I conti che si faranno con l’oste

Con la lapidaria chiarezza dei classici, Romano Prodi ha spiegato ieri, su queste colonne, che – più prima che poi – arriverà la fase x. Quella in cui si fanno i conti. Con l’oste. Che poi sarebbero l’Unione e i mercati. Anche se un po’ di miliardi ce li dessero a fondo perduto, non potrà essere un fondo sprecato. Andrà comunque rendicontato in bilancio. Dimostrando a cosa è servito. E l’unica risposta plausibile sarà che è servito allo sviluppo. E a cominciare a rimettere in ordine il buco nero dei nostri bilanci: il buco dell’evasione fiscale.

Non ci sono, infatti, altre strade per dimostrare che questa crisi drammatica è servita a farci ripartire. Se ripartissimo tali e quali, senza cambiamenti di rotta, andremmo a sbattere. Se, di qui a un paio d’anni, ci ritroviamo con i medesimi handicap che, nell’ultimo ventennio, ci hanno messo in coda e sotto osservazione, è bene non farsi illusioni: andiamo a sbattere. Quindi, con tutto il rispetto per le mille difficoltà in cui il governo si sta dibattendo riuscendo, miracolosamente, a stare a galla, meglio cercare di capire in che modo la ricetta purgativa di Prodi saremmo in grado di trangugiarla. E chi se la dovrebbe intestare. Perché, accanto alla difficoltà tecnica, quella politica è ancora maggiore. Quale sarà il partito – il leader, la coalizione – in grado di far pagare il conto agli italiani?

Mettiamo, per il momento, da parte una impennata clamorosa del nostro tasso di sviluppo, con le maggiori entrate fiscali che ne conseguirebbero. Chi ha letto gli ultimi due editoriali di Sabino Cassese sul Corriere è – mestamente – consapevole che il recupero su questo fronte – se mai ci sarà – sarà lentissimo. L’Italia della libera impresa è prigioniera di un ginepraio istituzionale, burocratico, corporativo e clientelare che la sta inesorabilmente soffocando. Immaginare che in tempi rapidi ci si liberi di tutto questo e si riparta con cifra doppia alla cinese, significa prendersi in giro. Il che non vuol dire rinunciare a combattere una battaglia sacrosanta in nome della semplificazione e innovazione. Ma i frutti, se arriveranno, saranno a lenta maturazione. Mentre il conto lo dovremo saldare molto prima.

Quindi, torniamo al menù stringato – e amaro – di Prodi. Primo piatto, la patrimoniale. Solo a pronunciarne il nome, il recovery fund va di traverso. Il governo che la mettesse finirebbe dritto alle urne. E quello che verrebbe dopo, la toglierebbe immediatamente. Resta, quindi, il convitato di pietra di ogni riforma in questo paese: la lotta all’evasione fiscale. Guardiamo prima la bottiglia mezzo piena.

Rispetto a qualche anno fa, gli strumenti per intervenire ci sarebbero. Il condizionale resta d’obbligo, visto il livello di centralizzazione informatica che ancora non ci consente di sapere quanti – e dove – sono i morti di Covid. Ma non c’è dubbio che l’Agenzia delle entrate ha fatto passi di gigante nel controllo di introiti e pagamenti della galassia dei redditi fissi. Facile, direte voi. Si tratta dei soliti noti. Già, però è la conferma – indiretta – che, se si vuole, si possono monitorare in dettaglio i flussi finanziari di un bel pezzo della popolazione italiana. Certo, lo sappiamo, è più semplice. Se, invece, si tratta di addentrarsi nella selva dell’economia grigia e fare emergere il cosiddetto sommerso, la partita diventa più complessa. Ma è una partita che si può giocare. Diversamente da dieci anni fa, oggi sappiamo che l’apparato statale, se vuole, questa partita può giocarsela. Con ottimi risultati.

Cominciando dallo strumento chiave, il limite alla circolazione del contante. E proseguendo con altre misure, già sperimentate a campione, che andrebbero implementate su vasta e sistematica scala. Ma, a questo punto, il problema tecnico si trasforma in rischio politico. C’è, in parlamento, qualcuno disposto a fare di questa bandiera il proprio messaggio al paese? Lascio la risposta ai lettori. Non come un gesto di sfiducia. Al contrario. Con la convinzione che spetterà ai cittadini decidere se questa è la strada da percorrere, l’unica strada per la salvezza del paese. Se questa spinta veramente crescesse, potrebbe, allora, arrivare un leader e un partito con il coraggio di parlare chiaro. Si sa, è più facile acchiappare i voti se si dice esattamente il contrario. Ma almeno questo, dovremmo averlo imparato. Possiamo farla franca una volta. Ma i conti, vanno pagati.

di Mauro Calise

(“Il Mattino”, 25 maggio 2020),

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