Si è soliti criticare lo Stato ma il “maltempo” con i suoi disastri e le sue vittime ha messo in evidenza l’inefficienza degli Enti Locali
E’
col Bilancio 2013 che lo Stato ha previsto stanziamenti per mettere in
sicurezza il territorio del nostro paese, ma comuni e regioni sono in ritardo
nel presentare i progetti. Poi arrivano i temporali, i torrenti ed i canali di
scolo delle acque sono intasati, le vie cittadine si inondano, le case vengono
invase dall’acqua e dal fango, i mobili e suppellettili resi inservibili.
Qualche volta ci scappano i morti e i dispersi.
I
Sindaci cercano un capro espiatorio che solitamente lo trovano nella Protezione
civile per non aver fatto scattare per tempo l’allarme dall’arancione al rosso.
In
questi ultimi vent’anni, venendo meno il ruolo di selezione e formativo degli
amministratori locali da parte dei partiti tradizionali: Pci, Psi e DC, le
nuove generazioni di sindaci ed assessori sono, in molti casi, totalmente privi
di capacità amministrativa. Chiamati dal voto a dirigere, situazioni complesse
come le medie e grosse città, la loro esperienza, quando va bene, è
paragonabile a quella dei dirigenti di una Pro loco. Se la cavano con qualche
discorsetto generico. Una volta eletti accentrano nelle loro mani tutto il
potere. Il merito della vittoria è solo il loro. Se la volta successiva perdono
la colpa è sempre degli altri. Bravi a scaricare le responsabilità sugli altri per
giustificare i loro limiti gestionali. Aggressivi nel criticare gli
amministratori passati e le istituzioni sovrastanti: Regioni e Governo ma
incapaci di dispiegare strategie d’intervento per modificare l’assetto
organizzativo degli enti soggetti alla loro gestione e per modificare eventuali
storture riscontrabili sul territorio.
A
livello locale, al di là del dissesto finanziario provocato dall’allegra
gestione di centrodestra dell’ex sindaco Fabbio, chi impediva alla Sindaca
Rossa, Presidente nel contempo della stessa Amministrazione provinciale - più
volte sollecitata anche da queste colonne - di predisporre la progettazione per
il secondo ponte sul fiume Bormida in modo da avviare l’iter per il suo
finanziamento e costruzione in tempi non necessariamente biblici? Nessuno lo
impediva! Però non è stato fatto e chissà quanti anni ancora gli alessandrini
dovranno attendere per avere una viabilità più scorrevole in direzione delle
aree industriali e della Fraschetta, oggi strozzata dall’unico ponte esistente?
Alcuni
studi mostrano che negli ultimi vent’anni la stagnazione dell’economia italiana
è stata accompagnata da un progressivo peggioramento nell’allocazione del
capitale e del lavoro. Se tale allocazione ritornasse al livello di vent’anni
fa, la produttività sarebbe del 18% più alta nel settore manifatturiero e
addirittura del 67% maggiore nel settore dei servizi. Un dato sbalorditivo.
Secondo
le ricerche effettuate da Francesco Lippi e Fabiano Schivardi, richiamate dal
Prof. Francesco Giavazzi in un articolo apparso sul Corriere, le imprese a
controllo pubblico (statale o locale) sono a parità di settore di attività,
significativamente meno produttive delle corrispondenti imprese private. Tutto
questo è dovuto al fatto che la proprietà pubblica non seleziona i manager
sulla base della competenza, ma della fedeltà. Di conseguenza registriamo un
ritardo culturale non solo per quanto riguarda la direzione politica–amministrativa
degli Enti, ma anche per ciò che riguarda l’assetto degli apparati burocratici
dirigenziali. La Riforma
dalla Pubblica Amministrazione (Legge Madia), prevede la mobilità del Personale
e la rotazione degli incarichi nei ruoli dirigenziali, ma al di là ancora
dell’atteggiamento frenante ed immobilista dei sindacati, agli amministratori
manca l’autorevolezza per mettere in campo, misure di revisione e
ammodernamento delle Piante organiche per gli Uffici e i diversi comparti di
attività. Un esempio per tutti è dato dalla normativa contenuta nella riforma
richiamata che prevede la riduzione, mediante soppressione o accorpamento, del numero
delle aziende partecipate dalle attuali 10 mila a 1.000.
Purtroppo,
sul punto si incontrano, anche a livello locale, forti resistenze, da parte
degli amministratori. In molti non prevale l’esigenza di razionalizzare i
servizi e contenere i costi, quanto piuttosto quello di utilizzare i posti nelle
Presidenze e nei diversi Consigli d’amministrazione per ingraziarsi coloro che
si sono prodigati durante le elezioni. Così, dopo aver tollerato l’abusivismo
edilizio e le costruzioni fatte in riva a fiumi e torrenti (abusivismo di
necessità come lo chiamano i grillini) manca la manutenzione dei canali e fossi
di scolo e quando si scatena un temporale di forte intensità come a Livorno o a
Roma e ancor prima a Genova, le vie e le case vengono inondate e, oltre agli
ingenti danni materiali, in molti casi si aggiunge il dolore dei morti e
dispersi.
Se
vogliamo uscire da questa spirale negativa, dobbiamo passare da una cultura
clientelare ad un più rigoroso senso dello Stato, sapendo che lo Stato non è
un’entità astratta ma siamo noi. Ognuno di noi. E dobbiamo manifestarlo in ogni
occasione ed in ogni ambito: da quello familiare alla scuola, dal sociale a
quello professionale e politico. I partiti da parte loro debbono scegliere i
candidati sulla base dei meriti e delle competenze professionali e non sulla
simpatia o la fedeltà a questo o quel capo corrente.
Alfio Brina