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Il futuro del centro-sinistra
La questione morale e la politica del codice etico
Maria Luisa Jori

   Il Codice etico (o Deontologico) è  un insieme di regole di autodisciplina e di comportamento che hanno un valore per gli appartenenti ad una determinata professione (o impresa), per la quale   vengono  formulate alla luce di un’etica generalmente condivisa. Esse  esprimono un patto   con la società, cui la professione risponde in termini di trasparenza, competenza e fiducia. Il codice etico quindi contiene in sé  l’obbligo   di  impegno rigoroso   in  un   servizio o  cura specifici da erogare al prossimo nel modo più efficiente, attento e rispettoso:  si tratta di  una garanzia  di competenza e dedizione   da assicurare a   chiunque,   individualmente, intende fruire di quel servizio o quella cura.   Ma a differenza dei professionisti o dei  gestori di   impresa  coloro che vengono eletti come esponenti di  un partito svolgono una funzione di rappresentanza  politica che, in quanto tale,   più che a un singolo si riferisce alla collettività dei cittadini  che li hanno votati.   

      I partiti   fino alla fine del secolo precedente   stabilivano e dichiaravano   un  regolamento, al quale dovevano attenersi i propri eletti  e candidati,  all’interno di  un più ampio testo,  complessivo delle norme istitutive e costitutive della organizzazione e conduzione del partito stesso : lo statuto.  Poi la  sfiducia nella politica, cresciuta in Italia  negli ultimi vent’anni   tra dilagare della corruzione e  caduta delle ideologie(nelle quali si risolvevano le principali  contrapposizioni con grandi passioni  e talvolta fanatismi)   ha fatto emergere, focalizzare e   sempre più  esaltare  nelle competizioni elettorali, in primis  il tema morale  in cui  contendere il primato. Così   molti    partiti   hanno avvertito la necessità di rivendicare,  esibire  la  propria superiorità  etica più rassicurante per gli elettori e alcuni addirittura  hanno pubblicato un  proprio codice deontologico.

      H In realtà anno   un    “codice etico” vero e proprio soltanto  il Pd(nel 2008) e il Movimento 5 stelle( 2 gennaio 2017). L’Udc invece ha una specie di  “codice deontologico” approvato a fine 2015. Gli altri partiti  richiamano più tradizionalmente   norme di comportamento per  i rispettivi eletti e i candidati  nei loro statuti.  Le dichiarazioni  di tali  regole morali   proclamate dai partiti sono sempre un misto tra  ovvia ( in quanto è un obbligo per tutti gli italiani) ubbidienza ai  principi di legalità(per es. fedeltà alla Costituzione),  assunzioni di responsabilità(es. “assolvere con competenza, dedizione e rigore le funzioni ricoperte, senza cumulare incarichi che precludano di svolgere compiutamente la responsabilità affidata...”),  assoluto rispetto dell’ onestà e della trasparenza(per es. “non conferire né favorire il conferimento di incarichi a propri familiari o, tranne che negli uffici di personale collaborazione, a persone con cui si abbiano rapporti professionali”) , rifiuto di doni da chi si aspetta dei favori,  ecc. E’ grave il fatto che non si dia più per scontata l’osservanza dei doveri (valori) che  costituiscono l’etica  pubblica, tanto da ritenere che   questa, esplicitata, possa costituire una prerogativa di un certo partito, e quindi una particolare attrazione elettorale, mentre,  per il suo carattere  universale dovrebbe  essere un presupposto condiviso, soprattutto poi per chi  ricopre incarichi istituzionali.  Allora dobbiamo chiederci se  il codice etico dei partiti serve per  affrontare e combattere la crisi morale della politica e la  conseguente  sfiducia dei cittadini nelle istituzioni.   

   Roberta De Monticelli in La questione morale (Milano, Raffaello Cortina, 2010)  imposta il suo ragionamento partendo dal  problema: «Corruzione, opportunismo, disonestà: come siamo arrivati a questo? Esiste una terapia?».  La  filosofa osserva che si   è compromessa una rifondazione dell’«unità della ragione» ,  ossia dei nessi fra etica, diritto e politica, come sfere aperte alla ricerca di verità.  Afferma che  «La questione morale è - in estensione - la questione del possibile rinnovamento dei nostri mores, delle nostre abitudini quotidiane. Ma è in profondità la questione di cosa questo rinnovamento significhi, di quali siano le condizioni alle quali esso è possibile. Il rinnovamento è possibile solo se, oltre la superficie mediatica in cui prevalgono (ed entro certi limiti è inevitabile sempre) disinformazione e distorsione del vero, la nostra esperienza morale è invece fondamentalmente aperta al vero» (p. 14).  

  L’apertura al  vero, soprattutto  nella complessità politica della vita  democratica, così velocemente  cangiante, comporta, volenti o nolenti,  una ricerca, che attraversa   molti, inevitabili errori, contraddizioni e dubbi: non  può   essere assicurata da una codificazione di principi assoluti, anche se valoriali, da parte e in funzione di un singolo soggetto.    Infatti   rifondare l’ «unità della ragione» (ossia dei nessi fra etica, diritto e politica)   significa e comporta una trasformazione etica della collettività.  I partiti che credono di potersi vantare  di una  purezza senza uguali basandosi su quanto dichiarato nel loro “codice etico”  finiscono prima o poi per contraddirsi. Un recente esempio: per quanto riguarda gli indagati,   il codice di comportamento del M5S ( continuamente citato  come propria guida morale dai  relativi parlamentari intervistati)  afferma che “La ricezione, da parte del portavoce, di “informazioni di garanzia” o di un “avviso di conclusione delle indagini” non comporta alcuna automatica valutazione di gravità”. Poi però il Movimento ha  presentato al Senato  una mozione di sfiducia contro un senatore del Pd  indagato. Infatti quella norma era stata scritta(2 gennaio 2017) in una occasione diversa(quando era stata indagata  la sindaca Raggi, com’è noto appartenente ai M5S ).

        Altri  esempi ancora di contraddizioni tra quanto viene asserito nel proprio codice etico  dai partiti e  il  comportamento  dei rispettivi  eletti in Parlamento  non mancano.   Ecco perché bisogna concludere con  De Monticelli  che la minorità e l’imbarbarimento morale e civile si combattono solo «risvegliando le coscienze alla serietà dell’esperienza morale, che in ogni individuo deve rinnovarsi» (p. 180)

 

 

 

 

18/03/2017 22:26:36
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