Mahi Binebine è l’autore.

Nato a Marrakech è vissuto a Parigi, New York e Madrid prima di far ritorno in Marocco dove continua con successo la sua attività di scrittore.

Perché ne parlo? Perché sorprendentemente ho trovato alcune risposte all’incredulità che coglie ad ogni attentato suicida con cui la jihad monopolizza le paure dell’Occidente con allarmante frequenza. Persone tra noi, di origini e condizioni sociali diverse, che si trovano a condividere lo stesso disprezzo per la morte quale occasione di riscatto sociale o la lucida follia di dare un macabro significato alla vita verso una scelta estrema per noi incomprensibile.

Ecco, riuscire ad entrare in un simile argomento con tocco lieve e coinvolgente, senza togliere drammaticità alla storia (ispirata ad attentati verificatisi nel 2003 a Casablanca),  non è impresa da poco. L’Autore descrive la realtà miserabile della baraccopoli di Sidi Moumen, tra la sporcizia e i miasmi dell’immensa discarica,   attraverso la storia di sei ragazzini che cercano di fuggire dalla violenza della povertà e dall’assenza di speranza, lottando ogni giorno per conquistare qualcosa che li aiuti a sopravvivere.

La voce narrante dall’aldilà è Yashin, uno dei protagonisti: non si trova nel paradiso promesso ma in un luogo di solitudine oscura che solo il ritorno al cielo della sua infanzia riesce un po’ a lenire. Rivede la storia di ciascuno in un racconto che si snoda fino all’incontro con il carismatico leader fondamentalista. Con parole giuste, e abilmente persuasivo, si insinua nelle loro vite e nelle loro menti attraverso la disciplina e l’offerta d’un percorso tracciato  verso il martirio che si svela alla fine, la naturale conclusione.

Delle recensioni riportate in copertina, tutte condivisibili, riporto quella di Liberation:

“Binebine racconta con humor e dolcezza la vita di esseri dimenticati. Non gli sfugge alcun dettaglio, per quanto doloroso possa essere”.

Proprio così… humor e dolcezza.

(Mahi Binebine: “Il grande salto”. Rizzoli)