Il Consiglio Europeo e la politica italiana

Il Consiglio Europeo del 17 – 21 luglio 2020 ha dimostrato, se ancora ve ne fosse bisogno, che la struttura della Unione è estremamente contraddittoria, portatrice in sé di spinte nazionali e di correnti geopolitiche contrapposte, sospesa fra l’essere una comunità e il desiderio di muoversi come organismo invertebrato che consenta a tutti di competere gli uni contro gli altri, tanto a far la politica mondiale seria c’è sempre la grande madre ‘americana’. Tuttavia, per comprendere la politica italiana, quella attuale e quella del secondo dopoguerra in genere, non si può prescindere dai vertici europei, che sono, insieme alla Alleanza Atlantica, rappresentanti quel ‘vincolo esterno’ con il quale da sempre le classi dirigenti italiane determinano le condizioni di vita sociale nella Penisola.

Iniziamo dal primo elemento; l’Europa. I soldi che sono stati messi a disposizione per sopperire alla crisi economica e a quella sanitaria sono notevoli se paragonati a sforzi economici comuni precedenti; resta da capire se saranno sufficienti per affrontare una crisi capitalistica che è più strutturale e profonda di quanto non si tenda a ritenere nei ‘circoli che contano’. Oltre al ruolo della Bce, che non è ancora una banca prestatrice di ultima istanza ma vi si avvicina molto, il nuovo Recovery Fund ha il merito di essere in parte costituito da prestiti e in parte da fondi comuni senza obbligo di restituzione, prima forma tra i paesi europei di una politica fiscale redistributiva continentale. Il dato negativo è il fatto che il Recovery Fund è basato su finanziamenti forniti dal capitale privato borsistico, che vi sono controlli e condizionalità per i paesi che più ne beneficeranno, che dunque, subiranno forme più o meno intense di commissariamento, e che alcuni paesi, Olanda per prima, sono sollevati da molta parte degli impegni finanziari comuni perché hanno ricevuto la possibilità di risparmiare parte del sostegno economico per il bilancio dell’Unione. In effetti, già qualcuno ha notato che il vertice europeo di luglio ha lasciato uno strascico di possibili nuovi scontri perché molte questioni sono rimaste irrisolte o mal definite, e lo scontro si riattiverà presto fra il Parlamento europeo, che farà questione dei tagli al bilancio comunitario, e il Consiglio degli Stati. Infine, il potere di veto che il premier dei Paesi Bassi Mark Rutte, ha chiesto insistentemente, è rimasto, pur in forma addolcita, come possibile meccanismo che può inceppare l’anno prossimo la erogazione dei fondi comuni contrattati nel vertice europeo di pochi giorni fa.

Come si può vedere, la riunione di luglio a Bruxelles è andato discretamente per l’Italia, che valutando le condizioni pregresse non favorevoli di paese commissariato di fatto ormai dalla fine del 2011, ha strappato un po’ di aiuti pur con inevitabili condizionalità. Tuttavia, il Consiglio Europeo è giunto a conclusioni contraddittorie, di non facile lettura sugli sviluppi ulteriori della politica continentale. Si è cercato un difficile compromesso fra egoismi e particolarità di ogni genere, il risultato è stato quello di dare un po’ a tutti e di non prendere nessuna direzione netta per scongiurare il fallimento del vertice, che era una probabilità molto alta. Malgrado queste premesse doverose, una linea di sviluppo storico della Unione Europea si intravede, ovvero essa procede verso una sempre più intensa unità sovra – statuale. Il problema è che l’unità d’Europa non avverrà come richiedono e desiderano i federalisti liberali europei, ovvero come la creazione di un grande federazione unitaria che cancelli le vecchie identità nazionali. Semmai sta avvenendo altro; l’Europa, passo dopo passo e con eventi e crisi sempre più intense e drammatiche, si unifica attorno ad un ‘nocciolo duro’, e tale unificazione, nel suo procedere, crea continue separazioni e rifiuti, come è il caso classico della Gran Bretagna e oggi della posizione olandese e scandinava, scremando così l’insieme dei paesi continentali che restano per l’aggregazione, i quali, per entità intere o passando per devastanti divisioni interne, aderiranno a questo ‘nocciolo duro’. Il ‘nocciolo duro’, facile a dirsi a questo punto, è la Germania di nuovo riunificata, o al massimo l’asse franco – tedesco. Del resto, lo dico per precisare meglio il mio ragionamento, che cosa è l’Unione Europea se non un modo per contenere la Germania, per risolvere questa questione secolare tedesca a utilità dell’America e a difesa della Francia. Il problema è che oggi ci accorgiamo che questa gigantesca opera di contenimento geopolitico del mondo teutonico non è affatto efficace, e ci accorgiamo solo adesso che la vecchia Germania Occidentale divisa in due non c’è più, essa è stata sostituita da una nuova unione germanica che sempre più richiede un ruolo egemonico su varie parti del continente e un posto nel mondo. Neanche l’Euro ha saputo contenere le forze oscure della Storia, che tali sono sopratutto per chi la Storia la ignora o pensa che la si possa cambiare come si volta la pagina di un libro. Teniamo a mente di questo, perché dagli eventi dello 89’ mal compresi nascono i problemi insoluti dell’oggi. Ma torniamo alla politica italiana.

Il vertice europeo appena concluso spinge la situazione politica del paese verso forme più o meno larghe di ‘grande alleanza’ tra forze di destra e sinistra. Interpreto in tal senso i continui inviti al sostegno del governo che da più parti, giornali e esponenti politici del calibro di Prodi e Amato, rivolgono insistentemente a Forza Italia e al suo leader Berlusconi e alla neo – missina Giorgia Meloni. In ballo c’è l’esigenza di controllare il flusso di denaro che arriverà in Italia da Bruxelles, favorendo le classi medie e imprenditoriali con forti detassazioni su case e irpef, sacrificando gli investimenti in scuola e sanità e togliendo di mezzo il blocco dei licenziamenti e di conseguenza il rinnovato dialogo con i sindacati. Il programma economico che così verrebbe svolto sarebbe coincidente con quello di Confindustria e delle associazioni professionali, e inoltre, affine al sentire della destra ‘profonda’ del paese. Le idee di una sinistra più attenta agli investimenti pubblici, allo sviluppo del paese e alla sua produttività generale, alla richiesta di una svolta rispetto alle impostazioni economiche liberiste degli ultimi trenta anni, verrebbero chiaramente mortificate e poste fuori gioco. Ma le conseguenze sono da porre anche al livello degli schieramenti politici. Non può che essere evidente a tutti che la speranza della rinascita di un nuovo e inedito centro – sinistra derivante dalla alleanza di governo PD – Cinque Stelle verrebbe stroncata da un dialogo con Forza Italia che dirigerebbe l’intera situazione verso alleanze in cui le forze di destra avrebbero la preminenza. Vincerebbe la partita politica così l’europeismo del ‘vincolo esterno’, ovvero quello più retrivo e conservatore, e le forze sociali di sinistra sarebbero soffocate e sospinte verso una opposizione disperata e forse perdente; in tale situazione il PD si consegnerebbe per l’ennesima volta al fronte conservatore del paese, perdendo il proprio profilo progressista, credo questa volta per sempre, e varrebbe a poco sbandierare il merito di avere diviso le forze di destra. In tale operazione di grande coalizione, di riesumazione di un destra – centro, si potrà ottenere l’isolamento delle destre più nazionaliste, ( ma per quanto tempo, e con quali prezzi da pagare mi chiedo), perdendo però la prospettiva del centrosinistra, spedita in soffitta per chissà quanto tempo, e lasciando sole le forze sociali a contrapporsi in maniera disorganica alle spinte sociali di destra più devastanti.

In tal senso mi pare vada la proposta delle commissioni camerali che dovrebbero discutere dei finanziamenti europei; accettare tale situazione è chiaramente lavorare per un’altra maggioranza, e una nuova maggioranza in questa legislatura non può che essere più spostata a destra, e credo che nessuno possa contrapporre argomento su questo. Quando il governo Salvini – Di Maio è saltato per aria si poteva sperare di rilanciare una nuova formazione di centrosinistra, una nuova alleanza progressista. Invece, si propone un centrismo conservatore per isolare e per spezzare le destre. Resto convinto che era possibile, altrimenti, rafforzare un progetto di sinistra, un suo programma socialmente avanzato, per quanto le condizioni generali consentano, per uscire dalla crisi e contendere in questo modo a Salvini l’egemonia su vasti strati popolari. Il centrismo che si prospetta e si nutre delle ‘larghe alleanze’, invece, combatte contro la Lega sul terreno dei ceti medi e delle classi dirigenti, ma isola le classi popolari che ancora guardano a sinistra. Tale esito sarebbe da scongiurare se solo fosse ancora possibile determinare gli esiti di una evoluzione politica nefasta.

Alessandria 28-07-2020                 Filippo Orlando

 

 

L’immagine di aggancio è di Rene’ Magritte : “Vertrouven”

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