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Il futuro del centro-sinistra
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Franco Livorsi

Ho motivato decine di volte, su “Città Futura on-line”, il mio apprezzamento per la leadership e per la linea politica di Matteo Renzi. Ma su queste colonne mi è capitato spesso di esprimere pure la mia motivata contrarietà ad ogni forma di proporzionale pura. Questa proporzionale, durata in Italia dal 1946 al 1993, è stata la precondizione fondamentale per governi brevi e deboli, eterogenei e per ciò trasformistici, in cui forze tra loro opposte sono state indotte a collaborare invece che a controllarsi vicendevolmente, e invece che alternarsi democraticamente al potere. Quella pratica trasformistica, resa obbligata dalla proporzionale pura, faceva coincidere l’ovvia aspirazione di ogni forza ad andare al potere con il farsi risucchiare dal maggior partito. Ciò corrompeva anche l’opposizione, a poco a poco. L’immenso debito pubblico, la vasta corruzione e lo strapotere della criminalità organizzata in grandi regioni meridionali, hanno avuto molto a che fare con la perpetua instabilità e con il connesso trasformismo di governo, molto favoriti dalla proporzionale pura.

  Com’è noto Matteo Renzi è stato il maggior esponente della tendenza a impersonare , contro quel vecchio assetto, il “sindaco d’Italia”, e a tradurre tale istanza in nuova legge elettorale, maggioritaria a doppio turno e con premio di maggioranza, e in riforma costituzionale fautrice di un sistema in cui la fiducia al governo fosse data dalla sola Camera dei deputati, affiancata da un piccolo Senato in grandissima parte visto come centro di coordinamento delle Regioni. E’ vero che tutto questo disegno è stato respinto “60 a 40” dal popolo italiano il 4 dicembre 2016: il che per me è stato una sciagura nazionale e per una politica di rilancio democratico dell’Italia in crisi. Ma non mi sembra una buona ragione per una “fuga nell’opposto”, cioè per regredire addirittura alla proporzionale pura del 1948, sia pure con l’encomiabile novità dello sbarramento “tedesco” del 5% per poter entrare in Parlamento. Oltre a tutto in un contesto che per ora seguita a mantenere i capolista nominati dai partiti e a rendere i collegi, senza germanico voto disgiunto, un mero paravento della proporzionale pura. Con questo nuovo assetto proporzionale puro concorda l’80% della Camera, per svariate ragioni, tutte di ravvicinatissimo interesse elettorale: PD, Forza Italia, M5S, Lega Nord e persino Sinistra Italiana e Movimento Democratico Progressista. Anche se l’MDP potrebbe sfilarsi.

  Renzi e i suoi dicono che non c’era una maggioranza per fare, come nei  mesi scorsi avevano proposto, un maggioritario al 75% (Mattarellum), o almeno al 50% (Rosatellum). Ma senza fretta forzata di votare si potevano fare discussioni accanite nella Commissione parlamentare competente, e dimostrare che non si poteva fare altrimenti. Invece si è arrivati all’assurdo di far decidere la Direzione del PD, com’è giusto, senza aver prima sottoposto il compromesso “obbligato” ai gruppi parlamentari del PD per una discussione di merito. La verità, secondo me, è che è stato scelto - e non a caso da lui stesso genialmente proposto - lo schema voluto da Berlusconi, come sola via atta a favorire, invece che impedire, l’alleanza tra PD e Forza Italia dopo le elezioni: alleanza che pure a mio parere né ci sarà (per via del M5S) né, comunque, basterà (per via della legge delle addizioni).

 Perciò concordo con Romano Prodi e con Graziano Delrio nel vedere questo assetto proporzionale puro, pur con il positivo sbarramento del 5%, come qualcosa di “devastante”, e comunque come un “grave errore”, per “il Paese”. Giustamente Veltroni ha fatto notare che tale scelta ci fa regredire all’Italia degli anni Ottanta del Novecento. L’Italia ha bisogno di tutto fuorché di ingovernabilità. Condivido pure totalmente il grido di dolore di uno dei massimi padri del maggioritario, il politologo Arturo Parisi, che in riferimento al maggioritario “ammazzato” da politicanti che pure sono l’80% del Parlamento, ma che sono accecati da calcoli di bottega elettorali di corta visuale, il 1° giugno ha citato i bei versi di Ungaretti: “Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro. E’ il mio cuore il paese più straziato”.

   Oltre a tutto è ovvio - e lo capirebbe anche un bambino - anche se per ragioni di bottega elettorale gli interessati vogliono negarlo o tacerlo - che la proporzionale pura, in caso di vittoria del PD alle elezioni, implicherà un’alleanza di legislatura tra PD e Forza Italia (e altri), cioè un asse Renzi- Berlusconi, addirittura già in conto come prevedibile governo di lunga durata. Non va.  Ma va pure ricordato che da mesi tutti i sondaggi vedono il M5S “in testa”. La possibilità che il M5S diventi primo partito mi preoccupa perché - per quanto tale raggruppamento sia moralmente motivato, e sostenuto e rappresentato da tanti giovani (il che certo non guasta, anche se non basta a garantire il “buon governo”) - il M5S è il raggruppamento di possibile governo più dilettantesco che sia emerso nella storia d’Italia dal 1861 a oggi. Magari - se durerà - tra cinque o più anni sarà diverso, avrà formato una sua classe politica matura, ma per ora è così. Affidare a questo movimento com’è oggi, come prima forza, un Paese di 61 milioni di abitanti, mi parrebbe pura follia. Ma mi pare ovvio che il M5S si avvantaggerà moltissimo agitando lo spettro, ben visibile e credibile, del governo Renzi-Berlusconi: uno spettro che sarà ben difficile richiudere nel baule ora che ne è uscito.

   In sostanza mi sembra che emerga un Renzi “due” quasi specularmente opposto al Renzi “uno”, anche se spero ardentemente di sbagliarmi. Mi auguro, anzi, che questo “pasticcio” fallisca, per il bene dell’Italia e anche della sinistra, del PD e pure di Renzi (anche se ormai non è tanto probabile). Per ora non capisco e non mi adeguo.

         (franco.livorsi@alice.it)

         

04/06/2017 14:14:58
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