La Resistenza dei militari Salentini all’estero: la Divisione Italiana Partigiana “Garibaldi”
Rosso di Cuore*
Nel Montenegro, regione annessa al sabaudo Regno d’Italia, l’8 settembre 1943 era dislocato il XIV corpo d’armata, al quale rispondevano quattro divisioni: Emilia, Taurinense, Venezia e Ferrara. La mancanza di ordini chiari provocò nei comandi italiani incertezze e ritardi che misero in pericolo la vita di migliaia di soldati, mentre i tedeschi, certi del disimpegno italiano dalla guerra, già nella notte tra l’8 e il 9 settembre, mettevano in atto le contromisure predisposte da tempo (operazione Achse).
“Nel primo rapporto, tenuto dal comandante del corpo d’armata, generale Ercole Roncaglia, i quattro comandanti di divisione precisarono la loro volontà di non arrendersi, tranne che da parte della Ferrara, per l’opposizione di un buon numero di ufficiali”(I. Muraca, I partigiani all’estero: la Resistenza fuori d’Italia, Dizionario della Resistenza I, Torino 2000, pag. 156).
Il generale Dalmazzo, comandante del Gruppo armate est, intanto, firmava la resa del XIV corpo d’armata, ma le divisioni Taurinense, Venezia ed Emilia rifiutano l’ordine di arrendersi e si preparano a fronteggiare i tedeschi.
I primi scontri con i tedeschi
La Divisione “Emilia”, dislocata a Cattaro, fu la prima a sostenere un duro scontro con i tedeschi e a subire pesanti perdite: 597 caduti e 963 feriti. Poi toccò alla Taurinense subire l’assalto dei tedeschi, che causò forti perdite alla divisione.
Nel pomeriggio del 23 settembre,“ la divisione ‘Venezia’ ebbe il primo scontro, questa volta con i partigiani di Tito, che tentavano di scacciare i cetnici di Draža Mihailović dal Montenegro. Ma il capitano Mario Riva, comandante di un caposaldo, resisté a lungo, suscitando l’ammirazione dei partigiani attaccanti. Da questo eroico episodio nacquero quella stima e quell’intesa fra la Venezia e il II Korpus dell’Eplj iugoslavo che dovevano portare all’alleanza, conclusa il 10 ottobre, fra il generale Oxilia e il generale Peko Dapčević. Per cui a un mese dall’armistizio la Taurinense e la Venezia facevano già formalmente parte dell’Eplj, pur conservando i caratteri di unità dell’esercito italiano” (I. Muraca, op.cit. pag.157) .
Il 4 novembre 1943, con l’ordine 1/125, Tito, rispondendo a un dispaccio del comando del II Corpus, scrive:
“Disarmate tutti i fascisti della divisione ‘Venezia’. Se ci saranno resistenze, sciogliete la divisione e create una brigata Garibaldi. A comandanti mettete onesti antifascisti italiani ed a commissari nominate nostri uomini”.
Il 27 novembre, con l’ordine operativo n. 231, inviato ai comandi delle divisioni “Venezia” e “Taurinense”, il generale Peko Dapčević, comandante del II Corpus, ordinò lo scioglimento delle due unità e la costituzione di una nuova divisione partigiana italiana con nome di “Divisione Partigiana Italiana Garibaldi”.
Nasce la Divisione Italiana Partigiana “Garibaldi”
La Divisione nacque ufficialmente il 2 dicembre 1943 a Pljevlja (zona operativa del Montenegro), e venne inserita organicamente nel II Corpus dell’Eplj. Il comando fu affidato al generale Giovan Battista Oxilia, della divisione “Venezia”, mentre il generale Lorenzo Vivalda della “Taurinense” svolse le funzioni di vice comandante. La nuova Divisione è composta da tre brigate (comandate dal maggiore Carlo Ravnich, dal capitamo degli alpini Pietro Marchisio e dal maggiore degli alpini Cesare Piva), che accolsero appena 5.000 dei 10.000 uomini a disposizione. Successivamente si costituì una quarta brigata, non autorizzata dal comando del II Corpus, mentre tutti i soldati italiani non combattenti furono inquadrati in 11 battaglioni lavoratori, distribuiti nelle località del territorio libero del Sangiaccato e del Montenegro a disposizione dei comandi territoriali e dei comandi piazza.
Gli specialisti (artiglieri e genieri) passano alle dirette dipendenze del II Corpus, come la 19^ compagnia teleradio, per impedire agli italiani di comunicare autonomamente con l’Italia. Rimase attivo un collegamento telegrafico diretto tra la Divisione e il Comando Supremo dell’Esercito Italiano, allora a Lecce, come si legge in una lettera del Quartier Generale Alleato al reparto operativo inglese in Jugoslavia, datata 30 marzo 1944 (L. Viazzi-L Taddia, La Resistenza dei militari italiani all’estero, Roma 1994, pag. 386).
L’eroismo della “Garibaldi”
In quei primi giorni di dicembre 1943 prese avvio la Kugelblitz, “una delle più tremende offensive tedesche”, condotta dalla 2^ armata corazzata, che si sviluppò in una vasta area comprendente il Montenegro-Sangiaccato e la Bosnia orientale. Furono mesi terribili per i soldati della “Garibaldi”: braccati dalle soverchianti forze tedesche, sono costretti a spostarsi continuamente, fiaccati dal freddo e da un’epidemia di tifo petecchiale, che farà moltissime vittime fra i combattenti e fra gli stessi medici del servizio sanitario divisionale.
La situazione non mutò nei mesi successivi. Dall’ultima settimana di luglio fino a tutto il mese di settembre si combatte in maniera rabbiosa. La Wehracht lancia prima l’operazione Draufgaener , poi l`operazione Rubezahl (12-30 agosto 1944), per consentire il ritiro delle truppe tedesche nella Serbia occidentale.
“Dal 13 al 17 agosto le brigate italiane e partigiane scrivono una delle pagine più impressionanti della loro guerra. I tedeschi intraprendono una caccia rabbiosa, senza conceder tregua nel tentativo di distruggere le forze dell’EPLJ. Queste ultime cercano la salvezza sulle montagne, ovunque inseguite, spostandosi incessantemente giorno e notte, per centoventi ore di seguito, da una cima a un altipiano, da una vale all’altra attraverso i massicci della Bjelašica, della Snjavina e della Sinjajevina” (G. Scotti, op. cit. pag. 459).
Si combatterà ancora fino al 6 gennaio, quando tutto il Montenegro sarà finalmente libero.
In quei mesi di durissimi scontri con i tedeschi, tanti soldati salentini sono stati protagonisti di atti di eroismo, sacrificando la loro vita per la libertà del popolo jugoslavo e per quella della patria lontana. Tra gli altri ricordiamo: Francesco Galiotta, ventitré anni, di Martano, sottotenente di Complemento dell’83° Reggimento Fanteria, Medaglia d’Argento alla memoria, che, nel gennaio 1944, a Kakmuzi, nel Montenegro, “con pochi uomini e un solo fucile mitragliatore, conquista una munitissima posizione dominante avversaria. Nella stessa azione si distingue per coraggio un altro leccese, il soldato Francesco Francioso (G. Scotti, op.cit. pag. 402). Il sottotenente Galiotta, gravemente ferito nel corso della controffensiva tedesca dell’agosto 1944 (operazione Rubezahl), sarà rimpatriato e si spegnerà a Lecce negli ultimi giorni del mese;
Giuseppe Paglialonga, di Collepasso, carabiniere in forza alla 3^ brigata della “Garibaldi”, Medaglia d’Argento alla memoria, anche lui di ventitré anni, caduto ad Hocevina il 3 gennaio 1944.
Vincenzo Isceri, di Squinzano, Medaglia d’Argento;
Andrea Sozzo, di Lecce, di anni 28, capitano del 114° Reggimento Fanteria, caduto il 14 settembre 1943 alle Bocche di Cattaro, per consentire ad alcuni reparti di imbarcarsi per l’Italia;
Oronzo Raffaele Sciolti, di Strudà, di anni 20, Medaglia di Bronzo alla memoria.
Otello Saverio Frisulli, contadino analfabeta (Palmariggi), caduto in combattimento il 26/1/1944 a Ljekovina(Montenegro).
Il ritorno in Italia
Nei primi giorni di marzo 1945, la Divisione, radunatasi a Dubrovnik, si imbarca per Brindisi. La storia della Divisione Partigiana “Garibaldi” finisce qui. Essa diventerà “182° Reggimento Garibaldi, la cui bandiera sarà insignita della Medaglia d’Oro per i diciassette mesi di guerriglia combattuta in Jugoslavia, pagata con la vita da 6.472 militari, fra caduti in combattimento e dispersi, 249 dei quali erano ufficiali.
Gli altri militari salentini della Divisione Partigiana “Garibaldi”
(Classi di leva dal 1919 al 1923)
Cosimo Greco, minatore (Alessano); Cosimo Manco, contadino (Alezio); Cosimo Mastai, contadino; Giovanni Arnò, ebanista (Casarano); Edoardo Prontera, meccanico (Castrignano del Capo); Salvatore DeMatteis, contadino (Galatina); Pompeo Luigi Chetta, operaio (Gallipoli); Italo Macchioro, studente (Lecce); Giuseppe Centonze, muratore (Lizzanello); Luigi Salvatore De Pascalis, carrettiere (Maglie); Vincenzo Conte, carrettiere (Melpignano); Giuseppe Lecci, carrettiere –Medaglia di Bronzo al V.M. (Miggiano); Antonio Paladini, contadino analfabeta; Carmelo Mello, carrettiere (Monteroni); Lorenzo Cosi, contadino – Disperso in Montenegro dall’1/11/1943, mentre apparteneva all’83° Regg. Fanteria (Morciano di Leuca); GiuseppeCorsano, fabbro (Parabita); Serafino Corallo, contadino (Ruffano); Attilio Piccino, meccanico (Supersano); Giovanni Leopoldo Rausa, panettiere (Scorrano); Arturo Gentile, muratore analfabeta; Donato Amedeo Contaldo, carrettiere; Vincenzo Fusco, impiegato (Surbo); Orlando Giannone, contadino analfabeta ; Vincenzo Margherito, contadino analfabeta (Squinzano); Giorgio Mauramoti; Rosario Gravili, contadino analfabeta; Antonio Tunno, contadino (Taviano); Stefano Natale Ancora, contadino Taurisano); Vito De Salve (Tuglie); Salvatore Buttazzo (Vernole).
I militari salentini inquadrati nell’Eplj e la compagnia “A. Gramsci”
Accanto ai partigiani della Divisione “Italia” e della Divisione “Garibaldi”, è doveroso ricordare i militari salentini che furono inquadrati nelle formazioni combattenti dell’Eplj. Si trattava di specialisti delle varie armi (genieri, artiglieri, radiotelegrafisti), che passarono alle dirette dipendenze dei comandi jugoslavi; di piccoli gruppi di sbandati, che non si erano riuniti alle divisioni d’appartenenza, o di soldati liberati dai campi di prigionia tedeschi, dalle formazioni partigiane slave.
Nell’Eplj furono inquadrati, ancora, i volontari che partirono dal centro di raccolta e di addestramento di Gravina di Puglia e che costituirono la compagnia “Antonio Gramsci”, aggregata al 3° battaglione della Terza Brigata d’Oltremare. Salvatore Sicuro, Presidente del Comitato provinciale Anpi di Lecce, e GianniGiannoccolo, Presidente dello stesso Comitato nel secondo dopoguerra e figura di spicco del Pci e del sindacato salentini, si arruolarono nella “A: Gramsci”.
I partigiani italiani dell’Eplj: Aldo Sasso, carrettiere (Taviano); Umberto Corvaglia, contadino analfabeta (Spongano); Frascaro Augusto (Supersano); Vincenzo Vigna, contadino Parabita; Scarano Francesco Lecce ; Salvatore Sicuro, studente universitario( Martano); Giuseppe Salvatore Però, carrettiere (Nardò);
Salvatore Stomeo, carrettiere (Martano); Antonio Sicuro, carrettiere (Melpignano); Pietro Marenaci, muratore (S. Pietro in Lama); Annunziato Carpentieri, minatore 2^ Divisione Proletaria – (Seclì); CosimoMargherito, agricoltore (Salice Salentino); Giuseppe De Donno, contadino(Scorrano); Romolo Liguori, cavamonti (Neviano); Realino Giuncato, falegname (San Cesario); Emanuele Pisanò, muratore (Lecce);
Giuseppe Marzo, carrettiere (Alezio).
*Per concessione del quotidiano IL PAESE NUOVO di Lecce