Il futuro del centro-sinistra
Il PD in campo con Renzi
Mauro Calise
Ci voleva una
prova di forza, ed è arrivata. Dopo tre mesi di graticola per l’ex-premier ed
ex-segretario, e dopo l’assalto degli scissionisti decisi a far saltare il
partito di cui si sentivano espropriati, al Lingotto si è visto un Pd ancora in
campo, e in corsa. E schierato in forza col suo leader. Vedremo nel prossimo
mese quanto contano davvero gli avversari interni, quanto riescono a mordere
sulla scena nazionale. Ma nella tre giorni torinese si è capito che non sarà
facile insidiare la popolarità che Renzi si è conquistato, e la sua intatta
volontà di parlare al paese. Senza rinchiudersi nel recinto storico del
centrosinistra. E, al tempo stesso, facendo tesoro dell’errore principale della
sua prima stagione, l’essersi assunto incondiziatamente tutte le responsabilità
e le decisioni. Con quell’immagine di uomo solo al comando che è stata usata
dai suoi nemici, abilmente, nella battaglia referendaria per insinuare la paura
di una deriva autoritaria.
Ciò che, invece,
ha colpito al Lingotto è stato lo schieramento, al suo fianco, di un parterre
di ministri e di tecnici che hanno restituito al Pd la solidità e pluralità che
– giustamente – può rivendicare rispetto agli altri partiti. Tutti, in un modo
o nell’altro, riconducibili a un padre-padrone – che si tratti di Grillo o di
Salvini o del fantasma di Berlusconi – in cui si identificano e dal quale
dipendono in toto. Renzi è riuscito – almeno per il momento – a sottrarsi a
questa trappola, al cul-de-sac del partito personale in cui Bersani & co.
hanno cercato di infilarlo – e schiacciarlo. Quello che esce dal Lingotto è il
leader di un partito che resiste – unico nel panorama italiano – come
organizzazione strutturata sul territorio, e con una classe dirigente ben
visibile ed autorevole. Certo, nessuno si illude che la forza, la marcia in più
e anche la direzione di marcia non dipendano – anche oggi - dall’ex-premier. E,
tra i tutti i big che hanno sfilato sul palcoscenico, il ministro Minniti è
stato quello che lo ha detto fuori dai denti. Dopo la ritrovata liturgia del
noi al posto dell’io, è sempre Renzi quello che farà – se potrà – la
differenza. Un dato che lo stesso ex-segretario ha rivendicato nel finale, con
un escamotage retorico in cui ha posto di nuovo l’io – la responsabilità
individuale – al centro dell’impegno politico. Ma allargando a tutti i
militanti l’invito a farsene carico, con un esplicito richiamo a farsi avanti,
a proporsi come nuovi leader.
In questo, resta
netta e profonda la linea di demarcazione – culturale prima ancora che politica
– con gli scissionisti della ditta, i custodi dei caminetti, del bilancino
delle correnti. E della responsabilità collegiale dietro la quale, all’atto
pratico, nascondere i rischi di una esposizione personale. Su questa linea,
d’ombra e di svolta, Renzi è riuscito, per il momento, a trovare un compromesso
convincente. Ma sarà messo alla prova non appena si dovesse passare dalla sfida
per la segreteria del partito a una nuova stagione di governo. Nella fase
attuale, all’ex-premier può soltanto giovare uno stile meno narcisista e delle
scelte più inclusive. Il Renzi 2.0, con più community e più comunità, ha tutto
da guadagnare nell’immagine e, forse, anche nel numero dei follower. Tutt’altra
storia sarà se – e quando – dopo le elezioni per il rinnovo del parlamento il
Pd si dovrà confrontare con lo sconquasso dell’attuale legge elettorale, che
non appare modificabile nel suo impianto iperproporzionalistico.
A
quel punto non si tratterà più solo di una trasformazione tattica, o comunque
limitata ai rapporti col partito. Renzi dovrebbe vestire i panni di tessitore e
manovratore di un governo di coalizione. In cui non ci sarebbero soltanto
comprimari, come negli ultimi tre anni. Ma altri partner con un peso decisivo a
fare andare avanti, o meno, l’esecutivo. Certo, si potrebbe obiettare che in
Germania è già così. E che la Merkel ha per tutti questi anni gestito il suo
ruolo di super-cancelliera senza che mai gli alleati Spd provassero a farle
ombra. Ma l’Italia, si sa, è un altro paese. E se Renzi, come è sembrato in
questi giorni, dovesse riuscire a ritrovare un po’ di vento nelle sue vele,
diventerà nuovamente il bersaglio principale contro cui combattere. E non è
facile prevedere in che misura sarà bravo a giocare a nascondino, invece di
tornare ad alzare la cresta e mostrare il petto come il suo temperamento lo ha
portato – per sciagura sua e dell’Italia – a fare nel recente passato. Sarà
questo il rebus del nuovo show. Che ieri è ripartito, e di cui Renzi resta il
protagonista
(“Il Mattino”, 12 marzo 2017)
14/03/2017 22:27:24
17.03.2018
Danilo Bruno
Ieri (il riferimento è al 14 marzo u.s.), a stare alle cronache di stampa, il
ministro allo sviluppo economico e neo-PD Calenda,che era presente a Bari
con Prodi a presentare il libro di Giovannini sull’utopia sostenibile, avrebbe
pronunciato, tra le altre cose, una importante affermazione: “ Serve un...
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14.03.2018
Mauro Fornaro
Qualche riflessione, più
di carattere psicologico che non politologico, sul crollo del PD da parte di un
“vecchio” simpatizzante. Classe dirigente e molti militanti del PD sembrano al
momento essersi arroccati sulla difensiva, sia a seguito degli attacchi
insistenti e insolenti della Lega e del M5S nel...
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13.03.2018
Mauro Calise (*)
Inutile, per il momento, affacciarsi sul crogiuolo
della crisi in corso. Troppe incognite ancora da sciogliere. E, soprattutto,
troppe spavaldissime mosse tattiche che dovranno cedere il passo a più miti consigli
– e consiglieri – strategici. Ma, quale che sarà la soluzione che alla fine
prevarrà,...
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12.03.2018
Egidio Zacheo
C'è smarrimento nel Partito Democratico e
a sinistra. La loro sconfitta è stata bruciante . Ma mentre quella del PD da
molti - diciamolo- era stata prevista da tempo, anche se non nelle proporzioni
verificatesi, una sorpresa generale ha destato quella di " Liberi e
Uguali". Vi è stata una polarizzazione...
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12.03.2018
Goffredo Bettini
"Articolo
proposto dal Cives Pier Luigi Cavalchini"
Abbiamo subito una sconfitta storica. Infatti, se ragioniamo
su un arco temporale ampio, balza agli occhi il rovesciamento di una anomalia
italiana. Negli anni '70 l'anomalia
consisteva nella forza elettorale di una sinistra comunista e socialista...
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10.03.2018
Franco Livorsi
Nel
mio articolo del 28 febbraio ultimo scorso, “L’Italia congelata” - scritto pochi giorni prima delle elezioni
politiche - motivando il mio voto a favore del PD - di cui ero e sono
totalmente convinto - esprimevo tutta la mia preoccupazione per la tenuta della
democrazia liberale e rappresentativa...
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09.03.2018
Filippo Boatti
La disfatta, questa volta finale, della sinistra era
purtroppo prevedibile e inevitabile, inevitabile perché la sinistra non ha
saputo né voluto reagire alla gabbia che le impedisce di sussistere. Certo si
può chiamare in causa una “questione morale” interna alla sinistra. E’ un fatto
vero, il mancato...
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08.03.2018
Alfio Brina
I
vari politologi fanno risalire al comportamento un po’ guascone di Matteo
Renzi, le cause della sconfitta elettorale di questo 4 marzo 2018. Un uomo solo
al comando attorniato da fedelissimi, sicuramente toscani e possibilmente
fiorentini, Poi il modo irriverente, per non dire sguaiato con cui è...
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07.03.2018
Carlo Clericetti (*)
Il seguente articolo comparso sul blog di "repubblica.it" curato da Carlo Clericetti è segnalato (e proposto alla lettura) dal civis Filippo Boatti....Due indagini del dopo-elezioni confermano quello che
chiunque abbia osservato con un po’ di attenzione quello che accade aveva già
capito, e che conferma...
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07.03.2018
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1. Dopo tanto impegno e
tanti sacrifici, il risultato tanto sperato finalmente è arrivato. Finalmente abbiamo perso.[1] E non poteva che
essere così. Siccome siamo stati particolarmente in gamba, abbiamo perso anche
in maniera pesantissima, inequivocabile, con cifre oltre ogni previsione. Da
capogiro....
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Segnali
Alessandro
Gassman e Marco Giallini sul grande schermo
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