La produzione petrolifera complessiva dei paesi non Opec, oggi 62 mb/g su
95 mb/g totali, inizierà a diminuire entro pochi anni o addirittura entro pochi
mesi. Contemporaneamente crescerà la percentuale di mercato dell’ Opec che ha
il 66% delle riserve accertate mondiali e soprattutto aumenterà l’ importanza
strategica di Iran e Iraq che insieme hanno il 20% delle riserve mondiali,
producono oggi circa l’ 8% della produzione globale e negli ultimi decenni non
hanno sfruttato al meglio le proprie risorse a causa di sanzioni
internazionali.
C’ è oggi un’ abbondanza di petrolio come mai era successo nei decenni
precedenti ?
E’ vero che oggi c’è un’ offerta di petrolio superiore alla domanda, ma è
sempre esistita una capacità di produrre petrolio in misura superiore a quanto
richiedesse il mercato e l’ Opec, composta da tredici paesi grandi produttori,
dalla sua fondazione ha sempre gestito le proprie risorse in modo da
tenere in equilibrio l’ offerta con la domanda e avere così i prezzi a livelli
a lei graditi.
Un esempio recente:
dopo la profonda recessione mondiale che seguì la crisi finanziaria del
2008, l’ Opec nel giro di pochi mesi tagliò 4 milioni di barili il giorno su 28
mb/g prodotti in quel momento. Nel 2015 e 2016 invece, mentre i prezzi crollavano,
non ha ridotto la sua offerta e solo dal primo gennaio 2017 ha diminuito di un
milione b/g il petrolio estratto ma tagliando insieme ai paesi non Opec, non
accadeva dal 2001, che nei prossimi mesi ridurranno 558 mb/g dalla loro
produzione del novembre 2016.
Il prezzo basso del 2016 è stato dunque conseguenza di una scelta dell’
Opec, o dell’Arabia saudita, suo paese guida. Una scelta dettata da motivi
commerciali o politici e non obbligata.
Lo shale gas ha incrementato in modo ingovernabile il mercato di petrolio ?
Negli ultimi anni gli USA hanno prodotto tre milioni b/g in più grazie alla
nuova tecnica, ma nello stesso periodo hanno anche ridotto i consumi di 2 mb/g
migliorando l’ efficienza energetica. I nuovi 3 mb/g arrivati sul mercato con
lo shale gas sono meno di quanto Norvegia, Messico e Gran Bretagna hanno
perso a causa del declino dei loro pozzi. Questi tre paesi non Opec infatti
attorno al 2000 sono arrivati a produrre complessivamente anche 9 mb/g ed oggi
non superano i 4,5 mb/g. Inoltre la tendenza a diminuire i consumi di petrolio
non è solo degli USA ma di tutti i paesi più avanzati. L’ Italia dal 2008
ha ridotto il suo consumo del 30%, in parte per la crisi economica ma anche per
i miglioramenti nell’ efficienza energetica.
Il petrolio quindi è sempre prezioso ma è possibile consumarne molto meno
con risultati equivalenti, è naturale di conseguenza che il suo valore scenda.
Il declino di produzione dei paesi non Opec.
La produzione complessiva non Opec del 2015 fu inferiore a quella del 2014
e potrebbe iniziare presto un declino continuo inesorabile.
Singolarmente i principali paesi produttori non Opec sono ormai ai loro
massimi ed alcuni hanno iniziato nettamente il proprio declino produttivo. Ho
già scritto di Norvegia, Gran Bretagna e Messico, grandi produttori ormai
declinanti da anni. La Cina, che ha raggiunto i 4 mb/g di produzione, a fine
2015 era tornata ai livelli del 2013 e nel 2016 è calata del 6%. La sua
produzione è prevista in calo nei prossimi anni, l’ incertezza è solo sulla
velocità della discesa. Anche l’ Egitto sta diminuendo progressivamente la
propria offerta.
USA e Russia invece sono ai massimi della loro produzione con livelli
insperati pochi anni fa, ma le loro riserve accertate sono molto limitate
rispetto alla produzione ed entrambi i paesi non reggeranno molto a questi
ritmi. La produzione del Canada rimane al momento alta ma alcune sue riserve
sono molto costose da mettere sul mercato e rischiano di rimanere inutilizzate.
Accordo Opec-non Opec del dicembre 2016
I paesi non Opec a inizio dicembre 2016 hanno concordato con l’ Opec un
taglio di produzione di 558 mila b/g, 300 di questi in Russia. A gennaio la
Russia aveva ridotto di 120 mb/g, dopo aver concordato una progressione lenta
della sua diminuzione. Nello stesso mese gli altri non Opec complessivamente
hanno ridotto di quasi 300 mila b/g mentre avevano concordato 258 mila b/g di
riduzione.
Il declino naturale supera quanto era stato concordato di diminuire ?
Vedremo nei prossimi mesi se gennaio è stato un eccezione, ma è possibile che
l’ accordo non Opec - Opec, il primo dal 2001, nasconda il declino naturale dei
paesi non Opec, facendolo passare per una volontaria strategia commerciale.
Nel 2015 e nel 2016 investimenti in calo di più del 20% annuo.
Negli ultimi due anni sono crollati gli investimenti in ricerca ed
avviamento di nuovi siti produttivi, si dice a causa dei bassi prezzi di
vendita. La diminuzione totale è calcolata in almeno 1.000 mld di dollari. L’ Iea,
agenzia energia dei paesi OCSE, teme che questo porti problemi nell’ offerta di
petrolio nei prossimi due tre anni.
Ma il calo potrebbe segnalare una tendenza definitiva, gli investimenti nel
petrolio potrebbero non essere più convenienti ed oggi sicuramente offrono un
ritorno economico meno ricco di prima. Ormai sono state sfruttate le risorse
più facili da trovare e mettere in produzione. Le energie rinnovabili sono
inoltre ormai sviluppate tecnologicamente e rendono il petrolio meno
indispensabile.
Crescerà la percentuale di produzione Opec e soprattutto di Iran e Iraq.
Nel prossimo futuro, tra pochi anni o pochi mesi, il declino complessivo
dei paesi non Opec provocherà l’aumento della quota di mercato dei paesi Opec
che ora producono solo un terzo del petrolio mondiale pur avendo due terzi
delle risorse. E tra i paesi Opec aumenteranno la loro quota di mercato
soprattutto Iran ed Iraq che hanno insieme il 20% delle riserve accertate e
producono oggi solo l’ 8% del petrolio totale. I due paesi, a guida sciita e
poco in sintonia con i sauditi, aumenteranno quindi produzione, entrate
economiche ed importanza strategica.
L’ Iraq è stato sotto embargo dal 1991 al 2003. L’ Iran è stata oggetto di
sanzioni economiche fino all’ accordo sul nucleare voluto da Obama. Negli
ultimi 25 anni molte risorse dei due paesi sono state poco sfruttate e in
entrambi i paesi ci sono margini di crescita superiori a tutti gli altri
produttori mondiali.
Ricordiamo allora le loro possibilità future anche quando seguiamo la
politica internazionale, quando i cittadini iracheni e iraniani vengono
considerati, a differenza dei sauditi, potenziali terroristi. Ognuno ne tragga
le conclusioni che più lo convincono ma non dimentichiamo i dati di questo mio
confuso scritto.
…
Da “Le corvette dell' Isola d' Elba”