Povertà, Usura, Gioco d'azzardo ed... Elezioni
Leggendo il Rapporto Eurispes sull’usura in Italia ci
si rende conto della dimensione immane di un fenomeno che è spesso
sottovalutato dalla sociologia e dalle cronache. Un business annuo (per il solo
2015) stimato in 82 miliardi di euro è infatti gigantesco.
L’usuraio è
individuabile, secondo il rapporto, fra le organizzazioni mafiose che sono
presenti in ogni parte dello stivale, ma anche fra “insospettabili”: negozianti,
professionisti, avvocati, commercialisti e via dicendo. Persone che si sono
infilate fra le pieghe delle difficoltà di accesso al credito bancario. Sulle
banche sarebbe necessario un discorso a parte, doloroso anche questo.
Purtroppo però
l’assenza della politica, del governo dell’esistente, l’assenza di ricerca di
forme flessibili di credito, in un periodo come quello attuale, spingono molte
famiglie e molti piccoli imprenditori fra le braccia dell’usura.
Il rapporto ha
preso in considerazione alcuni parametri per individuare il volume complessivo
del fenomeno usura, da questi dati si evince che le prime vittime sono le
famiglie (30 miliardi il capitale prestato, 66 quello restituito), vengono poi
le imprese agricole (2,25 miliardi prestati, 4,95 restituiti) le imprese di
commercio e servizi (6 miliardi contro 11 restituiti) per un totale di 37,25
miliardi contro 81,95 restituiti.
Il calcolo, per
ammissione degli estensori del rapporto, è comunque approssimato per difetto in
quanto illegale, quindi velato di omertà, ansie, paure.
Interessante è
anche leggere InPut (Indice di permeabilità dell’usura sui territori),
realizzato incrociando 23 variabili socio ecomomiche nelle varie province.
L’indice va da zero a cento dividendo in quattro classi il rischio usura (alto,
medio alto, medio basso, basso), la “classifica” delle 111 località vede in
testa Parma, con rischio usura 100, seguita da Crotone, Siracusa, Foggia,
Trapani e ancora giù fino ad Alessandria che occupa un poco dignitoso 32° posto
con rischio medio alto pari a 36,22.
Il dato delle
famiglie usurate è inquietante in quanto intrecciato direttamente con la
crescente povertà. Le cause di questo impoverimento sono da ricercarsi, secondo
i ricercatori, nella perdita del lavoro (76,7%), seguita a parimerito da:
separazione o divorzio, perdita di un familiare o malattia, dipendenza dal
gioco d’azzardo.
Ed è proprio sul
gioco d’azzardo che i Comuni possono intervenire in modo radicale per colmare
le colpevoli lacune dei governi centrali in materia, molti hanno già agito
(citiamo Torino, Genova, Anacapri solo come esempi virtuosi), i loro
regolamenti potrebbero banalmente essere copiati. Alessandria ha un tristissimo
primato in Piemonte, leggo su quotidiano
piemontese che ogni cittadino della provincia di Alessandria ha speso
l’anno passato 1509,20 euro nel gioco, contro 1306 di Novara.
I regolamenti
normalmente prevedono: distanza minima di apparecchi di gioco da scuole, centri
sociali, luoghi di culto, sportelli bancomat e via dicendo. Però forse i Comuni
posso intervenire anche bloccando ogni forma di pubblicità del gioco in
qualunque forma, quanto meno per le aziende comunali o partecipate, chiedendo,
come già per i sexy shop, l’obbligo di chiusura delle porte su strada anziché consentire
di tenerle spalancate come qualunque negozio di abbigliamento, distaccando
pattuglie di vigili, magari in borghese, per controlli serrati sull’età dei
giocatori. Il resto, purtroppo, deve farlo il governo centrale con i suoi tempi
biblici e le frizioni di lobbies e collusioni.
Se è giusto che
per acquistare un pacchetto di sigarette da un distributore automatico occorre
inserire la tessera del codice fiscale, perché lo stesso non si fa con le slot?
E perché non lo si fa anche per accedere alle sale per il gioco d’azzardo? Chi entra dimostri la propria maggiore età
senza lasciarne l’incombenza al tabaccaio, al barista o al gestore delle sale
di gioc d’azzardo.
Purtroppo
legalizzazione e liberalizzazione sono cose molto diverse, la prima consente di
non riempire le galere e di togliere dalle mani della mafie il malaffare, la
seconda prevede invece la libera vendita ovunque e a qualsiasi titolo. Per fare
un esempio, è giusto legalizzare le droghe leggere, se qualità e vendita sono
controllate da appositi organismi, per il gioco d’azzardo si è invece scelta la
strada più facile, si sono usati gli spacciatori dicendo loro “più vendi più
guadagnamo, come lo fai sono affari che
non ci riguardano”.
Sarà molto interessante
ascoltare le proposte im merito dei candidati alle prossime elezioni.
Meglio i voti
delle lobbies delle slot o quelli delle famiglie colpite da GAP? (Gioco
d’azzardo comulsivo impropriamente detto ludopatia). Meglio la tutela del
cittadino o quella delle sale per il gioco d’azzardo?