Dietro la notizia
Economia, medicina e il “mestiere dell’economista”
Bruno Soro
«L’economia deve
rimanere una materia per specialisti – come l’odontoiatria. Sarebbe davvero
magnifico se gli economisti riuscissero a pensarsi come una categoria di
persone utili e competenti: come i dentisti, appunto.»
John Maynard Keynes,
Possibilità economiche per i nostri nipoti, Adelphi, Milano 2009
Prendendo lo spunto da un servizio
pubblicato su The Guardian il 29 gennaio scorso - servizio nel
quale è stato chiesto a nove “economisti”, scelti tra quelli che
fanno tendenza[1], di
pronunciarsi sulla possibilità che l’economia globale possa ripiombare in una
crisi -, lo storico, saggista e giornalista britannico, Timothy
Garton Ash, professore di Studi Europei presso l’Università di
Oxford, ha dedicato al “mestiere dell’economista” un curioso
articolo.[2] In esso l’autore dà prova innanzitutto di
essere un bravo editorialista. Egli, infatti, mette giustamente in risalto che
“gli interpellati hanno dato nove risposte diverse”, lamentando nel contempo
che, ciononostante, noi “continuiamo a rivolgerci agli economisti quasi fossero
medici, capaci di prognosi scientifiche sul comportamento del corpo economico”.
Prescindiamo pure dal fatto che se si chiede ad un medico «vegano» se “mangiar
carne fa male” egli sicuramente vi risponderà di sì; se lo chiedete ad un medico
«nutrizionista» vi dirà che potete mangiarne, purché in modica quantità, ma
rivolgendo la stessa domanda a nove medici - specie se di diversa
specializzazione e diverso orientamento culturale - otterrete più o meno lo
stesso risultato: ognuno degli interpellati vi risponderà in base alle proprie
convinzioni. Potreste pertanto concludere che non è affatto detto che la
medicina sia una scienza più esatta di quanto non lo sia l’economia. Tutto
dipende dal tipo di domanda, dal fatto che colui al quale vi rivolgete sia uno
specialista di quella particolare branca del sapere che vi interessa, nonché
dal suo orientamento culturale. Sia ben chiaro (come risulterà peraltro
evidente dalle considerazioni che seguiranno): non intendo minimamente ergermi
a difensore della categoria degli “economisti”, anzi mi sforzerò di argomentare
esattamente il contrario. Innanzitutto, in seguito all’ampliamento delle
conoscenze tecnologiche e all’attività di ricerca, in economia, così come in
medicina, nei tempi più recenti sono venute a formarsi numerose
specializzazioni. Tra coloro che sono accreditati dai mezzi di comunicazione di
massa di esercitare il “mestiere dell’economista”[3] figurano,
in primo luogo, politici e giornalisti. Questa categoria di «esperti», che
spesso confonde il flusso della produzione annua (il PIL, equivalente, per
analogia, al reddito annuo di una famiglia) con lo stock della ricchezza
(l’accumulo del risparmio), vanta una laurea in Economia. Taluni solo perché
hanno sostenuto qualche esame di Economia nel loro percorso formativo, oppure
frequentato (in Italia o all’estero) un Master di primo livello – quello
rivolto all’ampiamento delle conoscenze di chi ha conseguito una laurea
triennale -, avente per oggetto un qualche riferimento alla sfera
economico-produttiva. In realtà, esiste una Società Italiana
degli Economisti, fondata nel 1951 - alla quale mi onoro di appartenere -,
sulla cui testata del sito internet (http://www.siecon.org) figurano illustri
economisti come Luigi Einaudi (1874-1961), Piero Sraffa (1898-1983), il Premio
Nobel Franco Modigliani (1918-2003), Giorgio Fuà (1919-2000), Paolo Sylos Labini
(1920-2005) ed Ezio Tarantelli (1941-1985), allievo di Franco Modigliani,
assassinato dalle Brigate Rosse. Per entrare a far parte di questa Società, che
annovera oltre 800 soci tra docenti e ricercatori delle Università italiane nei
diversi campi dell’economia, occorre essere degli “economisti accademici”. Vale
a dire che dopo avere ottenuto, ai sensi delle più recenti riforme
universitarie, il titolo di “Dottore di ricerca” (o l’equivalente titolo di Philosophy
Doctor (PhD) conseguito in una Università anglofona), occorre aver
superato un concorso da Ricercatore universitario (il primo gradino di accesso
alla carriera universitaria). Dopo di che occorre avere ottenuto una
abilitazione nazionale in uno dei settori disciplinari in cui sono raggruppate
le discipline economiche e statistiche[4],
condizione necessaria, ma non sufficiente, per concorrere ad un posto da
professore Associato (la seconda fascia della docenza universitaria), e
successivamente (o anche contestualmente se si è ottenuta l’abilitazione alla
prima fascia della docenza universitaria) a quello da professore Ordinario. Il «mestiere dell’economista» presenta poi
non poche «trappole ideologiche», dal momento che in Economia, al pari delle
altre «scienze sociali», gli «esperimenti» sono praticamente impossibili,
poiché non vi è modo di rifare uno stesso esperimento nelle medesime
condizioni. Il già citato professor Paolo Sylos Labini, uno dei più prestigiosi
economisti italiani del secolo scorso, nelle sue Lezioni di Economia (edizioni
dell’Ateneo, Roma 1979), avvertiva infatti che “Il microbiologo studia i
microbi, ma egli non è un microbo, l’economista studia la vita economica delle
società, ed egli stesso è un membro di una di queste società. Egli è quindi
influenzato dalle proprie valutazioni personali, che entrano, se non altro,
nella scelta stessa dei problemi studiati e che possono influire,
distorcendoli, sui risultati dell’analisi”. In aggiunta, lo stesso Sylos
Labini, in un saggio dedicato all’evoluzione delle «scienze sociali»,
sottolineava come «tutte le società si muovono nella storia, che consiste di
processi irreversibili, cosicché tutti gli schemi interpretativi delle discipline
sociali sono storicamente condizionati. Ciò, naturalmente, vale anche per i
modelli teorici dell’economia».[5] Dunque le crisi economiche, che hanno origine
da fenomeni assai diversi tra di loro[6],
non si ripetono mai nelle medesime condizioni, anche se poi tutte hanno in
comune la trasmissione degli effetti della crisi all’economia reale, crisi che
si manifesta inizialmente con un eccesso di capacità produttiva, ma
che innesca una spirale del tipo: aumento della disoccupazione → riduzione
dei salari e della capacità d’acquisto → diminuzione dei
consumi → diminuzione degli investimenti → riduzione
della capacità produttiva → ulteriore aumento della
disoccupazione. Pertanto, anche a prescindere dalla specializzazione di
ciascuno di loro, il quesito posto ai nove “economisti” non ha più senso
di quanto ne abbia domandare ad un geologo quando ci sarà la prossima scossa di
terremoto. Tutt’al più, basandosi sull’esperienza storica, egli vi potrà dire
se una certa area è tra quelle considerate “a rischio”, nel qual caso, vi consiglierà
di prendere le opportune precauzioni (come accertarsi che la propria casa sia
stata costruita con criteri antisismici, farsi un’assicurazione contro le
calamità naturali e se proprio non si resiste allo stress, di trasferirsi in
un’area a minore rischio, posto che ve ne siano).
Per concludere, Timothy Garton Ash non ha
tutti i torti nel far notare che “Gran parte dell’economia accademica è in
passato caduta preda della cosiddetta «invidia della fisica», per analogia con
il concetto freudiano di invidia del pene”. Resta il fatto che, se avesse letto
l’intervista sulla formazione delle nuove generazioni di economisti in base
alla valutazione dell’importanza delle riviste sulle quali pubblicano le loro
ricerche rilasciata dal professor Guglielmo Forges Davanzati - docente di
Storia dell’analisi economica nella Facoltà di Scienze della Formazione,
Scienze Politiche e Sociali nell’Università del Salento -, egli non si sarebbe
scandalizzato nell’apprendere di un studio “che ha fatto molto discutere nella
comunità scientifica internazionale (per aver affrontato) il fondamentale
problema «se la lunghezza del pene influenzi la crescita economica».[7] Mi
ritengo fortunato, anche se oggi, con le mode attuali, avrei forse difficoltà a
vincere un concorso da professore universitario, ad essermi formato sugli
scritti, e quindi sul pensiero economico, dei grandi economisti italiani del
secolo scorso che ho avuto l’avventura di conoscere e frequentare nei primi
anni ’70 durante i corsi estivi organizzati dal grande matematico professor
Bruno De Finetti nell’allora neonata Università di Urbino: segnatamente i già
citati professori Giorgio Fuà e Paolo Sylos Labini, ma anche Federico Caffè
(1914-1987), Siro Lombardini (1924-2013), Luigi Pasinetti (1930), Augusto
Graziani (1933-2014), e Luigi Spaventa (1934-2013). Il tutto, grazie al mio mai
dimenticato Maestro professor Vittorio Sirotti (1922-2015). Economisti
prestigiosi i quali, per formazione, non avrebbero avuto difficoltà ad
ammettere che “Quando gli economisti ignorano il fattore umano il prezzo
lo paghiamo tutti noi”.
Tra i nove “economisti” intervistati
figurano due giornalisti e commentatori economici, un esperto nel ramo delle
assicurazioni, due esperti di finanza e quattro economisti accademici, scelti,
questi ultimi, più per avere pubblicato libri di successo, come Dambisa Moyo e Mariana
Mazzucato,
o perché hanno ricoperto importanti cariche istituzionali, come Yanis Varoufakis, che per la loro
specializzazione in materia di economia finanziaria, vale a dire l’ambiente in
cui si registrano più facilmente eventi di crisi.
“Se l’economia assomiglia
alla medicina”, La Repubblica, venerdì 5 febbraio 2016. Nella versione
originale del 29 gennaio su The Guardian
l’articolo di Timothy Garton Ash portava molto più opportunamente il titolo “Quando gli
economisti ignorano il fattore umano il prezzo lo paghiamo tutti noi”.
05/03/2016 10:35:12
09.03.2018
Bruno Soro
(…) «Le cose che a noi parvero tanto splendide
e giuste
sapranno
dimostrarcele, loro, insensate e fruste,
variando cose
identiche senza troppe fatiche,
come dicemmo in
altra guisa noi parole antiche».
Dalla poesia I nemici, di Costantino Kavafis
Poesie nascoste,
Mondadori Editore, Milano 1974
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08.02.2018
Bruno Soro
“Alcuni
hanno un grande sogno nella vita e mancano a quel sogno. Altri non hanno nella
vita nessun sogno, e mancano anche a quel sogno”
Fernando Pessoa, Il
poeta è un fingitore, Feltrinelli, Milano 1988
In un articolo pubblicato sulle pagine locali di La Stampa di
venerdì 2 febbraio
2018[1],
la giornalista...
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16.12.2017
Bruno Soro
“La
paura o la stupidità sono sempre state alla base della maggior parte delle
azioni umane.”
Albert Einstein, dalla lettera a E.
Mulder, aprile 1954, Archivio Einstein 60-609, p. 140
Mentre stavo riflettendo sul giudizio espresso
da Umberto Eco sulla rete nella sua Lectio Magistralis, in occasione...
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09.12.2017
Bruno Soro
La guerra di
Trump1
“Detto
tra noisono solo un brigantenon un resono uno chevende
sogni alla gentefa promesseche mai potràmantenere”
E. Bennato,
Detto tra noi, Dall’Album
- Non farti cadere le braccia, 1973
Con
cinquantuno contro quarantanove voti il Senato degli Stati Uniti ha
fatto vincere al Presidente...
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26.11.2017
Bruno Soro
“Il segreto dell’agitatore è di rendersi stupido quanto i suoi ascoltatori, in modo che questi credano di essere intelligenti come lui”.K. Kraus, Detti e contraddetti, Adelphi, Milano 1972Il signor Giuseppe Monticone, Presidente del comitato “Oltre il fango”, mi ha onorato della sua attenzione commentando...
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12.11.2017
Bruno Soro
“…l’umanità tende a essere un po’ credulona, e a bersi tutto quello che le
viene propinato. Un buon atteggiamento sarebbe invece chiedersi sempre se
l’informazione che stiamo ricevendo è vera o falsa, e in caso di dubbio andare
a verificare.
I primi a dover fare
questa informazione dovrebbero essere...
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08.10.2017
Bruno Soro
“Il tempo è ciò di cui parliamo chiedendo «quando?».
Lo spazio è ciò di cui parliamo chiedendo «dove?».
Carlo Rovelli, L’ordine del tempo, Adelphi Edizioni, Milano 2017
Mi ero già appuntato il titolo di questo
scritto, ispiratomi dalla lettura del bestseller
del fisico Carlo Rovelli, quando...
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21.09.2017
Bruno Soro
“Nella prefazione alla sua grande
opera, (…) Moore – Keynes si riferisce qui al trattato del grande filosofo britannico
George Edward Moore Principia ethica –
esordisce dicendo che l’errore principale è «cercare di rispondere alle domande
senza prima capire qual è, di
preciso, la domanda cui si desidera...
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31.08.2017
Bruno Soro
Non
mi serve una lapide, mase a
voi ne serve una per me
vorrei
che sopra stesse scritto:
Ha
fatto delle proposte. Noi
le
abbiamo accolte.
Una
simile scritta farebbe
onore a noi tutti.
Bertolt Brecth, Poesie. Einaudi, Torino
1992
È da stupidi dare
dello “stupido” ad uno stupido, così come è...
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21.08.2017
Bruno Soro
«Chi attribuisce alla crisi i suoi
fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai
problemi che alle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza.
L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare
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