Cuttica che incrementa di oltre il 54% i suoi consensi (18.762
voti in confronto ai 12.144 del primo turno), rispetto a una media nazionale in
aumento dei candidati del centrodestra nei comuni capoluogo di provincia del
22% circa: la quinta miglior performance nazionale.
Rita Rossa, invece, se si tiene conto
dell’apparentamento con il "Quarto Polo", partendo da un bacino
potenziale di 17.474 voti del primo turno, si ferma a 14.937 con un decremento
del 14,5%.
Nel ballottaggio Rita Rossa vede
crescere il suo bacino di consenso iniziale del 16,5% rispetto al 22% della
media nazionale del centrosinistra.
È dunque nel turno ballottaggio che
emerge chiaramente un voto “contro” la sindaca uscente e il centrosinistra a
trazione PD e una capacità attrattiva di Cuttica ben oltre le più rosee
prospettive.
Quest'ultimo, dunque, nonostante la
sua "non alessandrinità", non soltanto tiene tutti i consensi del
centrodestra, ma raccoglie, come evidenziato dall'Istituto Cattaneo, più voti
della Rossa tra gli elettori di tutti gli altri candidati esclusi dal
ballottaggio (Oria Trifoglio compresa).
Sia la Rossa sia Cuttica, poi, non
sono stati candidati capaci di allargare il loro campo, anche per la presenza
al primo turno di ben 6 contendenti. Il nuovo sindaco al primo turno ottiene lo
0,66% in meno della percentuale fatta registrare dalle liste che lo
sostenevano: la stessa identica performance della sindaca uscente.
In definitiva, Rita Rossa non è riuscita
a resistere ad un doppio vento negativo: quello nazionale e quello locale,
alimentato quest'ultimo sia da scorie negative generate dalla gestione del
dissesto sia da limiti ed errori nella costruzione della coalizione di
centrosinistra, uniti a un crescente carattere di eccessiva "divisività"
della sua candidatura.
Il centrodestra, invece, ha dimostrato
di aver compreso le ragioni della sconfitta di cinque anni fa ed è ripartito
dal bene primario dell'unità della coalizione, anteponendola alle ambizioni dei
singoli: una scelta politica lungimirante e coraggiosa che è stata premiata
dagli elettori, pur in un quadro di "smobilitazione" testimoniato
dall'astensionismo.
Federico
Fornaro