Alessandria: città “miserabile”

Non fatevi trarre in inganno, i “Miserabili” siamo noi se non comprendiamo la lezione delle passate elezioni comunali per l’elezione del Sindaco “De te fabula narratur:” (*)

Non fatevi trarre in inganno dal titolo, la città di Alessandria, quella delle belle mura, delle alte torri, delle dignitose e ben curate facciate neoclassiche e, a volte, “art deco”, si trova ad essere “miserabile” solo in quanto paragonabile al capolavoro di Victor Hugo. Sì, proprio l’Alessandria delle villette di inizio Novecento con giardini affiancati e vista sulla “Pista velocipedistica”, quella dei ponti ottocenteschi ben inseriti nel tessuto urbano e periurbano del capoluogo, quella della “stazione fuori le mura” con annesso viale di accesso  a Porta Savona. Quella delle vie lastricate in pietra di luserna sui fianchi, per favorire il calpestio pedonale con due sottili lastre, sempre di luserna, circondate da acciottolato ben fatto. I carri ci andavano sopra senza problemi e “il mondo” girava ancora nel senso giusto. Già allora, diciamo fra la metà e la fine dell’Ottocento, c’erano politicanti astuti, furbi commercianti, creduloni e sempliciotti di ogni tipo con, in cima, una ristretta cerchia di “conoscitori del mondo” che facevano e disfacevano a piacimento. E’ grazie a loro se ci siamo giocati le mura e le torri, le prime per fare posto ad una espansione edilizia “moderna” destinata a stravolgere la città, le seconde come esito finale di una progressiva omogeneizzazione delle strutture abitative, borghesemente attente a scale interne, stucchi e arredi alla moda, più che a protuberanze verticali poco comode e perennemente in restauro. E’ sempre grazie a loro se, oggi, le principali vie e piazze di questa città, un tempo bellissima, somigliano ad un puzzle poco riuscito di antico e moderno, di casermoni da realismo socialista abbinati a rimasugli (comunque decorosi e simpatici) di un passato remoto. Ed è sempre grazie a loro – e ai loro epigoni recenti – se non abbiamo più i ponti sul Tanaro, così come sarebbe stato possibile avere. Non c’è più il vero “Cittadella” e non c’è più – e mai più ci sarà – il vero “Forlanini”. Solo qualche foto di Sartorio, o più recentemente di Tony Frisina o Roberto Giordanelli, a rinnovare il dolore.

Una città piegata e immiserita, trasformata, appunto, in una condizione “miserabile” che non si merita e di cui – a quanto pare – non è nemmeno cosciente. E quel che ci aspetta per il prossimi mesi fino al maggio 2022 sarà un balletto di politicanti astuti, furbi commercianti, creduloni e sempliciotti di ogni tipo con, in cima, una ristretta cerchia di “conoscitori del mondo”, di gestori dell’ “esistente” che perpetuano la condizione miserabile della città. Ma siccome si è fatto riferimento al grande Hugo, vediamo un po’ più da vicino chi sono i numi protettori (probabilmente nemmeno conosciuti dai nostri “distruttori” locali) che hanno fatto del romanzo  “I Miserabili” una delle pietre miliari della migliore letteratura. Fra i principali protagonisti vi sono i coniugi Thénardier, esperti in intrighi e dissimulazioni. La coppia gestisce una squallida locanda nel paese di Montfermeil chiamata “Al sergente di Waterloo“. Del passato della donna non si sa nulla, della vita precedente di Monsieur Thénardier viene invece raccontato parecchio. Partendo dalla sua trista abitudine di razziare i morti (francesi, inglesi, prussiani o russi) di quel poco di rivendibile che avevano addosso al momento della morte in battaglia, quella del 1815 a Waterloo. Un “avvoltoio” fatto e vestito che per un fraintendimento ebbe la riconoscenza di un sergente francese che – troppo “credulone”, per rimanere in linea con le premesse – si dichiarò suo eterno debitore.

In seguito a questi eventi (e ai soldi indegnamente ricevuti) egli mise su la sua locanda a Montfermeil insieme alla moglie. Qui, nel 1818, viene a bussare una giovane donna, Fantine, da poco madre. Questa, avendo necessità di abbandonare la figlia per trovare lavoro, “decide di affidarla alla coppia senza intuirne la malvagità d’animo”  (**). Altra “credulona” al limite del sempliciottismo che – come sempre – sono le prede migliori di tali iene. Il resto è noto, peripezie a non finire, intreccio della disgraziata vita di Fantine e della figlia Cosetta con l’eroe positivo Jean Valjean fino alla apoteosi finale. Lo stesso Valjean si servirà dell’arte della dissimulazione “per buoni fini” una volta imparata meglio l’arte di vivere. Ma si tratta di una variazione sconosciuta, uscendo di metafora, dalle nostre parti. Qui, chi “dissimula” , chi fa vedere di esserti amico per poi gabbarti, chi vende senza ritegno pezzi di storia di una città perché non ha risorse alternative per far finta di vivere, “dissimula” per il suo particulare. E veniamo a noi.

Da circa otto mesi, da ben prima l’emergenza Covid19, sono iniziate le grandi manovre per fare in modo che “qualcosa” cambi perché in realtà non cambi nulla. I mandanti delle operazioni sono noti, anzi notissimi: quelli che conoscono bene gli ingranaggi (decisamente vecchi) della macchina comunale, che sanno come “tirare” a loro vantaggio le pieghe del Piano Regolatore Generale, che gestiscono a piacimento appalti e graduatorie nelle attribuzioni di qualsiasi cosa o servizio, dallo stuzzicadenti al supermercato da tre ettari di superficie. Quelli che fanno finta di impegnarsi per ottenere le “aree di laminazione” a monte della città sulle aste fluviali ben note per alluvioni a ripetizione e che poi ti dicono: “Mi spiace ma costano troppo, mi spiace ma non si puo’ fare”. Ben sapendo, essendo tecnici ed esperti del ramo, che non esistono solo bacinelloni in cemento armato fagocitatori di denaro pubblico ma anche semplici invasi fatti usufruendo delle caratteristiche fisiche dei luoghi e di buona tecnologia. Sono, poi, quelli che quando sono assessori bloccano l’attività delle Consulte (così è successo per due volte negli ultimi vent’anni per la Consulta delle associazioni riconosciute in campo ambientale e difesa del territorio) per poi lamentarsi (dopo) e farsi sentire (e notare) in tutti i modi possibili. Sono quelli che quando erano Sindaci o assessori avevano in programma serie reti di piste ciclabili inserite in Piani Urbani condivisi ed efficaci…per poi non riuscire a fare nulla…se non soffoco. Magari dopo, a distanza di anni, riprendendo lo stesso argomento – con toni da “conoscitori del mondo” – su giornali e riviste disponibili a perpetuare l’inganno. Sì…l’inganno…perché di questo si tratta.

Sono (a inizio settembre 2020) ben sei i possibili candidati alla carica di Sindaco in quell’ampia area un tempo etichettata come centro-sinistra. Partendo dall’Area Civica, al duo Azione / Italia Viva, con l’incognita Più Europa a far da corollario a questa frangia. Poi c’è il PD locale con almeno tre pretendenti sicuri o, almeno, probabili…a saper interpretare le prese di posizione e gli outing più recenti. Infine ci potrebbe essere un’area tradizionalmente più a sinistra (usando categorie logore ma efficaci) con un suo programma ed un suo candidato.  Già…candidati e programmi…proprio quello su cui vorremmo discutere e ragionare, perché la storia delle persone – siano esse di sesso femminile o maschile – è di per se stessa una precondizione di programma. A cui si dovrebbero agganciare punti precisi, concreti, visioni di futuro reali e non prese in giro. Materiale, “buona stoffa” che, sempre a inizio settembre 2020, manca. Concludo con un appello che è un leit motiv della nostra associazione: già in tre occasioni, negli ultimi 18 anni, ci è capitato di invocare chiarezza e trasparenza nei programmi e, soprattutto, l’indizione di “primarie” degne di questo nome. Inascoltati. Anzi, con il dispiacere di dover trattare – a posteriori – polpettoni già confezionati e, purtroppo, spesso perdenti. E, insieme alle “primarie”, rivendichiamo anche una “terzietà” nel prossimo avvitamento a cui – sicuramente – assisteremo da qui al maggio 2022. “Terzietà” fatta di proposte super partes destinate ad una migliore vivibilità della città, ad una riorganizzazione generale dei sistemi di lavoro in chiave green, a innovative – e leggere –  modalità di movimento intra ed extra moenia, combinate con una ben definita raccolta veramente differenziata. Il tutto combinato con l’impegno ad analizzare i programmi degli altri, del passato e del presente, per proporre qualcosa di reale, possibile ed efficace. La Fantine di cui si argomentava prima è stata più volte “ingannata” facendo una fine non bella, …non vorremmo succedesse – una volta ancora –  per la città di Alessandria.

(*) De te fabula narratur: la frase, tradotta letteralmente, significa “è di te che si parla in questa favola”  (OrazioSatireI, 1, 69-70).

(**) I miserabili. Victor Hugo .Traduttore: Marisa Zini .Editore: Mondadori. Collana: Oscar Anno edizione: 2013.  Pag. 102 .EAN: 9788804630814

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