27 maggio 2020 – Normalità ?

Tutti chiedono di tornare rapidamente alla normalità. Ma dov’era la normalità in precedenza e chi decide quale debba essere oggi? E, poi, già che è successo questo pandemonio (termine che rende l’idea meglio di pandemia), non vale la pena di guardarsi intorno per scoprire se c’è di meglio?
Certo, ripristinare le condizioni di salute e di benessere precedenti è fondamentale, anche solo per poter riflettere più serenamente sulla nostra attuale situazione di vita. Dobbiamo farlo più sul piano psicologico che materiale.
Per il piano materiale ci vorrà probabilmente del tempo ma, ragionevolmente, recupereremo il terreno perduto. Però se ripartiamo ricalcando pedissequamente il modello precedente, spazi di innovazione non saranno concessi, sia sul lavoro che nel tempo libero.
Scusate l’assurdità, ma ho riflettuto su ciò proprio ieri seguendo la Bundesliga dove c’erano le silhouette e le foto degli spettatori sugli spalti e sullo schermo scorreva una scritta che ti spiegava come potevi inserire le urla dei tifosi, registrate in precedenti occasioni.
Appunto! Il peggio di tutto è fingere -per di più in modo ridicolo- che non sia successo niente.

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C’è dell’involontario umorismo intorno a noi, perché si è inevitabilmente goffi quando si adottano nuove abitudini, per di più contro voglia.
Non voglio tornare sull’incredibile caos delle mascherine ma mi diverte vedere come vengono usate all’atto pratico. Un floscio collare che arricchisce la notevole eleganza del periodo.
Quando non fumiamo, siamo un popolo di parlatori; infatti siamo tra i maggiori utilizzatori di cellulare al mondo. Per un chiacchierone seriale è impossibile sopportare la mascherina che, per di più, impedisce la comprensione nell’interlocutore. Il bello è che al telefono ci comportiamo come le tribù africane: maggiore è la distanza del destinatario, più sonoramente gridiamo.
Il risultato è che non solo non proteggiamo chi ci circonda ma sputazziamo e inondiamo i presenti delle “goccioline” che produciamo copiose, urlando nel telefono.
Mi ha colpito l’atteggiamento di molte giovani ragazze che non indossano la mascherina (l’avranno nella borsa); probabilmente è una mia fantasia, ma vedo in loro una sorta di compiaciuta sfida alla diffidenza generale.
In quanto giovani e donne esse sanno di essere doppiamente protette dal virus e non ci pensano minimamente di nascondere la loro bellezza. Una inaspettata occasione di orgoglio femminile se non femminista.

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Abbiamo scoperto solo ora cos’è la burocrazia. Di per se’ non sarebbe una brutta parola ma ormai equivale ad un insulto. Sulla sua ottusità, menefreghismo, cinismo sono stati scritti fiumi di parole. Siccome però siamo stati tutti, per qualche periodo della nostra vita, qualunque professione facessimo, un po’ burocrati, vorrei spezzare una lancia in favore della categoria.
Inaspettatamente, infatti, il mondo è pieno di creativi, medici, manager, agenti segreti, speculatori di borsa che hanno una mentalità da burocrati.
E poi la colpa principale è ubicata in Parlamento.
Quando uno viene eletto deputato o senatore scopre di non contare nulla. Deve solo votare come dice il segretario pro tempore del partito. A quel punto, per combattere il crollo di autostima, si mette a scrivere disegni di legge che normano minuziosamente ogni aspetto della nostra esistenza.
L’onorevole prova così un delirio di onnipotenza all’idea di decidere non solo cosa gli Italiani possano e debbano fare ma anche il modo corretto di farlo.
Ad esempio quale deve essere il valore nutrizionale della pasta che mangi oppure quante precise ore di fiction o intrattenimento pomeridiano deve offrirti la Rai. Quando un negoziante ti può fare gli sconti e se può aprire la domenica. Le procedure per aver diritto ad un posto all’asilo nido (che ovviamente non puoi scegliere autonomamente). Così all’infinito.
Tu non lo sai ma la tua giornata è scandita da mille doveri e divieti in tutto ciò che fai.
Tutto ciò è una pacchia per due categorie: i burocrati e i magistrati.
I primi sono di fronte ad un tale complesso di norme, in genere in contrasto tra loro (già, perché quando si fa una nuova legge non si cancella quella precedente), per cui è impossibile anche al più generoso, attivo, scrupoloso impiegato darti una risposta certa e nei tempi giusti.
In una simile babele i magistrati convinti della possibile colpevolezza di qualcuno di cui non posseggono ancora prove certe, hanno a disposizione altri suoi comportamenti “sbagliati” per proseguire e approfondire le indagini.
Tutti i governi nel corso degli anni hanno provato a sburocratizzare la macchina pubblica, con il risultato di avere solo aggiunto nuova normativa.
Che fine hanno fatto le regole del silenzio/assenso, della conferenza dei servizi, della autodichiarazione ( con l’eccezione delle 10 versioni del lockdown), delle pratiche digitali?

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In tanto orgasmo legislativo, un solo aspetto, per di più previsto in Costituzione, non è mai stato normato: parlo dei partiti, che sono gli strumenti più potenti e vincolanti della vita pubblica nazionale.
Naturalmente non sarà un caso. Evidentemente gli apparati vogliono tenersi le mani libere e non correre il rischio di commettere reati.
Addirittura la forza egemone nei due rami del parlamento si dichiara un movimento (qualunque cosa voglia dire) e non un partito.
Tanto è vero che hanno inventato la terza camera, la piattaforma Rousseau, attraverso la quale, in occasione dell’ultima crisi di governo, alcune migliaia di elettori virtuali hanno praticamente deciso, a nome di tutto il paese, di sciogliere la riserva direttamente nelle mani di Mattarella.
Il risultato di questa assenza di regole è sotto gli occhi di tutti.
In un dibattito alla presenza del Premier, dove ogni gruppo ha diritto ad un paio di interventi, un deputato e regista teatrale ha dato luogo ad una performance attoriale, di repertorio provocatorio. Il suo capogruppo e l’ex capo politico nonché ministro degli Esteri non hanno nascosto il loro imbarazzo e il loro dissenso (così scrivevano i giornali). Due giorni dopo una parlamentare dello stesso movimento ha votato contro la linea del partito e provvisoriamente “assolto” Salvini. Un altro membro di commissione era stato espulso.
Io non credo nell’obbligo di disciplina ma uno aderisce ad una organizzazione indicativamente per un comune sentire, perché condivide finalità e strumenti.
Ma non preoccupatevi: ce la faremo.

GianlucaVeronesi

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