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Il futuro del centro-sinistra
Al tempo della politica dei” fan club.”
Michele Filippo Fontefrancesco

In questi giorni ci stiamo stupendo a leggere il progressivo e marcato calo di preferenze del PD. Ci meravigliamo a vedere anno dopo anno il numero degli iscritti calare in percentuali che non si possono ammantare come semplici aggiustamenti di carattere demografico. Perché questo stupore che nasce dall'interno, dentro la tribù di appassionati di politica, giù della cerchia dei supporter del mondo progressista, là chiusi tra le pareti delle sezioni PD, per lo più già DS, PdS, PCI?

Il senso di meraviglia che si vive è la prima spia di una situazione in essere, di una chiusura del piccolo mondo e di una deriva percettiva autoreferenziale che fa del mondo un paesaggio di buoni e cattivi, di amici e nemici. Il marcato rotolamento, iniziato ormai da anni, del mondo politico verso forme di partiti carismatici in cui il vertice nazionale irradia fiducia e comando ha ancora più accelerato il fenomeno, definendo un'identità partitica ancora più vincolante, intransigente nel suo paradigma di adesione al gruppo. Laddove la presenza di un capo riconosciuto complessivamente corrisponde ad un bisogno identitario che si sviluppa nell'immediato, nel medio periodo essa non lega in maniera forte se non con il vincolo della fidelizzazione affettiva, ovvero quello del calcolo individuale.

Il PD, più in generale il panorama politico italiano, oggi vive gli effetti della trasformazione leaderistica che ha trasformato delle comunità di pratiche, in cui l'identità di gruppo era costruita nell'interazione intersoggettiva quotidiana, in gruppi di fan, di ammiratori di stelle lontane, semidei mediatici, con rapporti intersoggettivi limitati e sporadici all’interno dei gruppi locali. Le sezioni quindi diventano di fatto fan clubs, e all’interno di queste i gruppi si segmentano ulteriormente, frazionandosi ed identificandosi a loro volta sulla base di assunti valori e concreti personalismi. In tutto ciò, la pratica quotidiana si traduce in senso virtuale esprimendosi chat WhatsApp o Messanger. L'interazione virtuale compensa un po' il vuoto, ma non risponde pienamente al bisogno molto antropologico di interazione faccia a faccia, di condivisione, di mutua sincronizzazione di lessico e gestualità. Paradossalmente, al contempo, la virtualizzazione dell'interazione ha fatto della presenza del gruppo un fattore ancora più permeante il quotidiano: un assillo che rende l'idea stessa di fuoriuscire dal gruppo un orizzonte sempre più difficile; ancor più difficile quando all'appartenenza al gruppo si riconosce la possibilità di accedere a gloriosi ed auspicati futuri personali.

Non che il passato, il mondo dei partiti di massa dalle mille sezioni di mille iscritti, fosse l'Eldorado: era un altro modello di socialità che rispondeva ad una società in cui le biografie personali e di gruppo non vivevano e non interpretavano la liquidità che caratterizza il nuovo Millennio. Pensare al ritorno al passato è, per tanto, cosa utopistica e disfunzionale. Quello che possiamo fare è prendere atto delle forme del presente e del passato per cercare di creare qualcosa che meglio soddisfi i bisogni di umanità che percepiamo come società.

In quest'ottica, come uno dei primi passi, è utile comprendere che questa disaffezione, nel mondo della politica da fan club, ha molto a che vedere con l'evoluzione del gusto e del sentimento, sempre meno mediato dalla consuetudine delle pratiche e della ragione. In altre parole, mai come oggi è vero che anche in politica ad un certo punto ci si stufa e si preferisce lasciare il gruppo cercando le proprie ragioni affettive, etiche, morali fuori, nel vasto mondo fatto di meno catechistiche certezze.

Da qui deriva lo sguardo e l'impegno per il futuro: da una parte la comprensione della necessità della revisione del ruolo del leader verso un paradigma nuovo, diverso da quello attuale, dall'altra l'autocritica di un mondo che, questo trasversalmente, dovrebbe smettere di ribadire la necessità di esserci nelle istituzioni, ma ribadire la necessità di fare e fare con le istituzioni al fine di trasformare, far progredire la nostra società.

23/12/2017 23:26:46
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