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Un film pluripremiato lancia un messaggio filodemocratico
Maria Luisa Jori


   Moonlight , film di  Barry Jenkins ( Stati Uniti d'America , 2016 )ha ricevuto in tutto sedici premi:  quelli per gli attori, quelli per la regia, per la qualità artistica dell’opera, per la sceneggiatura, la fotografia, la colonna sonora, il montaggio. I più importanti  tra questi sono il premio Oscar come miglior film e il Golden globe. Ma verrà ricordato anche per il  singolare  incidente di cui è stato il protagonista fortunato  al momento della premiazione nella notte degli Oscar. Com’è noto  in un primo tempo fu consegnata la dorata statuetta al regista dell’applauditissimo  film musicale La la Land ,  che subito dopo, corretto l’errore di lettura dell’annunciatrice, fuorviata da  una busta sbagliata   passatale  da warren Beatty   (fratello minore di   Shirley MacLaine), dovette pubblicamente passarla nelle mani del vero vincitore, cioè proprio all’autore  di  Moonlight .  La generosa dichiarazione dello  stesso produttore di La la Land  (“sono contento che abbia vinto Moonlight”)   non può non essere letta come  la volontà di schierarsi pubblicamente  in senso   democratico, se teniamo conto delle dimostrazioni di un folto gruppo di attori, attrici e registi contro la politica  antidemocratica minacciata da Trump, che hanno preceduto, con tanta  eco nel mondo intero,  la notte degli Oscar.  Infatti  in questo film,  così premiato,  Barry Jenkins racconta  la  storia vera di   Tarrell Alvin McCraney, un uomo  nato e cresciuto nei bassifondi di Miami,  che ha dovuto  far fronte  a  tre emarginazioni sociali  da lui subite negli Usa  contemporanei: la povertà,  il  colore nero della pelle, l’omosessualità. Chiaramente una denuncia delle ingiustizie sociali.

La  storia 

  Moonlight   è dunque un racconto di formazione,  suddiviso in tre parti : l’infanzia(i. piccolo), l’adolescenza(ii.  Chiron), l’età adulta(iii. Black). Il titolo  riprende una definizione del colore  che assumono i neri    sotto la  luce lunare (blu). L’infanzia da Chiron,  che  tutti chiamano “Piccolo”, è sofferta  tanto  da chiudersi  in se stesso,  rifiutando di  comunicare. Privo del padre,  la madre Paola, che pur gli vuole bene,   non riesce a proteggerlo, essendo povera, drogata e tendente alla prostituzione per sopravvivere. Piccolo inoltre, a causa dei primi segni della sua tendenza omosessuale, a scuola è vittima di bullismo da parte della maggioranza dei compagni. Soltanto il coetaneo Kevin   lo comprende e diventa suo  amico. Per sua fortuna poi incontra un adulto del suo quartiere, un nero spacciatore come molti altri  del luogo, Juan , che,   intenerito, lo   protegge e incomincia ad educarlo insieme alla sua compagna Teresa,  mossa da un incrollabile istinto materno. Molto bella la scena in cui Juan insegna a Piccolo a nuotare nel mare.

    Il film, dopo   la cesura  rappresentata  dallo   schermo buio per qualche secondo, passa quindi alla seconda parte, cioè il racconto dell’adolescenza del protagonista.  Chiron continua  ad essere vittima del bullismo da parte dei suoi più prepotenti compagni, ma è ormai rimasto privo  della protezione di   Juan, che è morto(un dato di fatto, in quanto l’evento relativo   non viene raccontato). La madre, tossica, è peggiorata fino ad essere aggressiva con lui.  Insieme a Teresa può contare soltanto  sull’amico d’infanzia, Kevin, dal quale, seppur diverso(non è   nero e  gay come lui   ed è molto più integrato), si sente compreso  e accolto, stimolato  anche  a confidarsi :  da lui  può quindi accettare di essere chiamato scherzosamente  “Black”. Ma un giorno il più aggressivo dei bulli sadicamente ingiunge  proprio a Kevin, con un ricatto, di picchiare a sangue quel suo amico. Chiron ne esce tutto rotto, ma si rifiuta di denunciare  chi l’ha picchiato.  Invece, appena guarito dalle ferite,   a scuola   si vendica del pestaggio subito  riempendo di botte  il bullo responsabile della vigliacca  e perfida operazione contro di lui e il suo amico stesso. Così Chiron finisce in riformatorio . 

  Ancora una volta  una schermata nera  chiude una fase della vita del protagonista per far svoltare il percorso narrativo in quella successiva. Ormai adulto, Black   ostenta perfino con una dentatura d’oro la ricchezza  ottenuta come capo degli spacciatori. La madre , ristabilitasi vivendo e lavorando  in un centro di disintossicazioni , mantiene i contatti con Chiron, che un giorno la va a trovare e la trova pentita e ravveduta.  Dopo questa visita che risuscita in lui i sentimenti( in una scena strappalacrime), Black decide di  accettare l’invito del suo antico amico Kevin, che lavora come cuoco a Miami ed è  padre di un figlio piccolo,  dalla cui madre è separato, ma in accordo per svolgere i doveri genitoriali . I due amici d’infanzia e adolescenza non si erano più rivisti da trent’anni, dal tempo del riformatorio,  proprio dove  Chiron dice di  essere stato avviato da un delinquente allo spaccio della droga. Il film si conclude con  l’immagine di un  loro abbraccio forse a indicare l’inizio di una nuova vita  nell’aiuto reciproco e con  possibilità di integrazione sociale per Black.

Commento

  Moonlight nasce in una scuola di recitazione come progetto di classe del drammaturgo Tarell Alvin McCraney, già autore di una trilogia di rappresentazioni teatrali  sul tema  delle esperienze degli afroamericani in Louisiana.  Nel 2013 il progetto attira l'attenzione della produttrice Adele Romanski e del regista Barry Jenkins, entrambi alla ricerca di un soggetto su  temi come il senso di identità e la mascolinità, dal secondo già trattati   in un’opera precedente di successo. I  due, seppur cresciuti nella stessa città frequentando  le stesse scuole elementari e medie, non si erano mai conosciuti prima. Ma hanno subito   scoperto di aver condiviso esperienze di vita molto simili: in particolare hanno dovuto tutti e due  fare i conti con la dipendenza dalle droghe delle loro rispettive madri, entrambe affette dall’Aids.  Ecco perché hanno saputo rappresentare tanto bene il personaggio materno.

   Il film, dal punto di vista formale  non riesce sempre a tradurre in racconto cinematografico la teatralità del testo progettato  dal drammaturgo  che ne ha fornito l’idea del soggetto. Tuttavia, anche se in modo non uniforme, alcune scene  riescono  a comunicare efficacemente i  sentimenti proprio attraverso  il linguaggio del cinema, per il tipico uso della  fotografia e i movimenti di macchina, oltre alla buona recitazione egli attori . Ciò si verifica per esempio nelle sequenze in cui   Juan insegna a Piccolo a nuotare. Qui sono focalizzati,   in un’ incalzante alternanza, le onde del mare  e  Chiron   che riesce via via sempre meglio  a superarle: una  visiva metafora   dello sforzo formativo del ragazzo, per lui particolarmente difficile e  faticoso, ma reso positivo da chi ha la volontà di aiutarlo a crescere.

      La narrazione di  Moonlight ha una struttura semplice, che appare come  un montaggio cronologico delle scene  più significative della biografia, piuttosto di  essere una complessa, articolata  rappresentazione dello svolgimento di una vita. Se artisticamente questa modalità può apparire un difetto, essa d’altra parte è funzionale ad una fruizione del film a scopo didattico, per la  facilità della relativa comprensione. Tuttavia va segnalata criticamente   la presenza di alcuni stereotipi, il non infrequente indulgere al sentimentalismo, e  il tono didascalico  che il film non riesce  a nascondere,  schematizzando  nelle   scene più drammatiche  l’espressione e l’azione  dei  buoni e dei cattivi sentimenti. Per esempio il protagonista è rappresentato  assolutamente   nei suoi aspetti positivi e il suo comportamento viene sempre giustificato, mentre i  compagni  che  lo deridono fin da piccoli sono mostrati come cattivi e, da grandi, addirittura come campioni di crudeltà.

   Non è invece schematica   la figura piuttosto realistica della madre  di Chiron.  Paola , nonostante la sua disordinata e asociale condizione di drogata che la rende irresponsabile, continua a  dimostrare amore e attaccamento al figlio( non solo glielo dichiara, ma si preoccupa se non torna a casa). Il regista e l’attrice che la interpreta magistralmente   rappresentano bene una madre “sufficientemente buona”,  secondo la nota definizione dello psicologo Winnicott(una madre sufficientemente buona è quella che possiede,   in maniera istintiva,  le capacità di accudire il bambino e pertanto è, comunque, la persona più a lui più necessaria). Equilibrato è anche il ritratto dell’unico amico  di Chiron  Kevin, un personaggio  intenso,  che comunica efficacemente agli spettatori la qualità e l’importanza  formativa dell’amicizia, in quanto  singolare  sentimento  caratterizzato dalla sua  gratuità e  reciprocità   in legami di sintonia fra diversi, indelebili nella memoria, sebbene non sempre assoluti. Certamente , pur   trattandosi  di una storia  che segnala una   emarginazione  sociale dei minori,  ne  indica più che altro  un  superamento prettamente a livello individuale, psicologico, personale.  Ma anche se la  denuncia  dell’ingiustizia sociale  in questo film  non ha  dunque  la forza di quella   che si evidenzia  in tutta la produzione cinematografica  di un Ken Loach, lo sguardo etico-politico degli spettatori  contemporanei non può non far loro   impugnare   questa opera di Barry Jenkins  contro ogni  indifferenza, progetto,  o tentativo  di intervento antidemocratici.        

10/03/2017 21:39:02
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